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Da questa mattina, due terzi dell’era dei Big 3 è ufficialmente terminata. Rafa Nadal ha annunciato il ritiro dal tennis giocato, con un video molto toccante che non può non commuovere ogni singolo appassionato di questo sport.

I Big 3 e le nostre difficoltà a lasciarli andare

La grandezza dei big 3, il loro impatto nella storia del tennis, è qualcosa che probabilmente si comprenderà in pieno quando una giusta distanza temporale si sarà frapposta. Ma la difficoltà mostrata da due terzi del trio di supercampioni nel dire basta, è abbastanza eloquente sulla eccezionalità di quello che Roger Federer, Rafa Nadal e Novak Djokovic hanno prodotto.

Come per Roger Federer due anni fa, anche per Rafa Nadal abbiamo assistito a un lungo addio. Oggi come allora, si ha come la sensazione che in milioni di persone, all’unisono, avessero a lungo pregato il loro campione di non farlo, di rimanere ancora un po’ con loro, quasi come accade con un genitore che non vorremmo mai salutare per l’ultima volta.

Il paragone è certo forte, ma rende l’idea dell’enorme affetto che il popolo del tennis nutre nei confronti di gente come Roger, Rafa e Nole.

Rafa Nadal, l’addio in un toccante video

Sul suo profilo X, il supercampione spagnolo ha pubblicato un videomessaggio per annunciare l’addio al tennis.

C’è chi ha dovuto asciugare qualche lacrimuccia, e chi mente.

Una frase colpisce maggiormente chi vi scrive: “Mi ritiro con la tranquillità di aver dato tutto quello che avevo”. Mi colpisce perché è un clamoroso understatement, se guardiamo alla sua carriera, anche in chiaroscuro. E proviamo a ripercorrerla, questa leggendaria carriera, prima in numeri e poi ricordandone i temi più importanti.

Nadal, la carriera in cifre

Rafa Nadal chiude una carriera professionistica da 1412 partite, di cui 1161 vinte. Ecco alcune curiosità che raccontano tanto, ma non tutto, della grandezza di questo campione.

Tornei del Grande Slam vinti

  1. Novak Djokovic 24
  2. Rafael Nadal 22
  3. Roger Federer 20

Finali di tornei del Grande Slam

  1. Novak Djokovic 37
  2. Roger Federer 31
  3. Rafael Nadal 30

Percentuale di vittorie nei tornei del Grande Slam

  1. Bjorn Borg 89,8% (141 match vinti su 157 disputati)
  2. Novak Djokovic 88,2% (377 su 428)
  3. Rafael Nadal 87,7% (314 su 358)

Altre curiosità

  • Nadal, Federer e Djokovic sono gli unici tre giocatori nella storia con almeno 300 partite vinte nei tornei del Grande Slam
  • Rafa Nadal è l’unico giocatore ad aver vinto almeno uno Slam all’anno per 15 anni (Djokovic al 2° posto con 13)
  • Rafa Nadal è l’unico giocatore, nell’era Open, a vincere uno o più Slam per 10 stagioni consecutive (dal 2005 al 2014)
  • Insieme a Novak Djokovic, è l’unico ad aver vinto almeno 10 volte un singolo torneo del Grande Slam
  • I 14 titoli del Roland Garros sono record assoluto
  • Rafa Nadal chiude anche con il record di tornei del Grande Slam vinti senza cedere un set: 4, tutti al Roland Garros (2008, 2010, 2017, 2020)

Il “falso” mancino, i tic, i lunghi stop e l’ombra del doping: grandezza e controversie di un supercampione

Forse molti di voi avranno notato che Rafa Nadal firma gli autografi con la destra, mentre è entrato nella storia del tennis come il più forte mancino di sempre. Contraddizione? Per niente. Nei primi anni della sua carriera, è circolato il mito che Rafa non fosse realmente mancino, e che fosse stato lo zio Toni a costringerlo a giocare con la sinistra. Niente di più falso. Ecco come è andata.

Il “finto” mancino

Da ragazzo, Rafa aveva mostrato una lateralizzazione molto particolare: dominante destra per l’occhio, dominante sinistra di anche. Queste particolari caratteristiche che aveva connaturate, lo avevano portato a giocare bimani entrambi i fondamentali. Qui intervenne lo zio, che era molto scettico sul fatto che il nipote potesse diventare un top player giocando sia dritto che rovescio a due mani. Ci sono stati esempi di ottimi giocatori in tal senso, come Fabrice Santoro e Jean-Michel Gambill, ma nessun campione. A posteriori, zio Toni aveva ragione. La sua particolare lateralizzazione ha però aiutato Rafa a diventare devastante anche di rovescio. Il resto è storia.

I tic di Rafa e la sua spiegazione

Una delle caratteristiche che hanno sempre infastidito i suoi detrattori è quella dei famosi tic. Molti di questi sono tipici della terra battuta, la superficie di cui Nadal è – e probabilmente rimarrà – il monarca assoluto. Cerchiamo di elencarli in sintesi.

