Come disse il buon Antonio Conte qualche anno or sono: “Con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100”. Metafora per raccontare quanto sia difficile non solo vincere, ma arrivare ai piani alti delle maggiori competizioni europee in questi tempi di budget miliardari.
L’Italia dopo un periodo davvero nerissimo, sta pian piano riprendendo piede in termini di considerazione e di risultati (le due finali Juventus sono lì a dimostrarlo). Ma sembra difficile, se non impossibile, riuscire a vedere ancora qualche epica cavalcata di squadre provinciali italiane, come spesso accadeva nei decenni passati.
In attesa di vedere se l‘Atalanta (quest’anno nel suo storico esordio di Champions) smentirà questa affermazione, proviamo a ripercorrere le gesta di alcune “piccole” che hanno fatto grande l’Italia in Europa.
I meravigliosi anni novanta del Parma
La favola del Parma anni novanta (e poco più) è qualcosa di letteralmente straordinario. Solo qualche anno prima gli emiliani navigavano nelle acque della Serie C nostrana, lanciando in panchina allenatori come Arrigo Sacchi e Zdenek Zeman. Poi fu la svolta: Nevio Scala a guidare il gruppo di giovani e la Parmalat di Tanzi a rinvigorire le casse.
Il Parma cominciò a macinare gioco e risultati, prima con il ritorno in Serie A e solo due anni dopo vincendo la sua prima Coppa Italia della storia, viatico per la cavalcata europea dell’anno successivo che li vide mettere in bacheca il primo trofeo continentale con la Coppa delle Coppe vinta battendo in finale l’Anversa.
Ma erano solo le prime pagine del libro di Storia scritto dai giallo blu in Europa. Dopo aver sfiorato il “bis” nella Coppa delle Coppe (persa questa volta 1-0 contro l’Arsenal), gli uomini di Scala trascinati da uno strepitoso Gianfranco Zola si prendono una sonora rivincita vincendo la loro prima Coppa Uefa battendo in finale niente meno che la signora Juventus (di Baggio, Vialli e Del Piero).
E dopo aver sfiorato lo storico scudetto con Carletto Ancelotti sulla panchina nel 1997 (secondi in Serie A a due punti dalla Juventus campione), è il 1999 l’anno della epica cavalcata di Malesani che porterà alla vittoria della seconda Coppa Uefa. Senza storia dagli ottavi in poi, dove gli emiliani si sbarazzano agevolmente prima di Rangers, Bordeaux e Atletico Madrid, per poi dominare al finalissima contro il Marsiglia vincendo per tre reti a zero.
Era l’anno di un Parma che di provinciale però aveva assai poco a giudicare dai nomi in campo: Buffon tra i pali, Thuram e Cannavaro in difesa, Veron e Dino Baggio a centrocampo, Crespo e Chiesa in attacco (con Asprilla e Balbo a fare da “rincalzi” tanto per gradire). Poi venne il “crack” Parmalat e quasi tutti presero altre strade… ma questa è un’altra storia.
La Sampdoria a un passo dal miracolo
Se da metà degli anni novanta possiamo parlare del Parma dei miracoli, è indubbio che invece il nel decennio precedente è la Sampdoria ad aver fatto vedere come anche realtà “provinciali” (calcisticamente parlando) possano dire la loro in Italia come in Europa.
Prima portandosi a casa la Coppa delle Coppe nel 1990 (battendo l’Anderlecht in finale per due reti a zero) e poi dopo lo storico scudetto nell’anno successivo, l’altrettanto epica qualificazione alla allora Coppa dei Campioni che segnò davvero qualcosa di incredibile.
Era la Sampdoria dei gemelli del gol Vialli e Mancini, ma anche della locomotiva Lombardo sulla fascia, del motorino Cerezo a centrocampo, o del muro Vierchowod in difesa con Pagliuca tra i pali. Tutti richiestissimi dalle big di Serie A di quegli anni, ma che per tacito “patto” di spogliatoio vollero provare la corsa europea tutti insieme.
E il traguardo era proprio lì, ad un passo. Il 20 Maggio 1992 allo stadio Wembley di Londra, l’unico ostacolo per scrivere il nome dei blucerchiati nella storia si chiamava Barcellona. Non un Barcellona qualsiasi, ma quello guidato da Cruijff in panchina e con nomi come Guardiola, Laudrup, Stoičkov e Koeman in campo.
Più volte Vialli sfiora il vantaggio doriano, ma la porta di Zubizarreta sembra stregata. Così come la palla che su punizione Koeman calcia alle spalle di Pagliuca al 112° minuto del secondo tempo supplementare, consegnando la prima Coppa continentale agli spagnoli. Fu l’inizio dell’epopea dei blaugrana e, in qualche modo, la fine di quella sampdoriana.
