Di figure che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del campionato professionistico americano di pallacanestro, ve ne sono a centinaia.
Quelli che invece hanno cambiato il percorso di quella stessa storia, si possono contare sulle dita di una mano e uno di questi è certamente Julius Erving.
Il mito di “Dr J”
Coloro che hanno avuto la fortuna di vedere giocare dal vivo un giocatore come Julius Erving, concordano nel descrivere l’atmosfera che si creava nei palazzetti di allora, già nel momento in cui scendevano in campo le squadre per il riscaldamento, uno spettacolo nello spettacolo.
Gli occhi degli spettatori erano tutti per lui ed Erving li ripagava fornendo uno spettacolo di leggiadria, grazia e potenza fisica, mai vista in nessun’altra arena dedicata al basket.
Julius nasce il 22 febbraio del 1950 a East Meadow, nell’isola di Long Island, stato di New York.
La sua prorompente classe venne fuori fin dai primi anni in cui cominciò a tirare il pallone a spicchi ad un canestro, ma il gap che lo separava dal “resto del campo” si manifestò alla Roosvelt High School, dove si dice ebbe origine anche il suo soprannome, “Doctor J”.
La ragione principale di tale vezzeggiativo è sconosciuta ai più, si sa solo che alcuni compagni di High School lo chiamavano “il Professore” e quel piccolo nomignolo, più avanti negli anni, diventò “the Doctor”.
All’età di 18 anni, Erving, ignorato dalla maggior parte delle Università, decise di iscriversi alla University of Massachusetts, dove affinò la sua tecnica e giocò due stagioni prima di diventare “senior”.
La sua media di 32 punti e oltre 20 rimbalzi non passò questa volta inosservata e da quel momento nacque il suo mito.
La prima squadra all’ABA
Abbandonato il Massachusetts dopo appena due anni e mezzo, Erving si accasò ai Virginia Squires nel 1971, con lo status di “undrafted free agent”.
Gli “Squires”, franchigia della American Basketball Association, militarono per una decina di anni in quella che all’epoca cominciava ad entrare in forte rivalità con l’altra realtà del basket professionistico americano, la NBA.
Durante quei 10 anni, i Virginia Squires cambiarono diverse volte nome e città di appartenenza, ma se dobbiamo trovare un giocatore che rappresenti in pieno il passaggio tra le due dinastie e la fusione di fine anni 70, quel giocatore è proprio Julius Erving.
Gli inizi nella NBA
Dopo una stagione passata a Virginia dove si fece notare giocando con una media di 27 punti a partita, il debutto di “Dr J” nella lega NBA fu abbastanza tormentato.
Venne scelto al draft dai Milwaukee Bucks alla chiamata numero 12, ma Erving firmò un pre-contratto con gli Atlanta Hawks e lì si trasferì per giocare la pre-season.
La sua precedente squadra che ancora faceva capo all’ABA, i Virginia Squires, depositarono un’istanza in tribunale chiedendo che fosse vietato a Erving di giocare nella NBA, istanza accolta dai giudici.
Giocata la stagione 1972/73 con Virginia, Julius si trasferì ai New York Nets dove vinse ben due titoli nelle le stagioni 73/74 e 75/76, quando diventò entrambe le volte MVP.
L’ultimo anno della sua permanenza nell’ABA, il 1976, è anche quello che viene ricordato da tutti come il primo in cui venne organizzata una gara delle schiacciate, l’ABA Slam Dunk, vinta, neanche a dirlo, proprio da Julius Erving.
Il passaggio ai 76ers
Con fortissimi problemi di liquidità, i Nets decisero di lasciare spazio a Erving e alla ormai prorompente forza economica della NBA, vendendo il loro gioiello ai Philadelphia 76ers per 3 milioni di dollari, decretando con quel passaggio la fine dell’ABA e la successiva fusione con la National Basketball Association.
In quegli anni la NBA pose le basi per diventare quello spettacolo che tutti noi oggi conosciamo, ma per tale spettacolo, oltre che per un’organizzazione meticolosa e un sempre maggiore appeal esercitato dal numero di franchigie arrivate dall’ABA, la NBA lo deve grazie ai campioni che l’hanno popolata tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80.
Lo stesso Erving, insieme a Larry Bird e Magic Johnson, approdati da “rookie nel 1979 rispettivamente ai Boston Celtics e ai Los Angeles Lakers, diedero lustro al decennio 80/89, anche se tutti riconoscono a “Dr J” un raccolto in termini di vittorie decisamente inferiore rispetto a ciò che il nativo di Long Island aveva seminato.
Con lui i Sixers raggiunsero le finali nel 1977, perdendo contro Portland in gara 6 e, dopo due anni consecutivi in cui il cammino di Phila si fermò in semifinale, nel 1980 la squadra della città dell’amore fraterno venne ancora una volta sconfitta alle Finals proprio dai Lakers del rookie Magic…
La “Baseline Move”
Proprio in una delle partite di quella serie, per l’esattezza in Gara-4, Erving decise di incantare il mondo con la sua “Baseline Move”, un guizzo che gli permise di circumnavigare il ferro da una parte all’altra superando in galleggiamento tutti i difensori avversari per poi depositare la palla dalla parte opposta del canestro.
In seguito fu proprio Magic Johnson a ricordare quell’episodio, definendolo come qualcosa di straordinario, tanto che a qualcuno balenò l’idea di chiedere a Erving di ripetere quel gesto atletico, per avversari, compagni di squadra e per i tifosi.
Al termine della stagione 1980/81, i Sixers persero le Finali di Conference, contro i Boston Celtics, ma la sconfitta più cocente fu quella della stagione successiva, quando Erving e compagni persero le Finals ancora una volta contro Los Angeles, per 4-2 e la cosa fu vissuta dai tifosi di Philly come una specie di maledizione.
Finalmente l’anello
Ma non ci volle tanto perchè gli dei del basket riconoscessero al campione newyorkese quella gloria tanto sudata quanto meritata.
I Sixers si presentarono ai nastri di partenza della stagione 1982/83 con una fame agonistica senza precedenti e con un roster fortissimo, anche grazie all’inserimento del centro Moses Malone.
Chiusero la stagione regolare con un record di 65 vittorie e 17 sconfitte, per poi dominare da capo a piedi tutta la post season durante la quale “Dr. J” e compagni persero una volta sola, spazzando via i soliti Lakers con un clamoroso “sweep“, 4-0.
Il ritiro
Gli anni successivi, anche in virtù di una squadra rifondata, i Sixers non ottennero gli stessi successi degli anni precedenti, il mito di Julius Erving andava via via spegnendosi e fu dato spazio ad astri nascenti come Charles Barkley e Johnny Dawkins.
Erving si ritirò alla fine della stagione 1986/87, dopo quasi una ventina di anni di carriera professionistica, oltre 800 partite e più di 30.000 punti segnati tra ABA ed NBA.
Quello del 1983 rimane ancora oggi l’ultimo anello conquistato dai 76ers e i tifosi di Philadelphia, nonostante la dinastia Iverson, “The Process” e l’arrivo di campioni come Joel Embiid e Ben Simmons, ancora aspettano un periodo come quello targato “Dr J”.