E’ sempre bello – e probabilmente giusto – quando il più forte vince. Ma non è una legge scritta, non lo è per nulla nel calcio. Tra tutti gli sport di squadra, il football è quello che ha forse riservato più sorprese, più possibilità agli outsiders. Ha ribaltato gerarchie e scritte storie assurde: non solo in una gara secca da 90 minuti, in cui i valori si esauriscono e restano gli uomini (e con gli uomini la fortuna), ma soprattutto a lungo andare, a largo scorrere. Per intenderci, nei campionati. Corse a tappe in cui la rosa più forte ha maggiori possibilità di portare a casa il terreno. Spesso, la magia riesce a protrarsi fino alla fine, cambiando le facili previsioni della sorte.
Negli ultimi 40 anni non è successo poi così spesso, ma quando l’ha fatto è stata festa enorme. Perché tutti, in un modo o nell’altro, ci riconosciamo nel perdente che si rialza. Sogniamo quel momento; quando accade, lo facciamo nostro. Ecco 10 storie di resilienza, coraggio e soprattutto determinazione. 10 campioni contro ogni pronostico.
#1 Nottingham Forest 77/78
Consigli per la visione, in questi giorni di quarantena: ‘Il maledetto United’ è un film incredibile. Non solo per la storia, quanto per il racconto di un personaggio totale come Brian Clough. È lui, il protagonista anche di questa storia. E’ la stagione 1977-78, il Nottingham Forest sale fin su, in prima divisione. Alla prima annata dopo il ritorno tra i grandi, i Reds battono… i Reds. Cioè il Liverpool. E’ la grande rivincita di Clough, nel ’75 ingaggiato dal Nottingham dopo i 44 giorni da manager del grande Leeds United. Lo prende dal nulla, quel club. Gli regala tutto.
#2 Verona 84/85
35 anni fa. L’Hellas Verona conquistò il primo e unico scudetto. Un successo che partì da lontano: dalla promozione in A di qualche anno prima, dalla conferma di una squadra solida ma con individualità pazzesche. E poi da Osvaldo Bagnoli: come in tutte le imprese, c’è il mister in copertina. Del resto, fu lui a far coesistere il talento di Antonio Di Gennaro e gli affondi di Nanu Galderisi. E fu proprio Di Gennaro a sentenziare quella che fu per tutti la partita scudetto: non una vittoria, ma un pareggio. A Torino, contro la Juventus. Alla fine, decisivo ancora un altro pari, segno di una squadra che non aveva per nulla intenzione di mollare: Larsen, al 51′, dopo il vantaggio dell’Atalanta. Esplode l’Italia.
Leggi qui tutta la storia di quel Verona campione d'Italia.
#3 Larissa 87/88
Olympiacos, Panathinaikos, AEK, PAOK. Nominando il calcio greco, anche ai più esperti può sembrare difficile ricordare oltre le prime quattro squadre citate in precedenza. Eppure, c’è una storia nascosta alle spalle del Peloponneso che fa rabbrividire, ma in senso buono. Del resto, l’epica greca è una materia ancora oggi studiata nelle scuole: ecco, andrebbe raccontato anche lo ‘scudetto’ del Larissa.
Nasce tutto in un’estate complicata: Parafestas e Andreoudis avevano rotto i contratti, il top player Plitsis era finito all’Olympiakos. Rimaneva una giovane speranza: quel Karapialis a cui oggi dedicano ancora decine di cori. Una stagione netta, ma con tanti patemi: il 16 marzo 1988, l’AEL viene penalizzato di 4 punti per l’assunzione di codeina da parte dell’attaccante Tsingov. Insurrezione dei tifosi: strade bloccate e Larissa messa a soqquadro. La risposta della Federazione? Far rientrare il caos. E quelle quattro lunghezze. Che saranno determinanti, soprattutto alla penultima giornata: vittoria contro l’Iraklis e storia fatta. Nessuno, oltre le prime quattro squadre citate, ci era mai riuscito.
#4 Tauryia Simferopol 1992
C’è un prima e dopo il titolo del Tauryia. Nel 1991, l’Unione Sovietica si dissolse; un anno dopo, il Tauryia Simferopol fu incoronato primo, vero campione della lega indipendente d’Ucraina. 10 squadre a comporre il campionato, 18 giornate da marzo a giugno: semplicemente il Simferopol non sbagliò (quasi) nulla, perdendo soltanto una partita. 28 punti tondi, 26 lo Shakhtar di Donetsk posizionatosi secondo.
#5 Kaiserslautern 97/98
C’è una frase di Gundogan molto semplice e molto bella, è tratta da ‘All or Nothing’, il documentario che racconta il primo titolo del Manchester City di Pep Guardiola. Dice il tedesco: “Se non sei il Bayern Monaco, è molto difficile vincere un titolo in Germania”. Stando agli ultimi venti, forse trent’anni, ha ragione da vendere. Ecco perché l’impresa del Kaiserslautern, oltre alla doppia del Borussia Dortmund, oggi ci sembra enorme: nel 1998, la squadra di Otto Rehhagel fu semplicemente perfetta, e con la difficoltà aggiuntiva di disputare un campionato da neopromossa.