La “quasi” impresa del Bologna di Mazzone
Il 1999 è l’anno in cui il Parma conquista la sua seconda Coppa Uefa, ma in quello stesso torneo abbiamo rischiato di vedere una finalissima tutta emiliana davvero storica. Il Bologna di Carletto Mazzone si ferma infatti a un passo dall’impresa.
I felsinei sono da poco risaliti dall’abisso del fallimento societario e della retrocessione in Serie C, ma devono sopperire all’addio di Ulivieri in panchina e soprattutto di Roberto Baggio passato all’Inter proprio prima dell’estate. Il presidente Gazzoni mette comunque a segno un buon colpo affidando alla solidità di Mazzone la panchina e all’estro di Beppe Signori l’attacco.
Scelta che si rivela vincente anche in Europa, dove il Bologna accede grazie alla vittoria nelle qualificazioni estive dell’Intertoto. Poi è il fattore campo a consentire di approdare fino alla semifinale: dopo aver eliminato agevolmente Sporting Lisbona e Slavia Praga, il Bologna domina tra le mura amiche sia il Betis Siviglia (4-1) sia il Lione (per 3-0). Poi pareggia a reti inviolate a Marsiglia e si ritrova a giocarsi la qualificazione alla finalissima in casa.
Il Dall’Ara è una bolgia, ed esplode quando al 18° minuto l’idolo Paramatti mette a segno il gol del vantaggio e della possibile qualificazione. Il duo svedese del Bologna (Ingesson-Andersson) ci mette la fisicità, Marocchi regala buone geometrie a centrocampo, mentre Fontolan è una spina nel fianco della difesa francese.
Il Bologna domina il primo tempo, ma nella ripresa i marsigliesi non potendo avere la meglio sul piano tecnico-tattico, alzano i toni dello scontro mettendola in bagarre. Cinque ammoniti tra i francesi e un gioco sempre più falloso fanno perdere il filo del gioco ai felsinei, che non riescono a chiudere la gara.
E l’epilogo è di quelli che fanno male. Manca un solo minuto alla fine della partita, il Marsiglia lancia il pallone alla disperata nell’area del Bologna e Ravanelli finisce a terra. E’ rigore. Blanc dal dischetto con freddezza infila Antonioli e condanna i rossoblu all’eliminazione con tanto di rissa finale nel tunnel per gli spogliatoi (Dugarry, ex-Milan, prenderà ben 5 giornate mentre vennero squalificati per la finalissima contro il Parma anche altri titolari come Jambay, Ravanelli, Gallas e Luccin). Ma nei libri di storia, le decisioni del giudice sportivo contano poco.
Il Vicenza di Guidolin
E a un passo dal sogno di portarsi a casa una storica Coppa delle Coppe, arrivò anche il Vicenza di Guidolin nel 1998. Dopo aver vinto l’anno prima un altrettanto storica Coppa Italia nella doppia finale contro il Napoli (si giocava in andata e ritorno e i veneti ribaltarono l’1-0 dell’andata con due gol al ritorno), la cavalcata europea iniziò ai sedicesimi di finale, dove un 3-1 complessivo eliminò il Legia Varsavia.
Negli ottavi fu la volta dello Shakhtar Donetsk, non ancora quello odierno dei brasiliani, domato agevolmente con una doppia vittoria. Così come per il Roda nei quarti (9-1 il computo finale dei gol). In semifinale invece Guidolin si trovò di fronte il Chelsea allenato da Gianluca Vialli (nell’inedito ruolo di allenatore-giocatore in campo), ma nell’andata in veneto fu subito impresa con una vittoria firmata dal gol di Zauli che regalò il buono per un sogno ai tifosi bianco rossi.
Il ritorno a Londra ha ancora più dell’incredibile. Luiso al 32° porta in vantaggio il Vicenza che ora può davvero sperare nel miracolo (lo stesso Luiso sfiora poi anche il doppio vantaggio nel momento di imbarcata inglese). Ma dura soltanto tre minuti, il tempo che impiega Poyet per riportare in carreggiata il Chelsea sull 1-1 che comunque qualificherebbe ancora i veneti. Sarà poi Zola nel secondo tempo a spegnere ogni entusiasmo negli uomini di Guidolin che chiuderanno sul 3-1 finale dopo aver davvero coltivato l’idea della finalissima.
Il Chelsea poi si aggiudicherà la Coppa contro lo Stoccarda, ma per il Vicenza il bivio del destino era già segnato.