Quel cambio della guardia nel tennis che conta, atteso da almeno un decennio, sembra finalmente piombato sui campi più importanti del tennis dei nostri tempi, agevolato dal forfait conclamato dei Big che ci hanno regalato partite memorabili. E Djokovic prova ad approfittarne.
Anni di mera goduria tennistica al capolinea
La parabola discendente della carriera di Roger Federer è cominciata già da qualche anno, prima con la pedissequa rinuncia alle ultime stagioni sulla terra, per farsi trovare pronto agli appuntamenti di fine anno a lui più congeniali, con risultati altalenanti.
Più recentemente è accaduto a Rafa Nadal, che anche grazie all’osservazione di ciò che è successo al suo rivale svizzero, ha cominciato a saltare qualche appuntamento importante per salvaguardare gli ultimi anni della sua carriera, con qualche anno di anticipo rispetto alla scelta fatta da “Re”.
Ed ecco che, tra acciacchi fisici dovuti all’età e la voglia di rimanere tra i Top mondiali per lungo tempo ancora, chi può approfittare della situazione, è il terzo anello della triade, quel Novak Djokovic che ha la grande occasione di mettere le mani sul Grande Slam nello stesso anno solare, impresa riuscita, nell’era Open, solo a Rod Laver.
Fallito il Golden Slam con l’uscita di scena alle Semifinali delle Olimpiadi di Tokyo per mano di Zverev, a Nole non rimane che mettere a segno il Grande Slam di cui al paragrafo precedente, al completamento del quale, manca solo la vittoria all’ultimo dell’anno, gli US Open.
Il Golden Slam, la vittoria, cioè, di tutte e quattro le prove del Grande Slam più la medaglia d’oro olimpica, è stato vinto in campo maschile dai soli Andre Agassi e Rafael Nadal in campo maschile e da Serena Williams e Steffi Graff in quello femminile, quest’ultima capace di centrarlo in un solo anno, il 1988.
Il cambio della guardia
La rivoluzione alla quale stiamo assistendo, fa capo alla definitiva esplosione (ed era ora) della cosiddetta Next Generation del tennis mondiale, che si è fatta probabilmente attendere fin troppo.
Zverev, Tsistsipas, Medvedev e Rublev, che della Next Gen occupano i ruoli principali, sono riusciti nell’ultimo anno solare a mettere in cascina vittorie e risultati importanti, che li hanno proiettati verso i primissimi posti della classifica ATP, superando in pianta stabile il secondo dei tre mostri sacri che comincia a vacillare dopo la caduta di Federer, Rafael Nadal.
Rimane da sconfiggere il mostro finale dei videogiochi, che, per dirla tutta, è anche il più giovane dei Big Three della racchetta, avendo un anno in meno di Nadal, essendo nato nel 1987 e ben 5 in meno di Re Roger, che ne ha da poco compiuti 40.
Cosa ci insegna Cincinnati
Il torneo di Cincinnati è da qualche anno quell’evento che precede la settimana delle qualificazioni agli US Open e, guarda caso, nell’agosto del 2008 è passato nelle mani della United States Tennis Association, che è proprietaria e organizzatrice del torneo di Flushing Meadows.
Quell’operazione fu piuttosto arguta, anche perché, in questo modo, la U.S.T.A. avrebbe potuto gestire da par suo il passaggio tra Cincinnati e US open, con tutta una serie di grattacapi da risolvere in economia, senza dover rendere conto ad organizzazioni altre.
L’edizione del 2021, inoltre, si è rivelata riuscitissima, visto che gli ultimi quattro giunti a giocarsi il titolo, sono stati proprio Medvedev, Rublev, Tstitspas e Zverev.
Le prime quattro teste di serie che si affrontano in Semifinale, una circostanza che capita raramente in un torneo così importante come un Master 1.000.
Anzi, diciamo che non capita proprio quasi mai, visto che l’ultima volta che accadde, fu nel 2012 al Master 1000 di Shanghai, quando giunsero Federer ( 1 ), Murray ( 3 ), Djokovic ( 2 ) e Berdych ( 4 ), con il serbo che portò a casa la vittoria, sconfiggendo lo scozzese in finale.
