È il 24 aprile del 1992 quando, su Repubblica, spunta una notizia che presto inizia a rimbalzare un po’ ovunque, dai primi programmi televisivi dedicati al calcio ai quotidiani di approfondimento sportivo. Il portavoce italiano della FIFA, Guido Tognoni, annuncia a reti unificate nuove regole «intese a ridurre gli espedienti atti a perdere tempo e ad incrementare le fasi di calcio giocato durante le partite.»
Detto con termini più semplici, il portiere, dalla stagione ventura, non potrà più raccogliere con le mani un retropassaggio effettuato con i piedi da un proprio compagno di squadra. È una vera e propria rivoluzione, ma ancora nessuno in Italia può immaginare gli effetti di quel cambiamento, a tutta prima meramente teorico.
La stagione 92/93, invece, verrà ricordata come una delle più prolifiche di sempre nel nostro calcio, con punteggi che riportano alla memoria le antiche, e aristocratiche, partite degli anni ‘30/’40 e ’50. Saranno in tutto 858 i gol (2,8 per incontro), molti dei quali sublimi e indimenticabili.
Tattica, regole e mercato: la pioggia di gol del 92/93
Il contesto, però, è completamente diverso. Nuove idee tattiche stanno fioccando in giro per il mondo, e un rivoluzionario, anzi un eretico, come ama definirsi lui stesso, vaga per i campi del Belpaese portando la propria buona novella – buona per i tifosi rossoneri, meno per gli avversari. Parliamo, chiaramente, di Arrigo Sacchi. Insieme a lui altri due corsari sperimentano simili idee tattiche: sono il Parma di Nevio Scala e il Foggia dell’uomo venuto dalla Boemia: il Maestro Zdenek Zeman.
Ben 73 stranieri vengono ingaggiati nell’estate del 1992 dalle società di calcio italiane. Rimane il limite dei 3 per lista a partita, ma quello è il primo anno in cui l’invasione barbarica inizia a verificarsi consistentemente nel nostro sistema pallonaro.
Una delle regine di quel calciomercato è senza dubbio la Lazio di Sergio Cragnotti, che dopo aver acquistato l’estroso e completamente pazzo Paul Gascoigne, oltre all’olandese Winter, avrà dalla sua anche l’attaccante che più aveva stupito proprio al Foggia, l’anno precedente. È Beppe Signori. Attese non deluse, evidentemente. Signori segnerà quella stagione ben 26 reti, vincendo la classifica di capocannoniere e dando il là ai tifosi della Lazio per uno dei cori più celebri della storia: e segna sempre lui, e segna sempre lui, si chiama Beppe Signori.
La Juventus acquista David Platt e Andreas Möller, detto Andy, dall’Eintracht di Francoforte. Il Milan di Fabio Capello deve confermarsi. Oltre ai soliti noti, può vantare un giocatore talmente forte e irripetibile da avere come nomignolo quello di “genio”: Dejan Savicevic.
L’Inter di Osvaldo Bagnoli, storico vincitore dello scudetto con l’Hellas di qualche anno prima, può contare su due innesti di tutto rispetto, provenienti dalla Juventus: Schillaci e De Agostini. Ma non solo. Dalla Lazio arriva Ruben Sosa, dalla Stella Rossa il più splendente dei talenti macedoni: Darko Pančev, una vera e propria meteora in maglia nerazzurra.
C’è poi la Fiorentina, che merita qualche parola a parte. La formazione allenata da Radice può contare su un’ottima rosa e su un fuoriclasse assoluto in attacco: l’argentino Gabriel Omar Batistuta. La squadra è forte, e il rapporto tra Mario Cecchi Gori e la piazza sembra promettere grandi cose. Ma il destino strappa ai tifosi viola il sogno, quando il patron muore improvvisamente. Il figlio, Vittorio, fa il resto: esonera Radice e disperde così un patrimonio costruito con ottime sessioni di mercato, continuità tecnico-tattica di progetto e fiducia reciproca tra gruppo squadra e piani alti. La Fiorentina, al termine di quella stagione, finirà addirittura in Serie B. Insieme a lei, Brescia, Pescara e Ancona, quest’ultima alla prima storica partecipazione nel nostro massimo campionato.
