Ci sono stati anche dei bei momenti. Di bellissimi, momenti. All’interno della sua storia relativamente recente, dentro il cuore del Grifone, resiste un’epoca ricordata a occhi chiusi, quelli dei sogni. In tanti, dalle parti di Marassi, vanno con la memoria al Novanta. Al Novantuno. Al Novantadue. Un paio di annate in cui il Genoa arrivò a frapporsi tra le grandi potenze europee, conquistando le semifinali di Coppa Uefa (oggi Europa League) dopo un’eccellente stagione nel campionato 1990—91, quarti a fine stagione.
Eppure, l’anno prima era andato tutto storto: un solo lungo separò una salvezza stentata da una profonda depressione. E no, all’apparenza le cose non sembravano cambiare. Tutt’altro. Una sconfitta in Coppa Italia contro la Roma e la tifoseria esplosa, in mille pezzi e posizioni. L’allenatore dell’epoca, Bagnoli, litiga con i supporters che pretendevano di vincere il derby, da 13 anni praticamente utopia, mai tornato tra le grinfie del Grifone. Ma Bagnoli, che di personalità ne aveva da vendere, che la vecchia scuola l’ha praticamente scolpita, affronta la curva, difende i giocatori. Sostenendo che quel tipo di ‘esigenze’ fossero semplicemente vergognose. Mai nessuno ebbe il coraggio di contestare, nella lunghissima storia della società, in questo modo i propri tifosi.
Dalle stalle…
Gli animi erano caldissimi. Bollenti. Ma il destino mise la freccia e cambiò rotta. Arriva il Derby, davanti c’è una Sampdoria fortissima, con giocatori formidabili e una storia ormai arricchita delle loro speranze. In quella stagione, i doriani arrivarono a vincere il primo e unico scudetto; ma vince il Genoa. Vince 2-1, con un gol del genovese e super tifoso rossoblù Stefano Eranio e una punizione pazzesca dello specialista Branco. La partita, per tutta la carica emotiva che aveva, è uno dei ricordi più belli che ancora oggi i tifosi genoani conservano.
E’ una boccata di ossigeno purissima. Che aiuta a prendere il volo. Come accennato poco prima, di mezzo arriva pure a mettersi la Coppa Uefa: il Genoa ci arriva dopo aver raggiunto il quarto posto con una vittoria pazzesca contro la Juventus. Le toglie lo spicchio d’Europa per la prima volta da tanto, tantissimo tempo.
La grande stagione del campionato 90-91 e tutto ciò che accadde dopo aver ottenuto l’Uefa si spiega solo con una comoda verità: il Genoa fece tanto sul mercato e altrettanto in campo. Era uno squadrone. Giocatori stranieri e di qualità come l’uruguaiano Carlos Patito Aguileira, il ceco Tomas Skuhravy o il brasiliano Branco. Tremendi. Poi c’erano chiaramente gli italiani: Vincenzo Torrente in primis, il gran capitano, la storia e la forza di un giocatore come Gianluca Signorini. Un simbolo del Genoa, che soltanto in seguito avrà il riconoscimento che ha sempre meritato.
Gli eroi di Anfield
Con quei giocatori, oltre al resto di una squadra che si spendeva bene e ovunque, per la prima volta il Genoa partecipò a una competizione europea. Debuttò contro il Real Oviedo de Espana, dove perse nella gara d’andata per 1-0. Il ritorno a Marassi? Due gol di Skuhravy, che all’epoca veniva trattato da pazzo totale. In senso buono. La partita finì 3-1, il Grifone volava al turno successivo, ai sedicesimi di finale dove avrebbe incontrato la Dinamo Bucarest. Stesso risultato all’andata a Marassi, in Romania invece arriva un pareggio per 2-2.
Dopo venne la Steaua Bucarest. Stesso viaggio, ma profondamente diverso. Anche perché meglio di così non poteva andare davvero: gol di Skuhravy in trasferta che vale un 1-0 già pesantissimo. Risultato identico al ritorno, stavolta con la prodezza del Patito Aguilera. Spettacolo.
Insomma, la situazione si stava ponendo al limite della perfezione. Il Genoa entrava ai quarti di finale, dove avrebbe dovuto affrontare un top club come il Liverpool. Una squadra per la quale i genoani hanno sempre avuto simpatia, con la quale vige ancora oggi un’amicizia che non ammette fazioni, parzialità.
Ci siete? La gara d’andata si gioca al Luigi Ferraris e il Genoa la vince per 2-0. Un memorabile gol su punizione di Branco, forse uno dei più belli su calcio piazzato dell’intera storia del calcio. Subito dopo, Anfield. I brividi, di Anfield. C’era da andare in Inghilterra a difendere il risultato con le unghie, con i denti. Un vantaggio che fu decisivo: al ritorno accadde ciò che nessuno s’aspettava, una vittoria per 2-1 con due sigilli del Patito. Le porte delle semifinali si spalancavano con fare incredulo, ma concreto.
Ad un passo dal sogno
Conoscete la sensazione della gloria? Tutto va al rallentatore. E’ l’unico attimo che s’accorge d’essere momento: non perché fugge, ma perché si differenzia da tutti gli altri. E quella fu gloria, per il Genoa e per il tifo genoano. E per l’Italia, chiaramente: non era mai capitato che una squadra italiana vincesse ad Anfield Road, la casa del Liverpool. Mancavano due turni prima di alzare quella preziosissima e agognata Coppa: stavolta, davanti si affacciava l’Ajax di Van Gaal. Giocatori come Frank De Boer, Bergkamp. E solo per citarne alcuni.
3-2 per gli olandesi a Marassi: una gara che i cuori forti seppero reggere, tanti altri no. All’allora Olimpico di Amsterdam, il Genoa alza la testa e trova un incredibile vantaggio: segna Iorio e il vento sembra esser cambiato. Poco dopo, Bergkamp pareggia e sentenzia il doppio incontro. Va l’Ajax in finale, a giocarsela col Torino e a vincere l’ennesima coppa della sua grandissima storia.
Fu questa, senza il minimo dubbio, senza la più piccola ombra, la migliore versione del Genoa del post-guerra. Con giocatori internazionali e fedeli servitori dell’azzurro, ma soprattutto identificati con il club, con la sua storia, con quel Grifone che volava costantemente alto d’orgoglio. Una combinazione letale, sommata alla personalità dell’allenatore Bagnoli. Lo sapete, no? Fu lui a portare l’Hellas Verona a vincere lo scudetto qualche anno prima. Un personaggio carismatico, che vinse la Fossa e che lo fece senza lamentarsi. Portando al tavolo soltanto sogni compiuti. O quasi.