Avvio strepitoso (sconfitta solo all’ottava giornata) e al 26esimo turno sono già a +9 sulla seconda (il Bayern di Trapattoni). Per cinque partite, però, non riescono più a portare a casa i tre punti: i bavaresi si fanno sotto, quasi li superano nella gara contro il Borussia Mönchengladbach. Breve storia triste, per il Bayern: da 2-0, perderanno 3-2. Quel Kaiserslautern era semplicemente destinato a vincere.
#6 Genk 98/99
Solo dieci anni dopo la nascita, il Genk alzava al cielo un titolo totalmente insperato. La squadra, allenata da Anthuenis, promossa in prima divisione con Anthuenis, modellata a immagine e somiglianza di Anthuenis, in un anno ottenne tutto: il sogno di giocare tra le grandi, la coppa di lega belga e soprattutto il titolo di lega. Lo fece con i gol di Branco «Super» Strupar, il guineano Souleymane Oulare e quel genio in panchina. Che tradì, poi: a fine stagione, salutò tutti per andare dai nemici dell’Anderlecht.
#7 Boavista 2000/2001
Come in Grecia: se non vincono le prime tre della classe, allora è un evento. Niente Benfica, né Porto, e nemmeno Sporting. Nel 2001, trionfò il Boavista. Che sempre a Oporto si trova, che però è un quartiere. Per intenderci: è come se il Chievo vincesse lo scudetto con il Verona al secondo posto. Sarebbe pazzesco. Petit e il brasiliano Whelliton furono gli artefici di un miracolo sportivo, cucito match dopo match fino a quel Boavista – Desportivo Aves 3-0. Con tanto di episodio chiave e contraddittorio: decide Elpidio Silva, accusato di aver segnato di mano. Ma non interessa più a nessuno…
#8 Bursaspor 09/10
In Turchia, se si parla di calcio, è sempre qualcosa di epocale e importante. Adesso immaginate la vittoria del modestissimo Bursaspor nel 2010, mentre Fenerbahce e Galatasaray erano probabilmente al massimo della popolarità (e con giocatori importanti). Una lunga rincorsa, che inizia a farsi seria solo nel mese di aprile, quando il Bursa siede al top della classifica dopo aver lottato con Besiktas, Gala e Fener fino a quel punto.
Era la prima volta, non si schioderà fino a cinque settimane prima. Il Fenerbahce superò la squadra di Saglam, che mantenne però il rendimento. All’ultima gara, il Bursa era solo un punto dietro il Fener: doveva battere il Besiktas e sperare di ottenere un risultato migliore dei gialloblù impegnati in casa del Trabzonspor. Bursaspor-Besiktas 2-1; Trabzonspor-Fenerbahce 1-1. Incredibile.
#9 Montpellier 11/12
Prima del dominio del Paris, c’è stata una squadra forte, spavalda e soprattutto coraggiosa. Fu il Montpellier di René Girard, che riuscì a battere il PSG di Carlo Ancelotti. E pensare che nel 2011 era una semplice squadra, quella guidata dal patron Louis Nicollin: si era appena risollevata da un momento quasi catastrofico e veleggiava a centro classifica ricordando i fasti di Valderrama, Cantona e Blanc. Nel 2011, addirittura quattordicesimi. Nell’anno successivo, grazie a Younes Belhanda e Olivier Giroud, portano a casa un titolo costruito pian piano. Avvio speedy e Psg subito alle calcagna: al giro di boa è +3 per Carletto. Nel ritorno, il Montpellier è un rullo compressore: vince e va fortissimo. 45 punti in più, con l’aggancio fissato alla 29esima giornata: il Psg pareggia male con il Bordeaux, Giroud segna all’ultimo regalando la vittoria contro il St Etienne.
#10 Leicester 15/16
Semplicemente, la più grande impresa del calcio moderno. Il Leicester vince la Premier League dopo una stagione praticamente irrealistica, eppur concreta. Alla guida, l’italiano Claudio Ranieri, tra i più papabili all’esonero secondo i bookmakers d’inizio stagione. Un inizio incredibile, un paio di cadute e tante, tantissime vittorie importanti. Quella contro il Chelsea, tutta in contropiede; contro lo United, poi, che singhiozzava negli ultimi istanti di era Van Gaal. Contro l’Arsenal di Wenger, che a un certo punto si è trovata favorita: situazione rara, a parte il periodo degli ‘invicibili’. Tutto nel segno di Jamie Vardy: 28 anni, autore del record di 13 gol in 13 partite (solo van Nistelrooy ci era riuscito, nel 2003 con i Red Devils). E anche in quello di Ryad Mahrez, di N’Golo Kanté, di Danny Drinkwater. E di Ranieri, sì, il più felice di tutti in quel lunedì 2 maggio del 2016: una vita da comprimario, una stagione da mito assoluto.