Gol a getto continuo
La prima giornata già regala grandi emozioni, anche se non mancano gli 0-0 (come quello tra Cagliari vs Juventus e Napoli vs Brescia). Il gol di giornata lo sigla Abel Balbo, che poi scherza al termine di Udinese 1-0 Inter: «Chissà quante schedine ho fatto saltare oggi».
La vera sorpresa arriva però da Roma, dove i giallorossi perdono in casa col Pescara di Giovanni Galeone. Il Foggia, pur dando prova della propria forza, non riesce a battere un Milan corsaro, che dopo due giornate appare già come la squadra più solida e forte del campionato. Soprattutto in virtù della straordinaria vittoria col Pescara, squadra rivelazione.
La formazione di Galeone, che ha in Allegri il suo fulcro di gioco a centrocampo, gioca una partita memorabile, passando in vantaggio dopo 1’ proprio con Allegri. Maldini e Lentini la ribaltano in due minuti, e siamo solo al quinto di gioco, ma due incredibili autoreti di Baresi al 12’ e al 14’ portano nuovamente avanti il Delfino, 3-2 dopo neanche 15’. Al 23’ Massara fa addirittura 4-2, lasciando il pubblico senza fiato. Mai vista una partita così nel nostro calcio. Il Milan, scioccato ma consapevole delle occasioni che lascia dietro il Pescara, va sul 4-3 al 37’ e sul 4-4 al 39’ con Marco Van Basten, due volte impeccabile davanti al portiere. 4-4 a fine primo tempo. Il Milan, con una prova solida e meno folle del primo tempo, riuscirà nella ripresa a vincere 4-5 ancora con un gol del Cigno di Utrecht. Invincibili, titolerà Gazzetta, vedendoci lungo.
Anche perché quel Milan ha praticamente due squadre in rosa. Non è un caso se sarà proprio Capello ad introdurre quell’anno un termine oggi consueto: turnover. Difficilmente giocano sempre i soliti 11. Solo per parlare dell’attacco, per don Fabio sono tre i posti per sei uomini: van Basten, Gullit, Rijkaard, Papin, Boban, Massaro e Savicevic. Trovate un pacchetto offensivo più forte nella storia. Il 4 ottobre il Milan ne rifilerà addirittura 7 alla Fiorentina. Il protagonista di giornata sarà Ruud Gullit.
Fioccano le reti, un po’ ovunque. È proprio in quella giornata, la quinta, che si registra il record di gol in una singola giornata nel nostro campionato: sono 48 le reti segnate.
Il record di 42 perdurava dal 1930. È una cifra storica, sicuramente favorita dal match del Franchi, ma al quale vanno aggiunte anche le partite delle cosiddette provinciali. Su tutte Genoa-Ancora 4-4 e Brescia-Foggia 4-1. Ci mette del suo anche la Vecchia Signora, che con un Vialli in grande spolvero viola il San Paolo con un rocambolesco 3-2.
Il Milan domina, le altre ci provano
E l’Inter? È lì, a 7 punti come il Toro e la Juventus, a una sola lunghezza dal Milan dopo 5 giornate. Il suo calcio non entusiasma, ma è concreto, e può contare sulla resurrezione di Totò Schillaci, sulla grinta di Ruben Sosa e l’estro di Igor’ Šalimov. I nerazzurri sono però discontinui.
Ne prendono quattro dalla Roma, poi vincono 3-1 contro la Juventus nel Derby d’Italia, ma intanto i cugini rossoneri sono già in fuga. Alla tredicesima giornata il Milan è già ad 8 punti di vantaggio sull’Inter, sul Torino e sulla Fiorentina, che sostituisce Radice con Agroppi, scivolando pian piano verso la Serie B.
Alla fine del girone d’andata le lunghezze rimangono le stesse tra la prima e la seconda, ma la terza è una sorpresa assoluta: è l’Atalanta di Marcello Lippi. Un’altra bella conferma arriva dalla Sampdoria, che ha perso Vialli (alla Juventus) e Boskov (alla Roma, stagione più che deludente peraltro), ma che ha ingaggiato Jugovic, fenomenale centrocampista, Corini e Bertarelli, il bomber del futuro.
