Tre giocatori su tutti vengono ricordati per la loro cattiveria in Premier League: Vinnie Jones, Roy Keane e Joey Barton. Se su i primi due sono stati scritti romanzi e in certi casi enciclopedie calcistiche, il terzo non ha ancora raggiunto gli altri, ma può considerarsi sulla buona strada.
Essendo più giovane dei “duri” per eccellenza del calcio oltre manica, Barton ha tutto il tempo per recuperare. Cattivo dentro e fuori dal campo, con il vizio dell’alcool e delle scommesse, ma profondamente preso dalle letture impegnate.
Joey Barton è tutto il contrario di tutto. Ribelle nell’animo, violento, ma allo stesso tempo dalla parte degli emarginati e degli omosessuali. Capace di picchiare un compagno di squadra o di spegnere una sigaretta sul volto di un giocatore delle giovanili del City, per poi mostrare il suo lato umano. Insomma, per la serie, non sarà mai una persona come le altre, Joe Barton che ha iniziato a bere a 21 anni, perché la paura di essere ceduto dal Manchester City lo metteva sotto pressione.
Dimmi da dove vieni e ti dirò chi sei
Joey Barton nasce nel 1982 in un contesto che definire difficile è dire poco. Il quartiere Huyton di Liverpool era all’epoca un accozzaglia di dormitori e palazzine per operai, del vicino distretto industriale. Con la progressiva chiusura delle industrie negli anni ’90, il quartiere stesso ha subito una trasformazione in positivo. Troppo tardi per Joey Barton, cresciuto all’ombra del vecchio quartiere: o duri per dettare legge, oppure troppo morbidi per subire.
Joey diventa un duro fin da piccolo, ma ha una dote fuori dal comune. Sa giocare a calcio e ben presto viene acquistato dall’Accademy dell’Everton, la sua squadra del cuore. Un talento come mediano, dove mescola quantità alla qualità. Su di lui mette gli occhi il Liverpool. Gli eterni rivali, il nemico mai ben visto dal piccolo Joey, il quale a malincuore accetta il passaggio. Se il calcio da una parte placa almeno inizialmente il carattere turbolente di Barton, dall’altra parte quando Joey torna a casa i problemi aumentano.
Cresce praticamente con il padre e con un nonno, mentre la madre saluta tutti e se ne va da casa, iniziando un’altra vita. Il nonno è la vera ancora di salvataggio per Barton: lui lo consiglia, lo educa, lo tiene a freno e lo aiuta a crescere.
Ma alla morte del nonno tutto quello che era rimasto sopito nel suo animo, verrà a galla tra un vagone di birra e infiniti shottini. Intanto la sua carriera da giocatore promette bene e seppur mollato dal Liverpool, Joey Barton viene acquistato dal Manchester City che a 20 anni lo fa debuttare in prima squadra.
Gli anni difficili al City
Quel Manchester City non è certo paragonabile a quello di oggi. Si tratta di un club che in versione montagne russe passa dalla premier League alla League One (terza serie) come se niente fosse.
È l’epoca dei “Vicini rumorosi” come li definì in maniera poco elegante Alex Ferguson. Brutti, sporchi e cattivi. L’ideale per uno come Joey Barton. Quest’ultimo fuori dal campo si lancia in letture impegnate: da Machiavelli ai filosofi dell’antica Grecia.
Un qualcosa di inedito per il target dei calciatori. Eppure Joey inizia a covare tante paure. Trema all’idea di sbagliare qualche partita, per poi essere ceduto dal City. Si rifugia nell’alcool e beve. Beve tanto, spesso da addormentarsi completamente sbronzo sul divano di casa. E il suo carattere violento emerge giorno dopo giorno. Ad un party natalizio del City, in completa sbornia, pensa bene di spegnere una sigaretta sulla guancia di un giocatore delle giovanili.
Poco tempo dopo manda all’ospedale il compagno di squadra Dabò, dopo averlo steso con un cazzotto in allenamento, rischiando di compromettere l’occhio dell’ex mediano di Lazio e Inter. Uscito di galera, una sera tornando da una festa, aggredisce un tassista e lo manda a sua volta all’ospedale. Infine, nella primavera del 2006, si prende anche un anno di squalifica per aver scommesso su ben 1.200 gare del calcio inglese negli anni precedenti. Insomma, l’opposto di quello che un professionista dovrebbe fare.