  • Prima di ogni servizio, Rafa puliva con il piede la riga di fondo del campo da ogni residuo di terra.
  • Sempre nell’atto di servire, Rafa si batteva tre volte la racchetta contro la suola, per rimuovere la terra appena rimossa dalla linea di fondo.
  • Sempre prima di servire, Nadal offriva sempre la stessa sequenza di rapidi gesti, dal basso verso l’alto. Prima si aggiustava gli slip da dietro, quindi una leggera sistemata prima alla manica destra e poi a quella sinistra, un tocco al naso, un’aggiustatina ai capelli sull’orecchio sinistro, di nuovo il naso e aggiustatina ai capelli sopra l’orecchio destro. L’ultimo gesto, prima del lancio palla, era portarsi il polsino sulla fronte per asciugarla, quindi sulla guancia.
  • Oltre a quelli pre-battuta, c’erano altri gesti ripetuti costantemente. Le bottigliette delle bevande venivano posizionate in un determinato modo e, una volta utilizzate per bere, venivano di nuovo riposte sulla medesima impronta di terra che avevano lasciato in precedenza.
  • A questo si aggiunge il rito delle asciugamani, accuratamente ripiegate sempre nello stesso modo dopo ogni utilizzo.

Stuzzicato una volta sull’argomento, Rafa Nadal ha negato che si trattasse di scaramanzia o, in generale, superstizione: “Altrimenti avrei cambiato il rito a ogni sconfitta”, disse. Poi, il campione iberico svelò l’arcano: “quello che chiamate tic è un modo per riordinare la mia testa, mentre solitamente sono molto disordinato.” Sempre al Corriere della Sere, Rafa disse che si trattava anche di un modo per rimanere concentrato e silenziare le voci interiori.

L’ombra del doping

Nella seconda metà degli anni 2000, venne fuori uno scandalo denominato “Operacion Puerto“. Si trattava di una vicenda di doping che vedeva protagonista il dottor Eufemiano Fuentes, autore di pratiche vietate nei confronti di diversi atleti, in particolare ciclisti. Ne conseguirono numerose denunce e squalifiche, ma anche voci più o meno incontrollate. Si scrisse dell’esistenza di una lista di atleti non ciclisti, che avevano usufruito dei servigi di Fuentes e di alcune sacche di sangue ritrovate. Uno dei nomi che si fecero fu quello di Rafa Nadal, ma nulla di ufficiale è mai accaduto, né c’è stata mai qualcosa di diverso da – appunto – voci. La coltre di sospetti, inevitabilmente, ha accompagnato Nadal per qualche anno, nonostante lo stesso Rafa chiese a più riprese al dottore di fare i nomi degli atleti coinvolti.

A confortare i sospetti nei confronti di Nadal erano soprattutto i suoi prolungati periodi di assenza dai campi, cosa che in effetti ha contraddistinto un po’ tutta la sua carriera. Ma, appunto, si è trattato sempre e solo di sospetti. Guardando tutto a ritroso dalla prospettiva odierna, la carriera di Nadal ha delineato un personaggio amatissimo, dall’etica di lavoro ferrea, che proprio per il tennis ha sollecitato il proprio corpo al punto da rischiare menomazioni e altri gravi problemi. Si pensi al problema cronico al piede e a quelli alla schiena, per non parlare di quelli alle caviglie. Proprio questo spingere il proprio fisico al massimo ha probabilmente prodotto anche infortuni in serie e i conseguenti lunghi periodi lontano dai campi.

Rafa Nadal, le diffamazioni e l’eredità del sacrificio

A margine del 14° – e oggi possiamo dire ultimo – titolo conquistato al Roland Garros, Barbara Schett gli chiese quante infiltrazioni avesse dovuto fare per arrivare fin lì nel torneo. “Meglio che tu non lo sappia”, era stata la risposta di Rafa. Una risposta che aveva mandato su tutte le furie alcuni ciclisti, tra cui Guillaume Martin che disse “Quello che ha fatto Nadal non sarebbe stato possibile nel ciclismo, e lo avrei trovato normale: se siamo infortunati, non possiamo gareggiare”.

Per la cronaca, nel 2017 l’ex ministra francese Roselyne Bachelot venne condannata a un risarcimento di 10.000€ per diffamazione nei confronti di Nadal. Nel corso di una trasmissione televisiva, la Bachelot aveva affermato che i 7 mesi di assenza per infortunio di Nadal nel 2012-2013 fossero in realtà dovuti a un silent ban per doping.

Forse la verità vera e propria non la sapremo mai, o forse è piuttosto la verità stessa a non avere necessariamente una faccia sola. Una parte di essa è certamente l’impronta, che Nadal ha lasciato sul tennis. Un tennis pugnace ed esaltante, quello di Nadal, personificazione dell’atleta che non molla non un centimetro, ma un singolo millimetro.

Ma un tennis che esalta le folle è anche un tennis di sacrificio. Tanto, forse troppo se vogliamo. Rafa Nadal, per il tennis, ha sacrificato tantissimo, mettendo più volte a rischio la propria salute. Negli anni, il suo fisico martoriato da mille infortuni è diventato un po’ anche il nostro fisico. Rafa ha portato su un altro livello l’idea stessa di “giocare sul dolore”. E quel “mi ritiro con la tranquillità di aver dato tutto quello che avevo” va interpretato nel senso più pieno possibile.

Grazie Rafa, grazie per tutto.