Andarsene così, senza un annuncio ufficiale ma con la fredda notifica su un sito istituzionale, stride ma neppure troppo con l’immagine che ha sempre dato di sé Camila Giorgi. Di fatto, la mattina dell’8 maggio 2024, veniamo improvvisamente a sapere che Camila non è più una tennista professionista.
In queste ore ne stanno parlando un po’ tutti, anche perché il ritiro coincide con l’inizio del torneo italiano più atteso dell’anno. I toni sono generalmente concordi nel parlare di “grande rimpianto” per il tennis italiano. Ma è veramente così?
Camila Giorgi, rimpianto o miracolo del tennis?
Tutti noi, quale che sia la nostra funzione nel mondo, siamo figli non solo dei nostri genitori, ma delle circostanze che hanno composto il nostro vissuto. Questa premessa un po’ vaga e forse paraculo è in realtà necessaria, perché se si guarda solo a cosa era capace di fare Camila Giorgi su un campo da tennis è istintivo parlare di lei come di un grande rimpianto. Tuttavia, resto convinto che le cose non siano così nette.
Figlia di genitori entrambi argentini di origini italiane (mamma Claudia di Taranto, papà Sergio di Perugia), Camila nasce a Macerata perché lì la madre faceva l’insegnante di arte. Il padre invece è un ex militare, reduce dalla guerra delle Falkland/Malvinas, aspetto questo che sarà cruciale anche nei destini tennistici di Camila.
Sergio Giorgi, dalla guerra alle Malvinas a coach factotum di Camila
Sergio Giorgi si propone infatti da subito come coach-manager della figlia, ruolo che non abbandonerà mai e che segnerà la carriera della ragazza. Fin da subito, infatti, Sergio lancia accuse alla “mafia del tennis”, a un circuito che sfrutta le ragazze e in cui contano soltanto i soldi. Comunque la si pensi sulle sue opinioni, Sergio è un cane sciolto e orgoglioso di esserlo, ma ciò significa che i primi anni della carriera di Camila sono segnati da una crescita molto frammentata e diseguale. C’era l’accademia di Nick Bollettieri che le faceva la corte, ma non se ne fece nulla. Negli anni ci sono state alcune collaborazioni, ma il deus ex machina di Camila Giorgi è sempre rimasto soltanto lui, papà Sergio.
Questa mancanza di un vero e proprio coach (Sergio non ha mai giocato a tennis) ha inciso tremendamente sulle potenzialità della ragazza, che ha esplosività e anticipo come poche altre tenniste. Non a caso Adriano Panatta, uno che di tennis capisce e anche tanto, una volta ebbe a dire che Camila era l’unica ragazza che giocava come Agassi.
Il tennis di Camila Giorgi: senza alternative né voglia di averle
Il problema, però, è che nel tennis devi avere dei piani B e C. Ma questa cosa non è mai entrata nella routine mentale di Camila Giorgi. Che in realtà ha sempre affermato di seguire molto più volentieri il tennis maschile, confessando in più di un’occasione di non conoscere nemmeno l’avversaria che si trovava a fronteggiare. “Non importa, tanto io gioco sempre alla stessa maniera, a prescindere dall’avversaria”, diceva Camila, in una dichiarazione d’intenti che è la fotografia di un’intera carriera.
Camila Giorgi ha sempre e solo giocato come sa, disinteressandosi ad applicare qualsiasi tipo di variante. Ricerca dell’anticipo e due fondamentali poderosi per la media del tennis femminile hanno fatto la sua fortuna, ma sono state anche il suo limite.
Da uno studio effettuato su un campione di 56 suoi match (39 su campi sintetici, 10 su terra e 7 su erba), è emersa con una certa evidenza l’allergia a varianti come la smorzata, effettuata appena 15 volte (0,25 a partita), mentre il rovescio in back è stato usato nel 2,9% delle volte in cui ha colpito la palla con questo fondamentale.
Confrontando i due dati con quelli di Iga Swiatek, giusto per avere un confronto di alto livello con una giocatrice a sua volta colpitrice da fondocampo, emerge che la polacca numero 1 al mondo usa il back nel 4,6% dei rovesci e prova 2,2 smorzate di media a partita.
I record di Camila Giorgi
Giocando sempre e solo come papà Sergio le ha insegnato, Camila Giorgi è arrivata al n.26 WTA come best ranking, diventando una delle cinque italiane capaci di arrivare ai quarti di finale di Wimbledon e sempre una delle cinque italiane che sono riuscite a vincere un torneo WTA della categoria 1000.
“Onora il padre e la madre”: la comfort zone di Camila
Sarebbe potuta arrivare più in alto? Sicuramente, ma sarebbe anche potuta andare peggio. Di padri ingombranti è piena la storia del tennis, ma Camila non ha mai mostrato o ammesso di patire questa situazione di autarchia. Nemmeno quando papà le ha impedito di andare da Nick Bollettieri, o quando ha approfittato del primo exploit di Camila a Wimbledon per ribadire le sue (stra-legittime, ma non è questo il punto) idee sulle Malvinas e il relativo conflitto. E nemmeno nei tanti tira e molla con la FIT, con la quale il clan Giorgi ha rotto e riallacciato le relazioni una mezza dozzina di volte almeno.
Si è detto spesso che il tennis non è forse tra le priorità nella vita di Camila Giorgi, che negli anni ha mostrato sempre maggiore attenzione ai suoi outfit e al brand che mamma Claudia ha messo su per lei (Giomila, capi sportivi nati dalle idee di Camila e realizzati dalla madre) che per il campo. Ma lo si è detto sempre con un’accezione privativa, pensando ai tanti “what if” tennistici del caso. Probabilmente era un paradigma errato.
Probabilmente Camila Giorgi ha vissuto questi anni non da prigioniera ma con la consapevolezza di chi ha preferito circondarsi di certezze, quelle rappresentate dai propri genitori: uno come allenatore e manager, l’altra come designer e stilista personale.
Camila e le altre modelle prestate al tennis: un confronto con Bouchard
Ci sono stati altri casi di modelle prestate al tennis, da Anna Kournikova a Maria Sharapova, da Genie Bouchard alla nostra Camila. E proprio con la canadese il confronto è più pertinente, ma anche quello in cui sono emerse differenze sostanziali: Genie ha avuto un paio di anni di focus forte sul proprio tennis, e in quegli anni ha raggiunto la finale a Wimbledon e le semifinali ad Australian Open e Roland Garros, per poi mollare gradatamente e diventare modella-influencer di successo. Salvo ripensarci e trasformarsi, da un anno a questa parte, in professionista di Pickleball.
Quel lampo del WTA 1000 vinto in ̷c̷i̷a̷b̷a̷t̷t̷e̷ sandali fashion
Camila invece è sempre stata nel suo limbo, un limbo però voluto e costruito come tale. Un limbo che ci ha regalato sprazzi di classe purissima, nelle rare occasioni in cui ha avuto voglia di giocare per una settimana in fila. Ad esempio è successo a Montreal nel 2021, quando ha battuto Mertens, Podoroska, Kvitova, Gauff, Pegula e Pliskova. Così, in scioltezza, lasciando per strada solo un set (contro Pegula in semifinale) e vincendo un WTA 1000 in ciabatte, lasciando quella sensazione di poterlo fare ogni volta che ne avesse avuto voglia. Cosa che è capitata molto raramente, e ora siamo purtroppo certi che non ricapiterà più.