I soliti 15 giorni di tennis ai massimi livelli, sono serviti per incoronare la regina e il re degli US Open, nei prestigiosi campi di Flushing Meadows in quello che è stato l’ultimo Slam della stagione, che ha rispettato i favori dei pronostici per quanto riguarda il tabellone maschile, al termine del quale Novak Djokovic ha ancora una volta dettato legge, mentre in campo femminile è arrivata una mezza sorpresa, visto che, tra le due litiganti Sabalenka e Swiatek, l’ha invece spuntata Coco Gauff, che ha mandato in brodo di giuggiole i tanti connazionali presenti sugli spalti dell’Arthur Ashe Stadium.
Ma con il pezzo che avete sotto il vostro naso, proviamo a dare i voti ai protagonisti positivi e negativi di questo US Open 2023.
Novak Djokovic, voto 24
Come si fa a non aprire questa mini passerella con il mostro dei videogiochi che ha avuto ancora la meglio su tutti e si è portato nel suo castello di Belgrado, per l’ennesima volta, la Principessa Peach? Il solito assolo di sette-partite-sette, che si è risolto con la tremenda vendetta che si è abbattuta sul Super Mario di turno, questa volta il russo Daniil Medvedev, che, nonostante un livello finale di caratura eccelsa, si è scontrato con tutta la classe di quello che deve essere considerato, almeno scorrendo i risultati in carriera, il giocatore più forte della storia di questo sport.
Poi possiamo disquisire di milioni di fattori altri, come lo stile, la presenza in campo, l’amore del pubblico, i comportamenti dentro e fuori dal campo, ma la realtà è che siamo a quota 24 Slam vinti in carriera e quello che leggete in alto, di fianco al titolo di questo paragrafo, non è un refuso: sta proprio a mettere in risalto il voto, che non può essere solo 10, qui parliamo di qualcosa che difficilmente si rivedrà in un campo da tennis da qui all’eternità.
La dedica a Kobe Bryant con tanto di maglietta celebrativa, atta a ricordare a tutti il numero di maglia della leggenda del Basket NBA, il 24, appunto, ci regala il facile titolo di questo pezzo, “The White Mamba”.
Daniil Medvedev 8,5
Se siete stati fortunati spettatori dei due match portati a casa contro Andrey Rublev ( V. 6,5 ) e Carlitos Alcaraz, rispettivamente ai quarti e in semifinale, non vi sarà sfuggita la straordinaria condizione fisico-atletica dell’attuale numero 3 del mondo, che in quelle due occasioni è stato praticamente perfetto, palesando una serie di recuperi da fondo campo e di bordate calibrate agli incroci delle righe sul suolo nemico, che non hanno ammesso replica.
A tratti ingiocabile, Medvedev si è arreso solo all’ultimo ballo, non riuscendo a replicare la miracolosa impresa del 2021, quando diede la più cocente delle delusioni che un tennista del calibro di Novak Djokovic avrebbe potuto subire nel corso di una carriera maestosa, impedendogli la gioia delle gioie: la conquista del Grande Slam nell’arco della singola stagione.
Carlos Alcaraz 7
Il voto va pesato e ponderato in modo analitico, perché, a fare da contrappeso ad un’eliminazione inaspettata contro Medvedev in semifinale, con il suo angolo, Juan Carlos Ferrero e Alberto Lopez su tutti, immortalati in atteggiamenti quasi funerei e il nervosismo visibile dopo il primo set perso al tie break, non si deve mai dimenticare che siamo di fronte ad un ragazzino classe 2003, che ha appena compiuto 20 anni, età durante la quale il 99,9% periodico dei suoi coetanei è in ben differenti faccende affaccendata.
Con questo nessuno si sogna di dire che la partita contro il russo non sia stata il manifesto di un match preparato male e affrontato peggio, con tutta una serie di leak che sono venuti fuori con prepotente e preoccupante veemenza, laddove preoccupante, non si dimentichi nemmeno questo aspetto, era fino a ieri la capacità dello spagnolo di reagire come un robot senza sentimenti. Finalmente, umano!
Jannik Sinner 6
Questa sì, invece, che è una mezza delusione. I risultati immediatamente precedenti alla trasferta newyorkese, avevano per l’ennesima volta fatto pensare che il nostro italiano migliore, classifica ATP alla mano, potesse realmente impensierire il gotha del tennis internazionale, ma, di nuovo, non è stato così, non tanto per il risultato oggettivo ottenuto da Sinner, non è che stiamo parlando di un’eliminazione al primo turno da un “Carneade” qualsiasi, ma gli ottavi di finale non possono essere, in prospettiva, un traguardo da sogno se, come scritto e detto in più di un’occasione, il campione di San Candido aspira a diventare top 3 al mondo.
