Le avvisaglie di un cambiamento di rotta da parte del tennis nostrano, si erano avute già qualche anno fa con le clamorose, seppur sparute, affermazioni delle nostre tenniste di punta. I maschietti hanno cominciato a carburare con un po’ di ritardo, ma ora è chiaro a tutti che l’Italia sarà una vera e propria macchina da guerra che porterà spesso i suoi campioni nella fasi avanzatissime dei tornei più importanti.
Il primo terremoto al NextGenATP
Poco prima che il mondo reale venisse sconvolto dalla pandemia di COVID-19, in quel di Milano si è palesata agli occhi del circuito del tennis che conta, la figura esile e da bravo ragazzo, di Jannik Sinner.
In quel momento il giocatore bolzanino, cominciava a macinare risultati, ma il suo successo nella terza edizione della Next Gen ATP Finals del 2019, ha fatto da spartiacque tra uno dei periodi meno floridi della nostra storia tennistica se ci riferiamo ai risultati conseguiti nei major, ed uno che sembra essere, con poche possibilità di smentita, quello migliore per i nostri colori.
Sinner mise a alla berlina Alex De Minaur, in una finale a senso unico durante la quale l’australiano raccolse la miseria di 5 game che, in mini set in cui chi arriva a 4 porta a casa il punto, fu davvero tanta roba, 4-2, 4-1, 4-2.
L’esplosione dell’allora 18enne, che occupava la posizione numero 95 al mondo, pose sul tappeto una domanda la cui risposta sembra essere giunta dopo un paio di anni giocati a singhiozzo sui campi di tutto il mondo: “può l’Italia diventare una super potenza del tennis internazionale?”.
La conferma negli anni a seguire
Sinner, polemiche per la defezione alle Olimpiadi a parte, ha inanellato tutta una serie di risultati che lo hanno messo tra gli spauracchi da evitare assolutamente nei primi turni dei tornei.
Se tralasciamo per un momento l’erba dove Sinner deve acquisire ancora tanta esperienza, nelle altre superfici Sinner può già giocarsela con chiunque, visto che ha raggiunto il numero 17 del ranking ATP, lo scorso maggio, diventando l’Under 20 meglio piazzato di tutto il circuito.
Ma qualcosa si è mosso anche grazie ai suoi connazionali, in virtù della finale raggiunta dall’Italia alla ATP Cup giocatasi in Australia lo scorso febbraio.
E qui non si tratta solo di Next Gen, visto che in quell’occasione a far parlare di sé furono Matteo Berrettini e Fabio Fognini, arresisi solo in finale al duo Rublev/Medvedev.
E se a tutto questo aggiungiamo Sonego che nel 2021 ha vinto il torneo di Cagliari, raggiunto la semifinale a Roma, per poi uscire agli ottavi a Wimbledon diventando Top 30, il palermitano Marco Cecchinato semifinalista a Parigi nel 2018, e chiudiamo col più giovane di tutti, Lorenzo Musetti, che ha toccato la posizione numero 50 e il fantastico ottavo finale di Parigi qualche mese fa, allora la risposta alla domanda di prima è decisamente affermativa.
Chi ha fatto da chioccia
Non sono in pochi a dare una parte del merito di questa esplosione, al tutoraggio offerto, più con la pratica e la dimostrazione che con del mero coaching, da parte dei veterani Fabio Fognini, Simone Bolelli, Andreas Seppi e Paolo Lorenzi, tutti giocatori che hanno avuto una carriera notevole con qualche acuto che non è però mai sfociata in quei risultati eclatanti che ci aspettiamo dai loro colleghi più giovani da qui in avanti.
Sono le stesse parole di Matteo Berrettini a sottolinearlo, visto che in più di un’occasione è stato proprio il romano a mettere in evidenza l’ispirazione arrivata dai vecchi saggi del nostro tennis.
Lo stesso Fognini ha invece dichiarato che la tranquillità mentale acquisita anche grazie al felice connubio con Flavia Pennetta e una famiglia in continua espansione, gli allungherà la carriera e non di poco, visto che il nostro campione di Arma di Taggia ha ancora voglia di giocare e vuole togliersi altre soddisfazioni.
Le donne apripista
Non sarebbe corretto non menzionare i successi delle ragazze azzurre dello scorso decennio, primo tra tutti il trionfo di Francesca Schiavone nell’indimenticabile pomeriggio di Parigi del 2010, quando portò a casa la finale del Roland Garros battendo Samantha Stosur in due set, prima donna italiana ad aver vinto una prova del Grande Slam, dopo i successi, sempre a Parigi ma in campo maschile, di Pietrangeli (1959 e 1960) e Panatta (1976).
Cinque anni più tardi toccò a Flavia Pennetta dare una gioia non misurabile al tennis italiano, mettendo le mani sul trofeo degli US Open del 2015, ai danni, questa volta, di un’altra tennista italiana, Roberta Vinci, per 7-6, 6-2.
Da citare anche la finale, ancora una volta a Parigi, di Sara Errani, sconfitta solo nell’atto conclusivo del 2012 da Maria Sharapova.
In questo momento il tennis femminile arranca e non poco, visto che la migliore delle nostre è Camila Giorgi, che occupa il posto numero 57 della classifica WTA, seguita da Jasmine Paolini (91), Martina Trevisan (100) e la stessa Sara Errani (103).
La ristrutturazione in Federazione
Anche se più volte criticato, soprattutto nei primi anni del suo mandato, Angelo Binaghi, attuale presidente della Federazione Italiana Tennis in carica dal 2001, ha lottato con le unghie e con i denti per difendere il suo progetto cominciato tanti anni fa che prevedeva dei risultati a medio e lungo termine.
La costruzione dei due centri nel 2004, uno per i maschi a Tirrenia e uno per le ragazze, a Formia, ha permesso la crescita del nostro tennis, non solo a livello tecnico, ma soprattutto sotto il punto di vista dello scambio di idee, di divulgazione, di centro nevralgico dove la condivisione è un punto di partenza vincente per tutte le scuole di tennis italiane.
La divulgazione, appunto. Non è un segreto per nessuno che SuperTennis sia un canale istituito proprio dalla FIT e che trasmette tennis 24 ore al giorno, altro veicolo che ha permesso di aumentare i tesserati, grazie ai quali oggi il tennis può essere considerato il primo sport individuale in Italia e il secondo dietro al calcio.
A fronte dei 100.000 di inizio millennio, oggi i tesserati sono diventati più di 350.000, ( fonte Federtennis.it ) un successo che va oltre ogni aspettativa, anche per quanto riguarda i risultati degli atleti professionisti che sono solo la punta dell’iceberg di un movimento che pare essere in controtendenza rispetto ad altre attività sportive della nostra nazione.
Anche grazie ad una rete ricettiva che nessun altro Paese al mondo può vantare, l’Italia è la seconda nazione per numero di tornei Challenger organizzati, un toccasana per i nostri giovani, che non devono sobbarcarsi trasferte lunghe e costose che servono per migliorare settimana dopo settimana.
Sembra solo l’inizio, ma le cose si fanno interessanti.