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La vittoria in tre set contro Frances Tiafoe, al secondo turno dell’ATP 500 Vienna, non ha solo certificato il pieno recupero di Matteo Berrettini, ma ha anche insinuato più di un dubbio che il Berrettini attuale sia ancora migliore di quello che era arrivato al numero 6 del mondo.

Matteo Berrettini, la volta buona

Qualche mese fa, ai primi di marzo, pubblicavo un articolo in chi mi chiedevo se avremmo più rivisto Matteo Berrettini al top. L’ennesimo infortunio di una lunga fila lo aveva scaraventato al n.154 ATP, il punto più basso dall’aprile 2017. Ne è seguita una confortante serie di buone performance, comprese alcune sfortunate come il sorteggio che a Wimbledon lo ha visto opposto a Jannik Sinner già al 2° turno. Già in quell’occasione mi ero sbilanciato ad affermare che “abbiamo ritrovato Matteo Berrettini”, per una serie di ragioni: prima la finale a Phoenix, poi la vittoria di Marrakech su terra, la finale di Stoccarda su erba e il derby di Wimbledon, ci avevano restituito la sensazione di un Matteo competitivo quasi come ai vecchi tempi.

Dopo il KO di Wimbledon il trend è proseguito, perché Berrettini ha vinto in sequenza Gstaad e Kitzbuhel, sempre su terra, e tutti eravamo rammaricati che non potesse essere anche lui a rappresentare l’Italia alle Olimpiadi di Parigi.

E se diventasse più forte di prima?

L’obiettivo di rientrare in top 50 era cosa fatta, ma uno come Matteo Berrettini, che era stato numero 6 ed era riuscito a riemergere dal limbo di mille guai fisici, non poteva certo accontentarsi. La domanda è dunque cambiata e abbiamo iniziato a chiederci non più se Matteo fosse in grado di tornare, ma quali potrebbero essere i suoi attuali limiti.

Anche per la gravità degli infortuni precedenti e per un fisico che comunque rimane delicato, nessuno si è azzardato a sperare che il nuovo Berrettini potesse essere anche più forte di quello che aveva incantato tre anni fa. Eppure, oggi la netta impressione è proprio quella. E la bellissima vittoria contro Frances Tiafoe lo ha confermato, agli occhi e nei dati.

Matteo Berrettini non è più solo un Plus one: analisi della vittoria su Tiafoe

Nel tennis, si definisce “plus one” la strategia di chiudere rapidamente uno scambio, con servizio e dritto. I giocatori “plus one” sono dunque quelli che hanno una grande facilità di chiudere punto con il servizio stesso o con un solo colpo in più, quasi sempre il dritto. Berrettini è sempre stato identificato come una tipologia di giocatore del genere, anzi come uno dei migliori al mondo in questo. E anche lo stesso Novak Djokovic, nel 2021, lo aveva definito il più letale di sempre per servizio e dritto, dopo Juan Martin Del Potro.

Diceva un grande allenatore che su un gran servizio e un buon dritto si può costruire un campione. Chi possiede queste qualità ha sicuramente un vantaggio di fondo, ma poi bisogna essere in grado di mettere a punto un livello competitivo anche con il rovescio e altri aspetti del gioco, se si vuole essere giocatori di vertice. Matteo Berrettini ha sempre avuto una storica debolezza sul lato sinistro, o comunque un rovescio non paragonabile al dritto. La prevalenza di quest’ultimo colpo rimane, ma il “nuovo” Berrettini aveva dimostrato di aver lavorato molto bene anche sulla solidità del rovescio.

Prime a 228 km/h e 9 passanti di rovescio

Nel match di Vienna contro Frances Tiafoe abbiamo avuto una clamorosa conferma di questi progressi. A fronte della ben nota affidabilità con servizio (16 ace con soli 3 doppi falli, 68% di prime palle dentro, velocità media della prima di servizio 214 km/h con punte di 228), Matteo ha giocato un partita di clamorosa efficacia su tutti i fondamentali. Se il rendimento del dritto (16 vincenti diretti, 20 causando errori forzati) è qualcosa a cui eravamo ampiamente abituati, sul lato sinistro del corpo Berrettini è stato sublime: dal rovescio sono arrivati 3 vincenti diretti, 18 tramite errori forzati, ma soprattutto 9 (NOVE) passanti.

Stiamo parlando di un match in cui Frances Tiafoe non ha giocato affatto male, anzi in risposta è stato eccellente, considerando la qualità in battuta del suo avversario. L’americano ha ovviamente cercato molto il rovescio dell’azzurro, ma da questa strategia ha ottenuto molto meno del previsto.

C’è poi l’aspetto mentale, in cui già si sapeva che Matteo Berrettini è molto forte, ma adesso sta raggiungendo livelli di eccellenza. Dopo aver mancato in maniera clamorosa la vittoria in due set sprecando tre match point, uno sul 5-3 e due sul 5-4 e servizio, Matteo ha perso il secondo set al tie-break e si è ritrovato subito sotto di un break nel terzo. Una situazione in cui molto sarebbero “andati via di testa”, ma lui non ha fatto una piega. L’immediato contro-break e il successivo break conquistato ai danni di Tiafoe sono segnali di un mindset granitico.

Matteo Berrettini ha vinto un match in maniera molto più netta di quanto dica il 6-3 6-7 6-3 finale, mettendo a segno più del doppio dei vincenti (51 a 24) rispetto al suo avversario, a fronte di un numero di errori gratuiti sostanzialmente pari (20 Berrettini, 21 Tiafoe), in un match divertente me con momenti di livello molto alto.

Risulta evidente il gran lavoro fatto da Matteo con il coach Francisco Roig e tutto il suo team, capaci di lavorare sugli spostamenti laterali ma anche sulla meccanica del rovescio, che rimane colpo secondario nelle strategie offensive ma oggi è una buona alternativa, oltre a essere preziosissimo difensivamente perché permette al ragazzo di perdere meno campo rispetto a prima. E poi c’è quell’approccio in back, così retrò eppure così efficace, per la profondità ma anche per la velocità con cui l’italiano arriva a rete.

Al Matteo Berrettini di oggi, la definizione di “plus one” sta decisamente stretta.