L’assenza di Djokovic, dovuta alla preparazione mirata a centrare l’appuntamento principale della sua carriera, ha spianato la strada ai quattro talentuosi moschettieri, che si sono ritrovati in semifinale pronti a raccogliere l’eredità del serbo e non solo per quanto riguarda il torneo di cui stiamo parlando.
I quattro moschettieri non sono soli
La fantastica incognita che ci accompagnerà da qui al prossimo decennio di tennis ai massimi livelli, vesitrà i panni della rivalità tra i quattro campioni appena citati e tutta una serie di altri prodotti, che stanno spingendo dietro di loro.
Come nazione siamo piuttosto interessati all’evoluzione della cosa, visto che Berrettini, Sinner Sonego e Musetti, possono mettere in dubbio il potenziale dominio di ragazzi che, a dirla tutta, non sembrano avere la continuità dei loro illustri predecessori.
Daniil Medvedev
Medvedev ha dalla sua un servizio performante, che, nel momento in cui viene utilizzato nel migliore dei modi, diventa un’arma distruttiva contro qualunque avversario.
Ma la caratteristica migliore del gioco del russo, è quella dell’imprevedibilità, visto che più di un suo avversario ha dichiarato di non poter attuare un piano di gioco contro di lui.
Ha pochi punti deboli ed è impossibile catalogarlo come giocatore d’attacco, esattamente come non lo si può etichettare come uno che si trovi male negli scambi di fondo campo.
Forse con un pochino di testa in più, potrebbe aspirare ad essere il miglior prospetto da qui alla fine del decennio.
Alexander Zverev
Rispetto all’inizio della sua carriera, quando il rovescio era decisamente il colpo migliore del tennista tedesco, Zverev è progredito in maniera fulminea, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, quando tutti i fondamentali sono diventati pericolosi per i suoi avversari.
Il servizio, tecnicamente piuttosto interessante vista la sua dinamica e potenza, non dà punti di riferimento ai suoi avversari dall’altra parte del campo in attesa di rispondere.
Il dritto è il colpo che è migliorato maggiormente, nell’arsenale di Zverev, facendolo diventare una vera e propria mina vagante del circuito che oggi come oggi, può battere chiunque, come ha dimostrato durante la sua splendida cavalcata olimpica.
La vittoria di Cincinnati, in finale contro Rublev, ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che Zverev è, di questi quattro, il giocatore più pericoloso in vista degli US OPEN per Djokovic.
Stefano Tsitsipas
Se invece vogliamo parlare di atletismo e di prototipo di campione costruito sul proprio fisico, ancora prima che sulla sua tecnica, l’esempio di Stefano Tsitsipas, è quello che fa al caso nostro.
Nessuno dei suoi tre avversari di cui stiamo scrivendo, può vantare una conformazione fisica come la sua.
Lo si vede a occhio nudo nel confronto con Zverev, per citare una pietra di paragone.
Inoltre è la resistenza fisica e mentale che potrebbe giocare a suo favore nei prossimi anni, visto che, come lui stesso si affretta spesso e volentieri a dichiarare, il coaching tradizionale con un allenatore, non serve a tanto.
Su questo è ovviamente d’accordo papà Apostolos…
Andrey Rublev
Che Rublev sia l’anello debole del quartetto che stiamo esaminando, è cosa abbastanza nota, anche se i difetti che lo tengono abbastanza distante dagli altri tre, vengono da lontano.
Intanto dagli infortuni del 2018, quelli che ne hanno pregiudicato la stagione a causa di una frattura da stress alla schiena, che ne hanno originato addirittura una pericolosa caduta verso il vortice della depressione.
Il controllo delle emozioni sono il suo cruccio più grande, anche perché lui stesso ha dichiarato che nei primi anni di carriera, ogni sconfitta era una sorta di fallimento dal quale era difficilissimo uscire senza conseguenze mentali.
Oggi le cose sembrano andare decisamente meglio e lo si vede anche dal suo atteggiamento in campo, molto meno pregno di reazioni sull’orlo della disperazione, e anche i risultati sono decisamente migliori.
Alla luce di queste analisi, chi sconfiggerà il mostro Nole?