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Il caso ha fatto rapidamente il giro del mondo e il corredo di polemiche era pressoché scontato, perché si tratta di presunto doping e perché si parla di Jannik Sinner. Cerchiamo di fare chiarezza riguardo a una vicenda su cui è già stato scritto un quantitativo molto alto di fesserie e inesattezze.

Jannik Sinner assolto dall’ITIA: cosa è successo

Nel pomeriggio del 20 agosto, sui profili social di Jannik Sinner è stato diffuso un comunicato che annuncia l’assoluzione del tennista italiano da un’inchiesta su due test antidoping falliti, nei mesi scorsi. Questo il post con il comunicato su X:

I test falliti erano due. La prima positività era stata riscontrata il 10 marzo durante il torneo di Indian Wells, mentre la seconda positività risale a un test del 18 marzo a Miami. In entrambi casi, erano state riscontrate tracce di metaboliti del Clostebol, una sostanza inserita tra quelle proibite dall’agenzia mondiale antidoping (WADA) e dalla sua corrispondente del tennis professionistico (ITIA).

La concentrazione era in realtà molto bassa, meno di un miliardesimo di grammo. Questo fattore sarà decisivo, come spiegheremo più avanti.

Come prevede la procedura, Jannik Sinner aveva fatto ricorso contro le due sospensioni ricevute, presentando istanza per il cosiddetto “No Fault or Neglicence”, in base a quanto stabilito dal programma anti doping del tennis (TADP, Tennis Anti Doping Programme). Il tribunale indipendente nominato dall’Itia ha poi analizzato il caso, sentito i vari testimoni, esaminato le prove a supporto e sentito i pareri di alcuni esperti. Infine, ha sentenziato che quella di Jannik Sinner è stata un’assunzione dovuta a contaminazione involontaria, dunque il tennista è scagionato dalle accuse di doping.

Tuttavia, essendo tale contaminazione avvenuta per negligenza di alcuni membri del suo staff (il fisioterapista Giacomo Naldi e il preparatore atletico Umberto Ferrara), a Sinner sono stati tolti i punti conquistati (400) e i premi in denaro incassati (circa 300.000 dollari) nel torneo in cui è stata riscontrata la prima positività.

Perché Jannik Sinner non è stato sospeso preventivamente e altri sì?

La prima risposta da dare, in questo caso, è che non è vero che Sinner non è stato sospeso. Nei suoi confronti erano scattate due sospensioni cautelari (dal 4 al 5 aprile 2024 per il primo test fallito, dal 17 al 20 aprile per il secondo test), ma entrambe erano state bloccate per il ricorso urgente presentato dai legali dell’italiano e poi vinto in tutti e due i casi. Tale ricorso è previsto dal regolamento del TADP, alla lettera A del punto 7.12.3.1. In altri casi, invece, la sospensione cautelativa non è stata tolta, o i ricorsi non sono stati accettati.

Come è avvenuta la contaminazione con il Clostebol

Secondo quanto si apprende dal documento dell’ITIA, che potete consultare integralmente a questo link, la mattina del 3 marzo il fisioterapista Giacomo Naldi si era procurato un taglio a un dito della sua mano sinistra, a causa di una curetta per pedicure presente nella sua borsa professionale. La curetta è una sorta di bisturi usato per rimuovere alcuni calli dai piedi, problema di cui evidentemente i tennisti professionisti soffrono abbastanza spesso. Naldi aveva applicato inizialmente un cerotto sul taglietto. Poi, una volta tolto il cerotto, su consiglio di Umberto Ferrara aveva applicato del Trofodermin, pomata che lo stesso Ferrara aveva acquistato prima della partenza per gli USA e aveva portato con sé tra gli effetti personali. Il Trofodermin, che viene usato proprio in caso di abrasioni per favorire la cicatrizzazione, contiene proprio il principio incriminato: il Clostebol. Ferrara ha poi prodotto la prova di acquisto della pomata presso una farmacia di Bologna, qualche giorno prima della partenza del team Sinner per gli Stati Uniti.

Ad ogni modo, Giacomo Naldi ha quindi proceduto a massaggiare Sinner senza guanti. Questo particolare, insieme a una dermatite di cui Jannik soffre ai piedi e che provoca piccole abrasioni alla pelle, è stato decisivo per contaminare Sinner con il Clostebol.

Comunque la si pensi, è fuor di dubbio la leggerezza di entrambi i membri del team di Jannik Sinner: Umberto Ferrara per aver portato con sé solo il tubetto senza la confezione e dunque senza il foglietto informativo che menzionava i principi attivi contenuti, e Giacomo Naldi per aver praticato i massaggi a Sinner senza guanti. Due leggerezze che potevano costare care, diciamolo.

Perché Sinner è innocente, ma gli vengono tolti i punti e i soldi di Indian Wells

Nonostante il tribunale indipendente dell’Itia abbia stabilito l’assoluta buona fede di Jannik Sinner, al n.1 del ranking ATP verranno tolti i 400 punti guadagnati raggiungendo la semifinale di Indian Wells (sconfitto da Carlos Alcaraz) e il premio incassato per quel risultato. Tutto ciò avviene per il principio di responsabilità oggettiva, anch’esso previsto dai regolamenti TADP, che vedono il tennista rispondere di violazioni o negligenze commesse da membri del suo team in materia di antidoping.