Sta tornando quello pre infortunio e siamo tutti d’accordo, ma la facilità con la quale Sinner ha lasciato andare via il quinto set, soprattutto dopo la vittoria della quarta frazione di gioco, contro il tedesco che era palesemente sulle ginocchia, dovrebbe far pensare a quello che è sempre sembrato uno dei punti forti del tennista azzurro, la tenuta mentale.
Inoltre, ed è questo il cruccio che dovrebbe far preoccupare maggiormente, è sembrato che Alcaraz, Medvedev e Djokovic, giochino un altro sport, onestamente diverso da quello che in questo momento esprime Sinner nei major più importanti dell’anno.
La buona notizia è invece quella che l’italiano stia mettendo in pratica miglioramenti tecnici, ma soprattutto tattici, match dopo mach e torneo dopo torneo. Lo staff è di altissimo livello, la programmazione si cura poco delle pressioni esterne e le basi ci sono tutte. Se la condizione fisica dovesse tenere per 6/7 mesi di seguito, il 2024 di Sinner potrebbe essere quello del primo exploit ad un torneo del Grande Slam.
Shelton 8
Alzi la mano chi si aspettava un percorso così profondo del beniamino di casa Benjamin Shelton, americano di Atlanta, che ha terminato la sua corsa solo quando c’è stato da sbattere contro un muro invalicabile arrivato dalla Serbia.
Il nuovo baby fenomeno americano è nato nel 2002 e deve ancora compiere 21 anni, ma nell’ultimo anno si è parlato tanto delle sue imprese sul rettangolo di gioco con la rete bassa nel mezzo e la semifinale agli US Open rappresenta un punto di partenza dal quale cominciare a rompere le scatole ai Big, più che un punto di arrivo sul quale adagiare lui e le sue inguardabili canottiere.
Il piccolo Ben, per dirla tutta, non è stato penalizzato dal tabellone, il primo turno morbido contro Cachin, ha fatto da preludio al ritiro di Thiem nel secondo match del torneo, per poi chiudere la prima settimana contro Karatsev, ostico, certo, ma non proprio il Roberto Bolle del tennis. La seconda parte del cammino, e ci mancherebbe altro che potesse essere diverso, lo ha visto vincere due derby, contro Paul ( V. 5,5 ) e Tiafoe ( V. 6 ), questi sì classificabili sotto la voce “match difficili“, portati a casa da “Little Ben” con una certa autorità.
Ora viene il difficile, lo aspettiamo.
Coco Gauff 8,5
Brava, brava, bravissima. Additata fin da quando le è stata messa una racchetta in mano dall’ostetrica che le ha permesso di vedere la luce, come l’erede delle sorelle Williams, si è portata dietro questo macigno della becera comparazione in salsa Stelle e Strisce, con i soliti ululati di disapprovazione della esigente stampa americana, ogni qual volta è mancato il tocco finale.
Ma questa volta il tocco finale è arrivato, trasformandosi in fragoroso schiaffo che ha improvvisamente svegliato i detrattori della Gauff, che ha tutto d’un tratto ricordato, anche in forma esplicita nelle interviste dell’immediato dopo torneo, che le candeline sulla torta, sono ancora meno di quelle di Shelton, o di Alcaraz, 19.
Un dato che le ha permesso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, per un piedino fatato che, risolta questa “facilissima” pratica di vincere uno Slam, adesso può dedicarsi a vincere senza i mostri in testa.
Aryna Sabalenka 8
La targa di numero 1 del mondo, disegnata dagli stilisti del circuito WTA, è poggiata sopra il cornicione del suo caminetto bielorusso di Minsk, da qualche giornata prima che perdesse la finale contro Coco Gauff, all’indomani dell’inopinata sconfitta di Iga Swiatek ( V. 5 ) contro la Ostapenko ( V. 7 ), che le ha passato il testimone di Regina del Tennis, dopo un inseguimento durato sette lunghissimi anni.
Non è un caso che sia successo oggi, alla luce di una maturazione tecnica e mentale che l’ha portata a scalare questa immane montagna e sedersi sul trono delle meraviglie, dopo aver abbandonato, si spera per sempre, gli atteggiamenti un po’ fuori dal comune che avevano caratterizzato la prima parte della sua carriera. La rimonta nel confronti di Madison Keys ( V. 7,5 ) in semifinale, ha mostrato a tutto il mondo che oltre alla mera potenza e ai colpi calibrati della giocatrice bielorussa, esiste un modo nuovo di affrontare le partite e adesso ci sarà da fare i conti con la nuova Aryna da qui alla fine della sua carriera.