A guidarli c’è Roberto Mancini, il vero leader del gruppo. La formazione allenata da Eriksson ne rifila 4 al Genoa nel derby della Lanterna, finito 4-1, e a novembre si parla dei blucerchiati come dei possibili antagonisti del Milan. Il Brescia, che pure alla fine non riuscirà a salvarsi, gioca un ottimo girone d’andata, sotto la sapienza tattica di Lucescu e il talento stratosferico di George Hagi.
A proposito di talento. Il 1° novembre Baggio da una parte, contro l’Ancona, e Van Basten dall’altra, al San Paolo col Napoli, regalano spettacolo a suon di reti. Ne segnano quattro, addirittura. A fine partita, al momento delle interviste, si scambiano i saluti e i complimenti come fossero due vecchi amici: sono semplicemente due dèi del pallone scesi in terra.
Che purtroppo non si incontrano nel primo scontro diretto vero e proprio. Baggio è assente per problemi fisici, e il Trap, pur puntando su Moeller, non avrà gli stessi risultati. 1-0 per i rossoneri il punteggio finale, decide Marco Simone al minuto 69. È un primo e deciso allungo dei rossoneri, ormai imprendibili. Lo sa bene Trapattoni, che dopo aver perso anche con Fiorentina e Foggia, davanti alle telecamere quasi getta l’arma: «Non è addio Milan, perché significherebbe arrendersi, ma di certo è un arrivederci».
Nella pioggia di gol l’Inter prova la rimonta
Nel 1993 la Domenica Sportiva taglia il traguardo dei 40 anni, ma ci lascia Gianni Brera, scuotendo il mondo del calcio e quello della cultura italiana in senso lato.
Il 31 gennaio ricomincia il girone di ritorno, ma i 31 punti conquistati dal Milan (sui 33 disponibili) fanno presagire un copione già scritto. Alla vigilia della 22° di campionato, i rossoneri hanno già 10 punti di vantaggio sull’Inter. Si fa notare Ravanelli, che alla prima stagione con la Juventus confeziona un buon numero di reti.
Risale la Lazio di Dino Zoff, che è adesso una squadra equilibrata e solida, che davanti, grazie alle giocate di Gascoigne e Signori su tutti, riesce anche a regalarsi qualche risultato di prestigio. Fuser è la vera sorpresa, la sua è una stagione incredibile. Mentre il Milan, anzi Savicevic, fa a pezzi la Fiorentina, tra Juventus e Napoli si gioca una partita memorabile, finita 4-3 per i bianconeri. L’Inter si ferma a Bergamo, 1-1 con l’Atalanta di Lippi. Sono dunque 11 i punti di vantaggio del Milan sui nerazzurri. La volata è iniziata a settembre, ma ora sembra confermata.
La vera notizia arriva però il 23 marzo quando il Parma di Scala sbanca San Siro, fermando a 58 risultati utili consecutivi l’impressionante striscia dei rossoneri. Decide un gol strepitoso di Asprilla da calcio di punizione. L’altra grande sorpresa arriva al Delle Alpi dove l’Inter di Bagnoli batte la Juventus: non accadeva da quasi 30 anni, non accadeva dai tempi del Mago Herrera.
L’Inter spera in un riavvicinamento, perché non ha ancora mollato la presa, ma non va oltre il pareggio nel derby della vigilia di Pasqua e, pur vedendo proseguire la crisi di risultati dei rossoneri, battuti in casa dalla Juventus per 3-1 la domenica successiva, potranno solo avvicinarsi ai rossoneri, che chiuderanno a +4 dai cugini.
Terzo il Parma, che conferma il proprio status di grande a livello europeo con la vittoria della Coppa delle Coppe a Wembley. Quarta la Juventus, quinta la Lazio e sesta, al sorprendente piazzamento europeo, il Cagliari di Mazzone.
Fuori dall’Europa finiscono dunque la Sampdoria, deludente dopo i buoni propositi del girone d’andata, l’Atalanta calata nel finale e il Torino di Mondonico, col patron Borsano costretto a vendere a fine stagione per problemi societari. Nonostante la sostituzione di Agroppi con Chiarugi, la Fiorentina non riuscirà a salvarsi.
Con lei, come detto, Brescia, Ancora e Pescara, che pure si tolse la soddisfazione di battere la Juventus alla penultima per 5-1. La stagione dei gol, fino alla fine.