La privazione dei punti e della vincita riguarda soltanto Indian Wells e non Miami, perché solo nel primo caso si è trattato di un test durante il torneo, mentre nel secondo caso le analisi si erano svolte prima che il torneo iniziasse. Dunque, accertata l’ipotesi della contaminazione indiretta, diventano automaticamente validi tutti gli altri risultati riportati da Jannik Sinner in seguito. Lo stabilisce, a chiare lettere, la stessa sentenza.

Jannik Sinner ha patteggiato?

Molti TG e portali stanno riportando la notizia che Jannik Sinner avrebbe patteggiato, ma tecnicamente non è così. Il punto 9.1 del regolamento TADP stabilisce che “ogni violazione del regolamento Anti Doping accertata da un test “in-competition” porta automaticamente alla squalifica dei risultati ottenuti dal giocatore nel torneo in questione, comprese medaglie, titoli, punteggio e montepremi vinto dal giocatore nella competizione”.

Nel comunicato, Jannik Sinner dichiara di avere accettato questa sanzione, nulla di più. La forma usata è ” […] accetta di perdere i punti guadagnati nel torneo di Indian Wells dove il test ha avuto luogo”.

Accettare una sanzione è qualcosa di diverso da un patteggiamento. Al contrario, non accettare tale sanzione avrebbe comportato un nuovo contenzioso con l’ITIA, e non c’è alcun motivo per cui Jannik avrebbe dovuto percorrere questa strada. La positività non era in discussione, ed essa comporta comunque la perdita di punti e soldi, per responsabilità diretta oppure oggettiva.

In nessuna parte del documento ufficiale dell’International Tennis Integrity Agency o del comunicato stampa di Jannik Sinner si legge la parola “patteggiamento” o qualsiasi altra formula ad esso riferibile.

Perché Sinner è innocente e altri no: i casi più eclatanti nel tennis

In molti, in queste ore, stanno citando casi eclatanti di atleti e atlete sospesi in via cautelativa. Ad esempio, quello di Maria Sharapova e quello – molto più recente di Simona Halep.

Sharapova era risultata positiva nel marzo 2016 al Mildronate, principio attivo contenuto nel Meldonium. Si tratta di un farmaco vasodilatatore, che la campionessa russa aveva assunto per 10 anni per contrastare, a suo dire, un principio di diabete ereditario. Il problema è che il Mildronate, il quale ovviamente era vitale per i cardiopatici ma con innegabili vantaggi nelle prestazioni degli atleti, era stato inserito nella lista delle sostanze proibite a gennaio 2016. Sharapova era stata in questo caso assai negligente a non controllare tale lista.

Simona Halep era risultata invece positiva al Roxadustat nell’agosto del 2022. In questo caso si tratta di un inibitore di HIF-PH che attiva la risposta naturale del corpo ai ridotti livelli di ossigeno nel sangue. Anche la rumena intraprese una lunga battaglia legale, e la sospensione è stata infine ridotta a 9 mesi. Halep, che pure era stata accusata di altre irregolarità nel passaporto biologico, era riuscita a dimostrare di aver assunto il Roxadustat accidentalmente, in quanto era presente in un integratore che lei usava: il Keto MCT. Anche in questo caso, si tratta di una fattispecie molto diversa da quella di Jannik Sinner, poiché in questo caso l’assunzione – per quanto involontaria – era avvenuta da parte della stessa tennista. Semmai, il caso di Simona Halep ha delle analogie con quello di Paul Pogba.

Le analogie con il caso di Riccardo Moraschini

Dove invece le analogie con questa vicenda di Jannik Sinner sono molte, è nel caso di Riccardo Moraschini. Nell’ottobre 2022, l’allora giocatore dell’Olimpia Milano e della nazionale italiana di basket, era stato trovato positivo proprio per tracce di Clostebol. Il giocatore aveva dichiarato che si trattava di una contaminazione indiretta, avvenuta per la stretta e ripetuta vicinanza con una persona che usava uno spray cicatrizzante contenente appunto quel principio attivo.

La richiesta della procura federale era di un anno di squalifica, che non ha mai avuto alcuna riduzione per un vizio di forma nel ricorso del giocatore. Moraschini è poi tornato a giocare e nell’ultima stagione ha militato a Cantù, in A2.

La quantità elemento chiave per il proscioglimento di Jannik Sinner

Pur senza averne la certezza (non abbiamo i numeri della concentrazione del Clostebol nelle analisi incriminate di Moraschini), la quantità di principio attivo potrebbe essere l’elemento decisivo. Nei casi in cui tale concentrazione sia molto bassa, le sospensioni sono state ridotte o addirittura rimosse.

Nelle prime analisi fallite da Jannik, quelle del 10 marzo ed effettuate “in-competition” (durante il torneo), il metabolita del Clostebol era nella concentrazione di 86 picogrammi per millilitro. Nelle seconde analisi fallite, a Miami il 18 marzo e prima del torneo, la concentrazione era di 76 picogrammi per millilitro.

Tre esperti, i proff. Jean francois Naud e David Cowan e il dr. Xavier de la Torre, hanno confermato che l’assunzione inconsapevole è compatibile con le modalità raccontate. Nello specifico, il prof. Cowan conclude che “anche se la somministrazione fosse stata intenzionale, la minima quantità rilevata non avrebbe avuto alcun effetto dopante o miglioramento della prestazione del giocatore, e non ci sono prove che supportino qualsiasi altro scenario”.