Domani, Jasmine Paolini tornerà sul centrale di Wimbledon per un appuntamento con la storia del tennis, quella vera: è la prima italiana a giocare la finale dello Slam londinese, e lo farà dopo aver giocato quella del Roland Garros poco più di un mese fa. Come ha fatto ad arrivarci? Il segreto è forse anche in una qualità che la accomuna a Jannik Sinner.
Jasmine Paolini, solo 5 come lei negli ultimi 30 anni
Innanzitutto un dato, che rende l’idea dello strabiliante momento che sta vivendo il tennis italiano e questa tennista italiana. Jasmine Paolini ha centrato la finale di Wimbledon appena un mese dopo quella persa al Roland Garros contro Iga Swiatek. Anche se il tennis femminile, come si è detto tante volte, risente un po’ meno di quello maschile dei cambi di superficie, si tratta comunque di un risultato incredibile. Lo è ancora di più considerando la carriera che, fino all’anno scorso, aveva vissuto la 28enne nativa di Castelnuovo in Garfagnana. Una carriera che forse eravamo abituati a considerare da massimo top 25-30 al mondo, e probabilmente anche lei. Però il tennis è uno sport strano, in cui dei semplici click mentali possono portare a vere e proprie svolte, a darsi obiettivi prima ritenuti impensabili – e raggiungerli.
Così, il 12 luglio 2024 siamo arrivati a parlare di Jasmine come della sesta tennista, negli ultimi 30 anni, ad aver centrato la finale di Roland Garros e Wimbledon nella stessa stagione. Leggere gli altri nomi fa, effettivamente un po’ impressione.
Finale di Roland Garros e Wimbledon nella stessa stagione (dal 1994)
- Tre volte: Steffi Graf (1995, 1996 e 1999) e Serena Williams (2002, 2015, 2016)
- Una volta: Martina Hingis (1997), Venus Williams (2002), Justine Henin (2006) e Jasmine Paolini (2024)
Nomi che hanno fatto la storia del gioco e che non vogliono certo rappresentare un paragone reale con la nostra giocatrice. Tuttavia, l’accostamento rende l’idea di quanto straordinaria sia questa doppia impresa di Jasmine, comunque vada a finire sabato contro Barbora Krejcikova.
Ma come ha fatto, questa ragazza di 1,63 a cambiare marcia e imporsi in questa maniera sullo scenario internazionale? Lasciate perdere il cliché “tutta grinta” con cui in tanti cercano di spiegare le sue vittorie. Jasmine Paolini gioca benissimo a tennis e non ha lacune tecniche in nessuna parte del campo come dimostrano anche gli ottimi risultati in doppio, ci deve essere qualcosa in più che lei e il suo team hanno sviluppato per andare oltre i propri limiti. Ed è proprio una qualità che abbiamo sempre apprezzato in Jannik Sinner, una qualità che lo ha aiutato a scalare la vetta del tennis mondiale.
La solidità mentale, il vero “game changer” di Jasmine Paolini (e Jannik Sinner)
Nell’ultimo anno ho scritto tante volte di Jannik Sinner e del suo eccezionale salto di qualità, anche prima di immaginare che lo avrebbe portato così presto in vetta al ranking ATP. Oltre ai dettagli tecnici, la qualità che rende Jannik Sinner così forte è nella sua testa. Lo ha sottolineato qualche giorno fa Fabio Fognini, nell’intervista in cui parlava delle proprie qualità e del fatto che “uno col suo braccio non è ancora nato”.
Fognini, Sinner e l’essere quadrati
Cosa che probabilmente è vera, ma che inconsapevolmente delinea i limiti della carriera del sanremese. Non solo, perché Fabio ha detto (testuale) “Se nascevo Sinner che ero quadrato, era tutto più bello”.
Quel “quadrato”, liquidato come qualcosa di facile, è invece ciò che determina un campione. Fognini cade nell’errore che fanno in molti quando si cade nei cliché, ovvero di prendere troppo sul serio le opposizioni. Il genio non è sempre sregolatezza e la solidità non è necessariamente nemica della qualità.
Quando si parla di qualche rimpianto, si usa dire“se avessi avuto la sua testa” come se fosse una questione di fortuna, mentre la solidità è qualcosa che si allena, si cerca di fortificare, in particolare nel tennis che è una guerra che sottopone a stress continui.
Jannik Sinner ha vinto le partite che gli hanno consentito il salto di qualità concentrandosi su ogni punto, non pensando a un errore precedente o a un qualsiasi altro fattore che avrebbe potuto portarlo mentalmente fuori dal match. Quella di “rimanere dentro al match” è una qualità ritenuta a torto come non così importante, ma è esattamente ciò che fa la differenza, anche e soprattutto quando una partita sembra compromessa.
Jasmine Paolini è quadrata
Jasmine Paolini ha mostrato questa qualità più volte in questo pazzesco 2024, e anche a Wimbledon. Contro Madison Keys, il match sembrava aver preso nettamente la direzione dell’americana. Dopo aver perso il primo set e vinto al tie-break il secondo, Keys sale 5-2 nel terzo. Jasmine però non si dà per vinta, continua a giocare il suo match affrontando un punto per volta, gioca le palle break senza paura anche con la seconda di servizio, sorretta dalla condizione atletica e dalla sua incredibile freschezza mentale. Alla fine, dopo aver recuperato un break beneficia di un infortunio muscolare della sua avversaria. Una circostanza certo fortunata, nessuno lo nega, ma che Paolini si è in qualche modo guadagnata rimanendo in campo dove diverse sue colleghe avrebbero mollato.
E anche la semifinale contro Donna Vekic è stata un incredibile saliscendi, portato infine a casa dall’italiana, nel match che forse è ancora più emblematico di questa qualità che le permette di fare la differenza.
Il tennis femminile e uno stress a volte insostenibile
Nel tennis femminile di oggi, si fatica a trovare una giocatrice dominante come una Graf o una Serena. E ciò non ha tanto a che fare con una ipotetica crisi di talenti, ma sulla resistenza mentale di questi talenti. Si pensi ad Ashleigh Barty, ritiratasi ad appena 25 anni dopo qualche problema di depressione. Qualcosa di simile ha attraversato Naomi Osaka, forse la giocatrice che aveva le caratteristiche giuste per diventare dominatrice, ma anche ragazza che non ha mai avuto paura di mostrare le sue fragilità emotive, con le quali oggi sembra aver trovato il modo di convivere.
L’anno scorso, la promettente Amanda Anisimova aveva annunciato il ritiro a soli 21 anni, per preservare la sua salute mentale. Poi ci ha ripensato, ma è l’ennesimo segnale che la feroce competizione del tennis può corrodere l’anima, penetrare nelle insicurezze di ciascuno e deflagrare.
Non sappiamo se Jasmine Paolini sia esente da tutto questo, ma sicuramente la forza mentale è ciò che l’ha portata a superare ogni ostacolo che ha affrontato da quando ha smesso di mettersi limiti.