Spirito Libero
Nel 2007, alla naturale scadenza del contratto, il City e Joey Barton si separano dopo 10 anni fra giovanili e prima squadra. Una separazione inevitabile. Lo acquista il Newcastle e qui il buon Joey sembra trovare l’ambiente ideale. In fondo stiamo parlando di un signor centrocampista che spezza il gioco avversario e verticalizza con grande precisione. La partenza è ottima e vale anche la convocazione in nazionale. Un solo gettone e appena 12 minuti contro la Spagna in Amichevole, sembrano rilanciare la carriera dell’allora 25enne Barton.
Ma è un fuoco di paglia. Perché se dal punto di vista strettamente calcistico Barton è un pezzo da novanta, il carattere violento oscura le sue prestazioni.
Durante un Liverpool – Newcatsle da del gay a Fernando Torres. Polemiche, squalifiche e la tirata di orecchie di uno zio materno che ricorda la sua omosessualità al nipote. Joey si scusa dicendo di non aver mai saputo che lo zio fosse gay e così per molte gare indosserà i lacci arcobaleno alle sue scarpe da gioco. Cambia parere sull’argomento e dimostra con i fatti di difendere la comunità omosessuale, affermando che ogni spirito deve essere libero.
Libero come lui. Forse troppo, visto che l’acool abbonda, le risse pure e così nel 2011 il Newcastle lo spedisce a Londra, al QPR.
Qui Barton è l’uomo di spicco della squadra e aiuta i londinesi alla salvezza. Anche se nell’ultima giornata rischia di rovinare tutto. Il QPR sta vincendo 2-1 in casa del Manchester City. Un risultato che assicura la permanenza in Premier ai biancoblu, mentre la sua ex squadra sta regalando il titolo ai cugini dello United. Barton ad un certo punto, rifila un cazzotto a Tevez, ma viene visto dal guardalinee.
Quest’ultimo avvisa l’arbitro e arriva l’ennesimo rosso in carriera. Barton scalcia Aguero, poi litiga con mezzo City, cerca il testa a testa con Balotelli e alla fine esce. Il City vincerà 3-2 in maniera incredibile, assicurandosi un titolo che mancava da 44 anni e il QPR riuscirà a salvarsi, grazie alle mancate vittorie delle dirette rivali. La gara ovviamente è trasmessa da Sky in Italia e il mite Massimo Marianella al commento, si scatena verso Barton al momento del fattaccio.
Marsiglia e il declino
Dopo l’esperienza londinese, le porte del calcio inglese si chiudono per Joey Barton.
La sua fama di cattivo e violento precludono altri approdi al di la della manica e allora, con la compagna e la figlia da poco nata, Barton nell’estate del 2012 va al Marsiglia. Una delle città più particolari della Francia e che probabilmente meglio rappresenta il carattere del mediano. Si stabilisce a 20 km dalla città, in un villaggio di pescatori, dove Joey sembra trovare se stesso. La presenza della famiglia lo aiuta e le letture impegnate lo riconciliano con il mondo.
Dopo 25 presenze e zero gol, a distanza di 12 mesi dalla sua partenza, Barton torna al QPR. In due stagioni mette assieme oltre 60 presenze e segna 4 reti. Passa un anno da Burnley e poi nell’estate del 2016, a 34 anni, si gioca l’ultimo asso nella manica. Approda ai Rangers Glasgow. Ma tra infortuni e problemi con l’allenatore mette assieme 5 presenze, prima di tornare a chiudere la carriera nel Burnely.
Nel 2018 appende gli scarpini al chiodo e passa dal campo alla panchina. In estate viene messo sotto contratto dal Fleetwood Town. In queste due stagioni, prima dello stop per pandemia, la squadra raccoglie risultati soddisfacenti, con Barton che si prende i complimenti dagli addetti ai lavori.
C’è però una macchia scura in questa sua prima avventura da allenatore.
Il 13 aprile 2019, in seguito a una sconfitta in trasferta con il Barnsley, la polizia del South Yorkshire ha aperto un’indagine, dopo che Barton avrebbe attaccato l’allenatore avversario Daniel Stendel nel tunnel degli spogliatoi. Nel luglio successivo, Barton è stato accusato di aver causato lesioni facciali a Stendel ed è tornato in libertà su cauzione fino al 9 ottobre. L’ennesimo capitolo di una fedina penale travagliata come la sua esistenza.