Vai al contenuto

Sono passati quasi due giorni, ma l’eco dello splendido match giocato da Jannik Sinner e Matteo Berrettini al 2° turno di Wimbledon 2024 non è ancora svanita.

Wimbledon e la giornata dei derby italiani

Nel tennis visto in ottica più o meno patriottistica, i derby sono vissuti con accezione negativa, se capitano troppo presto. Tuttavia, dai due derby azzurri giocati al secondo turno, Sinner vs Berrettini nella parte alta del tabellone e Darderi vs Musetti in quella bassa, ci sono rimaste sensazioni globalmente molto positive. Proprio in quest’ultimo caso abbiamo avuto un’altra dimostrazione dei miglioramenti di Musetti sul piano sia mentale che fisico, insieme alla conferma che Darderi può diventare qualcosa di più di un buon terraiolo.

Naturalmente, però, l’attenzione generale era rivolta in maniera molto più pronunciata sullo scontro fra Sinner e Berrettini, per ragioni anche abbastanza ovvie. Uno è l’attuale numero 1 al mondo nonché giocatore in ascesa clamorosa, l’altro è stato finalista proprio a Wimbledon nel 2021 e rappresenta una storia che non può lasciare indifferenti, tennisticamente e umanamente.

Ed è proprio sul lascito di questo derby perso sulla figura e sulla carriera di Matteo Berrettini, che focalizzo la mia riflessione di oggi. Proprio perché rivendico di essere stato tra quelli (e non siamo pochi, anche se meno rumorosi di tutto ciò che diventa viralità tossica su media e social network) che ne hanno seguito il percorso flagellato di difficoltà senza cercare mai di giudicare, senza emettere sentenze, rispettando il percorso di un ragazzo che era arrivato vicino alla cima al mondo che sognava da bimbo, per poi scivolare rovinosamente e riprovare a lungo la risalita, che a un certo punto sembrava divenuta impossibile.

Matteo Berrettini e le tappe del calvario

Eravamo lì quando Matteo si ritirava da Wimbledon 2022 per un Covid quanto mai intempestivo, dopo che il romano aveva vinto per il secondo anno consecutivo il Queen’s ed era, a ragion veduta, tra i primi 4-5 favoriti dello Slam londinese che aveva sfiorato appena l’anno prima. Una positività al Covid beffarda, crudele ma anche indice della estrema onestà di Matteo. Si è poi saputo di diversi altri giocatori che hanno nascosto la loro positività per poter continuare a giocare, in altri tornei del circuito nello stesso periodo.

Eravamo lì per tutto il successivo calvario di infortuni, una sequela che sembrava non aver fine e che, dall’altra parte, si accompagnava a una crescente cattiveria mediatica. La colpa di Matteo era solo quella di avere intessuto una relazione con Melissa Satta e di essere – suo malgrado – divenuto ospite fisso nelle cronache rosa. Per qualche ragione, il “popolo del web” aveva deciso che Matteo era per questo diventato un ex giocatore, che lei era la solita mangiatrice di uomini eccetera eccetera.

Eravamo lì anche il giorno delle lacrime dopo l’umiliante sconfitta contro Lorenzo Sonego a Stoccarda, con l’amico Sonny precipitatosi a consolarlo. Era il 12 giugno 2023, poco più di un anno fa, con quel KO Matteo Berrettini sarebbe uscito dalla top 30, inizio di una discesa della quale si faticava a intravedere il termine.

Ed eravamo lì anche a Phoenix, a seguire l’ennesimo ritorno di Matteo Berrettini alle competizioni, stavolta dopo oltre 6 mesi di assenza totale dai campi e tanta paura che il suo percorso da tennista di alto livello fosse finito. Tutti noi appassionati seguivamo con una certa trepidazione ogni aspetto delle sue movenze in campo, l’efficacia di servizio e dritto, le prevedibili incertezze negli spostamenti laterali. E ci si chiedeva sempre una cosa: riuscirà a tornare quello di una volta?

La rinascita sull’amata erba: cosa ci ha detto il derby con Sinner

E poi arrivano la finale di Stoccarda e il derby di Wimbledon dell’altro ieri, che ci restituiscono qualcosa di estremamente inatteso. Il match contro Jannik Sinner ci ha restituito un giocatore pienamente recuperato al suo “vecchio” tennis che è, in alcuni aspetti, anche migliorato rispetto al Matteo finalista del 2021.

Lo slice di rovescio è più accurato e profondo, gli spostamenti laterali denotano un grande lavoro sul piano atletico. La tattica più usata da Jannik è stata sempre quella di giocare sulla diagonale sinistra e poi chiudere cercando il vincente sulla parte destra del campo, quella del dritto. La cosa è riuscita meno del previsto a Sinner, anche perché Berrettini arrivava bene sulle gambe e ogni tanto variava anche lui con il rovescio coperto. Una volta, invece, Matteo ha colpito con il lob di rovescio.

La vivacità atletica di Matteo era forse l’elemento che Sinner si aspettava meno, o meglio si aspettava meno di ritrovarlo a questo livello oggi. Berrettini è sembrato totalmente un altro giocatore anche sul lato difensivo, perché forse mai come in questa partita si è palesato come giocatore a cui devi fare il punto due-tre volte, prima di realizzarlo effettivamente. Merito del romano e del suo team, che hanno continuato a lavorare nonostante i molti incidenti di percorso, per ricostruire un giocatore se possibile anche più forte di quanto non fosse già prima. E l’impressione è che proprio questo sia avvenuto. Alla fine del match, un estasiato Federico Ferrero si chiedeva contro quanti giocatori questo Berrettini avrebbe perso l’altro ieri, e la risposta della sua collega Barbara Rossi è stata “probabilmente nessuno”.

Matteo Berrettini, la rinascita nei dati

Anche i dati confortano questa impressione di un Matteo non solo ritrovato, ma anche potenzialmente molto migliore di quello ammirato negli anni scorsi. Matteo ha chiuso il match con oltre il doppio di vincenti rispetto a Sinner (65 contro 32), a cui si è accompagnato un numero di errori gratuiti ovviamente a sua volta più alto (48 vs 25), altrimenti staremmo parlando di lui che affronta Kezmanovic al terzo turno.

Matteo ha anche breakkato di più (4 volte contro 2) e meglio (57% di palle break trasformate contro il 20%) rispetto a Sinner, che invece ha ottenuto di più dal servizio (82% di punti con la prima e 53% con la seconda).

Più aderente a ciò che eravamo abituati a vedere è stata la parte relativa al gioco di volo e relative contromisure. Matteo Berrettini si è confermato migliore di Jannik Sinner nelle volée vincenti (12 contro 3), Sinner è stato un “passatore” migliore con 5 passanti vincenti contro i due di Berrettini.

In generale, al di là della situazione peculiare che sicuramente ha spinto entrambi i tennisti a dare il 110%, da questo match abbiamo il Sinner che conoscevamo già, rinforzato dalla freddezza e la capacità di adattamento dimostrata nell’occasione. Soprattutto, però, abbiamo un Matteo Berrettini che ci è apparso davvero al suo top. La speranza è che la salute lo assista e che la sua convinzione aumenti ulteriormente. Poi, sì, ci sarà da divertirsi.