È sempre difficile fare i paragoni tra i campioni di qualsivoglia sport professionistico, quando hanno vissuto periodi molto lontani tra loro.
Se prendiamo in esame il tennis, questo tipo di pensiero si amplifica a dismisura, anche perché in poche altre discipline sportive si è assistito lungo la loro storia ad un ciclicità così marcata.
Lo si nota anche ai giorni nostri, visto che i grandi vecchi del tennis moderno, Federer, Nadal e Djokovic, cominciano finalmente ad essere spaventati dalla cosiddetta Next Gen della racchetta del futuro, da Tsitsipas a Zverev, da Medvedev a Berrettini.
L’era di Pete Sampras
Nato a Potomac, nello stato del Maryland negli Stati Uniti, Pete Sampras è stato uno dei giocatori più completi della storia del tennis.
Alcuni vorrebbero consegnargli anche la palma di giocatore più forte della storia, ma, per l’enunciato di cui sopra, il dilemma è di difficilissima interpretazione.
Classe 1971, “Pistol Pete” ha messo in cascina qualcosa come 14 titoli del Grande Slam, in un periodo storico in cui doveva vedersela con gente del calibro di Andre Agassi, con cui instaurò un’acerrima rivalità sportiva anche per la conquista della piazza del tifo casalingo, spesso a favore del quasi coetaneo Andre.
Sampras dovette vedersela anche con Boris becker, Goran Ivanisevic, Jim Courier e uno Stefan Edberg sul viale del tramonto.
Lo statunitense rimase in testa alla classifica mondiale per ben 286 settimane, con il record ancora imbattuto per aver chiuso per sei stagioni di seguito al primo posto del ranking mondiale.
Il suo stile di gioco era iper aggressivo, Sampras è sempre stato considerato uno dei giocatori più forti grazie al suo serve & volley.
Dotato di un servizio potentissimo e piuttosto preciso, la sua palla usciva dalla racchetta spesso oltre i 215 Km/h e aveva una peculiarità che lo distingueva da tutti i suoi avversari: lo smash a piedi uniti, magari non bellissimo stilisticamente, ma piuttosto efficace.
Questa aggressività lo portò a vincere tutte le sue 14 prove del Grande Slam, sulle superfici veloci, mancando pedissequamente l’appuntamento con la vittoria sulla terra rossa del Roland Garros, dove raggiunse in una sola occasione, nel 1996, la semifinale.
L’ultimo ballo di Pete e Andre
Ma se vogliamo parlare di Grande Slam, nessun appassionato di tennis che si rispetti potrà mai dimenticare l’ultimo titolo di Pistol Pete, quello del 2002 agli US Open.
La partita, giocatasi di fronte al pubblico di casa, rappresentava una sorta di resa dei conti tra i due tennisti ormai nel pieno della loro parabola discendente.
Fu una battaglia seguita da milioni di spettatori in tutto il mondo e anche l’Arthur Ashe Stadium, il centrale del torneo statunitense, registrò il sold out in ogni ordine di posto. Alcuni fecero follie pur di fare parte dei 23.000 spettatori sul centrale.
La particolarità di tale successo planetario, derivava dal fatto che Sampras non vinceva un titolo dal 2000 ed erano in tanti a scommettere che quella di Flushing Meadows poteva essere una delle ultime occasioni per vederlo trionfare.
E così fu, visto che esattamente un anno dopo, Sampras comunicò a tutto il mondo il suo ritiro dalle scene professionistiche.
Testa di serie
A dimostrazione del periodo non esattamente florido della meravigliosa carriera di Sampras, all’americano venne assegnata la Testa di serie numero 17, a fronte della 6 di Agassi.
Le prime teste di serie furono date rispettivamente a Hewitt, Safin, Haas e Kafelnikov.
A dirla tutta la porzione di tabellone nella quale venne estratto Sampras, non fu particolarmente pericolosa, se si esclude la testa di serie numero 3, Tommy Haas da incontrare agli ottavi, per il resto lo statunitense poteva giocarsela con tutti e con tutti partiva favorito.
Ed è così che liquidò in tre set Portas al primo turno e il pressoché sconosciuto danese Pless al secondo, per poi faticare più del previsto contro Greg Rusedski, eliminato al quinto set.
Paradossalmente la partita con Haas fu meno ingarbugliata di quella del terzo turno e, se si eccettua il tie break perso al terzo set, Sampras diede l’impressione di poter controllare l’intero match, chiudendo poi 7-5 al quarto.
Il turbo dai quarti il miracolo a un soffio
Sampras era un giocatore piuttosto quadrato, una sorta di calcolatore, ma aveva il pregio di esaltarsi quando le cose andavano alla grande.
Così mise il turbo a partire dai quarti di finale, quando si impose facilmente sul pericoloso Andy Roddick, TST numero 11 e in semifinale, contro il meno quotato olandese Sjeng Schalken, entrambi sconfitti in tre set.
Tutti cominciarono a parlare di miracolo, visto che in tanti pensavano ad un Sampras arrendevole, non certo capace di portare a casa un nuovo titolo dello Slam.
Come ultimo tentativo, Sampras si mise nelle mani di Paul Annacone, il suo vecchio e storico coach che lo preparò alla grandissima per uno degli ultimi appuntamenti importanti della sua carriera.
La finale che tutti volevano vedere
In quel momento Sampras era numero 17 del mondo, Agassi numero 6, esattamente a rimarcare le loro teste di serie.
Qualcosa come 12 anni prima Sampras si presentò al grande pubblico trionfando proprio agli US Open e sconfiggendo in finale proprio Agassi.
Una sorta di chiusura del cerchio, dunque, per due tennisti celestiali che non si risparmiarono in una specie di corrida tennistica.
Nell’arco di tutta la carriera, infatti, Agassi ebbe sempre una sorta di timore reverenziale nei confronti del connazionale, anche perché nelle occasioni più importanti era Sampras a prevalere e questa finale per lui rappresentava una sorta di rivincita definitiva.
Sampras chiuse le danze al quarto set di fronte ad un pubblico ubriaco di tennis spettacolare e pathos portato alle stelle da un’atmosfera che difficilmente si rivedrà dentro un rettangolo da gioco.
Mise a segno 33 ace e ben 84 colpi vincenti, sollevando il suo 14° e ultimo trofeo del Grande Slam, probabilmente quello che viene ricordato di più dagli appassionati di tennis di tutto il mondo.
La partita si chiuse a favore di Sampras col punteggio di 6-3 6-4 5-7 6-4.
A 31 anni Sampras chiuse in modo trionfale una carriera da sogno, sconfiggendo il suo rivale di sempre in un epilogo che non poteva immaginare migliore.