Vai al contenuto

Nell’ennesimo epico scontro con l’amico-rivale Jannik Sinner, vinto al terzo set in un tie-break da alieni, Carlos Alcaraz ha mostrato le caratteristiche che lo rendono un giocatore spettacolare, ma che difficilmente arriverà a dominare l’italiano.

Carlos Alcaraz lo aveva detto

Qualche settimana fa, quando aveva in qualche modo aperto il suo cuore in conferenza stampa durante la Laver Cup, Carlos Alcaraz aveva detto diverse cose interessanti. I media si sono soffermati sulla polemica contro il calendario troppo fitto, argomento di cui ci eravamo già occupati qui, e sul quale sempre i soliti media hanno provato a creare uno screzio tra i due attuali dominatori del tennis. Nulla di più inventato, visto che Jannik Sinner aveva semplicemente detto la sua da interpellato sull’argomento, senza alcun intento polemico nei confronti dello spagnolo.

C’erano state alcune frasi di Alcaraz, però, che sono rivelatrici del suo peculiare modo di interpretare il ruolo di campione. “Il mio miglior tennis lo gioco quando posso sorridere e divertirmi in campo”, aveva detto, aggiungendo che si tratta del modo migliore per motivarlo ad andare a giocare un torneo. Nulla di rivoluzionario, certo, ma una considerazione che rivela l’unica grande debolezza di Carlos Alcaraz. E la finale di ieri lo ha dimostrato, in qualche modo.

La finale di Pechino e i dettagli

Una finale al meglio dei tre set durata tre ore e 21 minuti, e conclusa con il punteggio di 6-7 6-4 7-6, non può che essere stata decisa da dettagli. La particolarità di questa partita è stata però relativa a quante volte ha cambiato padrone. Io ne ho contate 17, ma potrebbero essere di più.

Si è notato subito che Alcaraz era sceso più “centrato” in campo, infatti Sinner aveva salvato il primo game di servizio dove era andato sotto 0-40, ma ha ceduto la battuta nel quarto gioco. L’italiano è insolitamente falloso, anche con il servizio (50% di prime e 3 doppi falli nel 1° set). Nonostante ciò, sotto 3-5 e con Carlos al servizio per il set, Jannik trova la misura della risposta e di fatto entra nel match.

Sinner ribalta la situazione e vince 3 game in fila, poi salva un set point nel dodicesimo gioco dando la sensazione di qualcosa che non vada a un ginocchio. Sembra il preludio a un tie-break che pende dalla parte dello spagnolo, e invece è un’altra impressione sbagliata che dà questo match, che ne regalerà ancora a iosa.

Sinner annulla altri due set point, di cui uno sul servizio avversario, e porta a casa il primo set. Un set in cui ha servito il 50% di prime, ha commesso 3 doppi falli, è apparso meno brillante e ha segnato un peggior rapporto tra vincenti ed errori gratuiti (11-22 Sinner, 16-23 Alcaraz).

Nel secondo set si alza il livello (infatti gli errori gratuiti saranno meno della metà), tutto fila liscio fino al settimo gioco, in cui Sinner va in difficoltà ma salva ancora palle break di cui una con un recupero irreale.
Il break si concretizza poi al 9° gioco e Carlos porta a casa il secondo set, partita in cui paradossalmente Sinner ha servito meglio che nell’intero match (70% di prime in campo) e i due giocatori hanno un saldo pari o positivo tra vincenti e gratuiti.

Parte il terzo set e Alcaraz è ringalluzzito, breakka al terzo gioco, sale 1-3 e si guadagna due palle break che lo potrebbero portare sull’1-4 e servizio. Jannik soffre ma rimane nel match, nelle variazioni del gioco il rivale è sempre una spanna sopra ma l’altoatesino è granitico e si tiene a galla con i passanti, sulle tante discese a rete del rivale, che patisce e infatti restituisce il break nell’ottavo gioco. Qui il match sembra cambiare per l’ennesima volta padrone, ma invece si continua a giocare sul filo in tutti i game che rimangono. Negli ultimi 4 game solo Sinner offre una palla break, ma si arriva in colossale equilibrio al tie-break decisivo.

Se il livello del terzo set è stato alto, nel tie-break diventa altissimo. Sinner scappa 3-0 e servizio, ma Alcaraz con due prodezze rintuzza, appare in un momento di maggiore brillantezza e mette a segno due inside-out di dritto che lasciano fermo Sinner (questa sì che è una notizia). Lo spagnolo chiude al primo match point e si aggiudica un match davvero incredibile.

La gente si diverte a coltivare certezze dove non ve ne sono, a sentenziare che Alcaraz sarebbe il vero numero 1 e Sinner un impostore, ma la realtà è molto diversa.

Cosa significa il successo per Carlos Alcaraz

Carlos Alcaraz ha vinto una partita durissima, riuscendo a salire di livello nei momenti importanti. Il suo problema rimane proprio quello di riuscire a farlo quando non è in vena, non sente particolarmente bene la palla o – appunto – non si diverte. Carlos si piace molto, ha bisogno di variare e mostrare tutto il suo bagaglio, per certi versi ricorda un po’ il primo Musetti per quel certo essere vanesio.

In generale non apprezzo particolarmente i tennisti che chiedono gli applausi del pubblico dopo un bel punto, anche se fa parte dello show. In Alcaraz, questo risponde probabilmente a quell’esigenza di divertirsi giocando, che non è sempre del tutto compatibile con le pressioni dei momenti topici. In generale, per le sue caratteristiche, Alcaraz sembra oggi un tennista più istintivo e fiero di esserlo, che in campo sa fare più cose ma è molto meno capace di Sinner nelle letture tattiche del match.

