Prima di trent’anni fa, dominare uno sport tradizionalista come il tennis tirando sia il rovescio che il dritto a due mani, sembrava una sorta di eresia, una bestemmia pronunciata in chiesa.
Eppure, Monica Seles era riuscita a introdurre questa fragorosa rivoluzione con il sorriso (e tanti “grunt”).
Lo sport e i turning point: quando un dettaglio fa girare il destino
Nello sport esistono i turning point, veri giunti di separazione tra un prima e un dopo. I turning point esistono in positivo come in negativo.
Un esempio in positivo lo abbiamo avuto il 25 novembre del 2023, nel tennis, con Jannik Sinner che si ritrova 4-5 0-40 contro Novak Djokovic, in semifinale di Coppa Davis. Lì è scattato qualcosa, nella testa di Jannik ma anche in quella di Nole, e siamo stati testimoni di come gli equilibri del tennis ne siano stati stravolti, nel 2024.
Monica Seles, il sogno interrotto dell’invincibile
Sempre nel tennis abbiamo avuto un esempio tra i più chiari di sempre, di turning point in negativo.
Ma bisogna tornare indietro di quasi 31 anni, al 30 aprile 1993. Siamo ad Amburgo, ai quarti del torneo WTA che vede Monica Seles affrontare Magdalena Maleeva nei panni di superfavorita.
Infatti, la teenager serba è avanti comodamente 6-4 4-3 quando, al cambio di campo, succede l’inimmaginabile. Un signore tedesco di nome Günter Parche, seduto in tribuna, si lancia improvvisamente contro la tennista serba, accoltellandola alla schiena. La ferita non è profondissima, ma causa un trauma inimmaginabile a una ragazza che, fino a quel momento, si percepiva come a casa sua in un campo da tennis.
Soprattutto, si percepiva pressoché imbattibile e – di fatto – lo era. Quel giorno si è chiusa anzitempo, nonostante lei sia poi tornata all’attività agonistica vincendo anche un altro slam, la carriera di quella che avrebbe potuto diventare la tennista più dominante e vincente di sempre, forse anche di Serena Williams.
Ma cosa aveva di così speciale, Monica Seles?
Nata a Novi Sad, nel dicembre del 1973, Monica prende la racchetta in mano a sei anni. Anzi, sarebbe meglio dire “nelle mani”, poiché la presa bimane su entrambi i fondamentali da fondocampo sarà il suo tratto distintivo.
In quegli anni, come del resto oggi, i “quadrimani” erano una rarità assoluta. Ai tempi di Monica c’era già Fabrice Santoro tra gli uomini, a cui si sarebbe di lì a poco aggiunto Jean-Michel Gambill. Tra le donne, invece, ci sarebbero stati diversi tentativi di emulazione di Seles.
Al tempo, tuttavia, la serba era stata un autentico bulldozer sul tennis femminile, sulle sue abitudini, sui suoi cliché.
La svolta, per la giovane Monica, arrivò grazie a Nick Bollettieri. Il leggendario allenatore statunitense, figlio di immigrati italiani e morto circa due anni fa, la prese sotto la sua ala dopo averla vista vincere un torneo giovanile a Miami, nel 1985. L’entrata nell’accademia di Bollettieri a Bradenton, in Florida, fu il primo segreto del suo successo. Il tecnico statunitense di origini italiane fu una sorta di teorico della mini-rivoluzione che cambiò il tennis sul finire degli anni ’80. Gli attaccanti da fondocampo li inventò praticamente lui, con prodotti di eccellenza come André Agassi, Jim Courier e – appunto – Monica Seles.
La doppia presa bimane permetteva a Monica di imprimere una straordinaria potenza alla palla, da molte più parti di campo e da molte più situazioni tattiche rispetto a quanto si immaginasse al tempo. Nel tennis femminile, in cui un buon vantaggio competitivo sulle avversarie può dar vita a un dominio, Seles divenne in breve tempo regina incontrastata. Gli inevitabili limiti del suo tennis erano come piccoli compromessi da accettare, a fronte di inenarrabili vantaggi.
Monica Seles giocava proprio un altro sport rispetto alle altre, compresa una supercampionessa come Steffi Graf, che venne brutalmente spodestata dal trono mondiale.
Monica vs Steffi: rivalità epocale, totale e fatale
E stiamo parlando di Steffi Graf, ovvero dell’ultima tennista capace di realizzare il Grande Slam. Non 10 anni prima, ma appena due anni prima di trovare pane davvero duro per i suoi denti, con l’avvento di Monica Seles.
Graf, a sua volta, aveva un tennis meravigliosamente incompleto, nel senso che le bastava il prodigioso dritto per comandare qualsiasi avversaria. Il rovescio era per lei un’arma solo interlocutoria, che eseguiva nella stragrande maggioranza dei casi in slice per non perdere campo, cercando di spostarsi sul dritto appena possibile per chiudere punto. Con Seles, questa strategia divenne molto più difficile da realizzare. Monica, a sua volta, aveva in Steffi una rivale tremendamente forte. Prima di quel 30 marzo 1993, le due si erano incontrate 10 volte, con Steffi in vantaggio per 6-4. I quattro anni abbondanti di distanza anagrafica tra le due campionesse, lasciavano intravedere un dominio che si sarebbe fatto sempre più netto, da parte della serba, poi naturalizzata statunitense.
Anche come personaggio, Seles si poneva in estrema antitesi rispetto a Graf. Tanto discreta Steffi, tanto estroversa e comunicativa Monica, con le interviste e intervallate da migliaia di “you know”.
Oltre alle caratteristiche tecniche e mediatiche, le due si differenziavano anche per un’altra caratteristica: mentre Steffi Graf esprimeva in maniera quasi tacita la sua enorme potenza sul campo, Monica Seles era la vera madrina del moderno “grunting“. I sonori gemiti con cui accompagnava il rilascio dei potentissimi colpi divenne un suo tratto distintivo, come e più del fatto di essere “quadrimane”.
Invece, la follia di Gunther Parche, che nei suoi progetti avrebbe voluto favorire proprio Steffi Graf di cui era tifosissimo, ci ha privato di qualcosa che non possiamo sapere cosa sarebbe potuto diventare, ma sappiamo bene cosa fosse. Nel suo biennio di dominio totale, Monica Seles riuscì a vincere otto titoli del Grande Slam, a cui poi se ne sarebbe aggiunto un nono (Australian Open 1996). Tuttavia, gli otto Slam conquistati prima di compiere 20 anni rappresentano un record ancora imbattuto. Così come è difficile da trovare un attributo adeguato a un altro record, che deteneva al momento dell’aggressione di Amburgo: 33 finali raggiunte negli ultimi 34 tornei disputati.
Monica Seles era qualcosa di molto vicino all’imbattibilità, su un campo da tennis. L’erba era l’unica superficie che palesemente non le era amica, anche perché la costringeva a diversi adattamenti che al tempo non era riuscita ancora a sviluppare. Non possiamo sapere, purtroppo, se ciò sarebbe accaduto. Possiamo solo immaginarlo, anche con una certa convinzione.