Cosa significa la sconfitta per Jannik Sinner

Quello rimane pane quotidiano di Jannik Sinner, i cui detrattori penseranno che è alla terza sconfitta nelle ultime tre contro Alcaraz e che dunque è da considerarsi inferiore. Semplicemente, il tennis meravigliosamente istintivo di Alcaraz lo rende anche più vulnerabile, ovvero soggetto a più alti e bassi rispetto a un’altra tipologia di atleta e tennista, come è Jannik Sinner.

Bisognerebbe invece pensare che Jannik Sinner è andato a un pelo dal battere un eccellente Carlos Alcaraz nonostante un servizio in cattiva giornata (51% di prime nel terzo set), una giornata in genere non brillantissima e un ultimo periodo che definire stressante è molto più che un eufemismo.

Non può esistere la controprova, ma ipotizzando uno scenario a parti invertite, in cui Sinner arriva al massimo della forma e Alcaraz ha addosso una spada di damocle come quella della vicenda-doping, dubito che avremmo avuto una finale così bella e incerta.

Alcaraz ha un vantaggio sulle superfici lente

Ultimo ma non ultimo, le tre sconfitte patite nel 2024 da Jannik Sinner contro Carlos Alcaraz sono accadute tutte su terreni abbastanza lenti: la terra del Roland Garros e i sintetici di Indian Wells e Pechino, entrambi tra le mescole più lente del circuito. Secondo Tennis Abstract, Indian Wells e Pechino hanno uno speed rating rispettivamente di 0.85 e 0.87. Per intenderci, la superficie più veloce di tutte è quella delle ATP Finals di Torino, con un rating di 1.62. Wimbledon è a 1.21, l’Australian Open 1.14, lo US Open 1.06 e il Roland Garros 0.69. Curiosità: la superficie più lenta di tutte, nel circuito ATP, è la terra battuta di Umag, con uno speed rating di 0.53. Proprio lì, nel luglio del 2022, Sinner vinse in finale proprio contro Alcaraz, 6-7 6-1 6-1.

Al di là di questo caso specifico, su superfici dal rimbalzo più alto e costante Carlos Alcaraz ha qualcosa in più, mentre Sinner è in generale più letale su quelle più scorrevoli. Può sembrare un controsenso, viste le caratteristiche dei due. Se però Carlos ha un gioco dalle variazioni più naturali, e ad esempio una grande velocità nel cambiare impugnatura per effettuare la palla corta, Jannik guadagna in “letalità dei colpi” sul veloce, soprattutto dal lato del rovescio.

L’inevitabile (e fuorviante) confronto con i big 3

Nel frattempo, da qualche parte sui social network, o nella vita reale magari davanti a una birra, gli appassionati continuano a dividersi. Si tende a pensare che l’esplosione di Sinner abbia portato al tennis diversi “tifosi da calcio”, ma non è proprio così. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è quanto il mondo del tennis sia stato abituato male dal ventennio dei big 3.

Federer, Nadal e Djokovic hanno fatto cose talmente strabilianti, da rendere duro – se non proibitivo – qualsiasi accenno di paragone con chi sarebbe venuto dopo di loro. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono ad oggi gli unici due in grado di rilevarne il testimone, ma ognuno con le proprie caratteristiche. Lanciarsi in filippiche su chi sia più forte di chi è del tutto inutile, ma senza le discussioni inutili non esisterebbe probabilmente lo sport.

Al di là delle preferenze soggettive, rimane comunque una disputa inutile per una semplice ragione: anche se siamo ormai abituati a vederli circolare ai massimi livelli, i due sono solo all’inizio delle loro carriere. In un tennis in cui un singolo dettaglio può spostare i delicatissimi equilibri di un match, solo il tempo potrà essere giudice attendibile.

Carlos e Jannik: la differenza è nel B-game

Tra i mental coach si usa un sistema per parametrare le performance, utile sia nel tennis che nel poker, ma soprattutto perfetto per spiegare le differenze tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Parliamo di A-game, B-game e C-game.

Il cosiddetto A-game è lo status ideale, dove un giocatore dà il meglio facendo delle scelte praticamente perfette. Tuttavia l’A-game non è facile da mantenere troppo a lungo, per varie motivazioni psico-fisiche. Qui entra in gioco il B-game, nel quale un giocatore magari riesce a mantenere comunque un rendimento di alto livello, seppure senza fare cose strabilianti o letture sensazionali. Poi c’è il C-game, che però è uno standard molto più basso e in cui la differenza di performance con i primi due è notevole, sia a livello strategico che di esecuzione.

In questo senso, Carlos Alcaraz è un giocatore con un A-game anche migliore di Jannik Sinner, più completo se vogliamo. Tuttavia, lo spagnolo non ha un B-game paragonabile a quello dell’italiano, che è capace di mantenere standard molto alti anche quando non è in giornata particolarmente ispirata. Detto in altre parole, Alcaraz ha più bisogno di Sinner di giocare benissimo per vincere, perché ha un A-game luccicante ma un B-game piuttosto fragile.

Più in generale, quello di mantenere un livello molto alto indipendentemente da altre variabili (che siano l’umore, l’umidità, l’essersi svegliato più o meno male, una leggera costipazione o un’inchiesta doping tra capo e collo) è un pregio davvero molto sottovalutato, nel tennis. Soprattutto, è un pregio incredibilmente decisivo.