«Amo talmente tanto la Germania che vorrei ve ne fossero sempre due»
Giulio Andreotti, 1984
Questa Sobria esclamazione del pluripresidente del consiglio Giulio Andreotti è lo specchio fedele del sarcasmo venato d’antipatia che scorre tra Italia e Germania. Corre l’anno 1984 e il Muro separa a metà, rendendola dunque debole, la Germania dell’epoca.
La storia della rivalità tra Italia e Germania ha origini non catalogabili in un singolo evento storico. Per ripercorrerla e capirne le origini, si devono almeno citare un episodio fondamentale – come riportato dal bell’articolo di Dario Saltari su Ultimo Uomo: l’affissione delle celebri 95 tesi di Martin Lutero, affisse sul portone della chiesa di Wittenberg il 10 novembre del 1517.
Non entriamo sul contenuto delle tesi, perché qui non ci interessa. Ci limitiamo a constatare come la chiesa di Roma, figlia e insieme padrona della chiesa cattolica, sia per Lutero il male da cui la chiesa, in generale, deve liberarsi per tornare ad una purezza ormai contaminata e perduta integralmente.
Le radici di una rivalità extra-calcistica
Qual è il punto? La rivalità tra Italia e Germania. Lutero, accusando la chiesa di Roma, non fa che mettere a nudo un fatto in lui rafforzato da una fede incontrollabile: l’Italia, di cui la chiesa di Roma sarebbe metonimia, è il paese del lusso, della lascivia, della sfrenatezza; soltanto in Germania, solo il popolo tedesco, può riportare il cammino del cristianesimo sulla retta via.
A ben guardare, però, Lutero non è che il massimo esponente di un conflitto che risale già all’antica Roma. Tacito, anno 98 d.C., pubblica il De origine et situ Germanorum. Di cosa si tratta? Di un testo celeberrimo, tradotto in italiano con Germania, nel quale lo storico latino mette in evidenza lo straordinario vigore delle popolazioni germaniche, resistenti al freddo e alla fame, dal carattere duro e dalla forza fisica prorompente; l’esatto contrario della Roma (già in decadenza) dell’epoca, lasciva, molle, lussuosa fino al ridicolo. È un tema che leggiamo anche in Lutero, ma in una prospettiva diversa, e a 1500 anni circa di distanza.
La Seconda guerra mondiale, con l’alleanza Hitler-Mussolini, sembra andare in controtendenza rispetto a questo filo rosso della rivalità tra Germania e Italia. La realtà dei fatti la conosciamo fin troppo bene: Hitler e Mussolini, tra i quali inizialmente vige pure un buon rapporto, di stima reciproca, si perderanno l’un l’altro per strada, perdendo l’uno e l’altro l’ultima grande guerra della storia mondiale. Cosa c’entra tutto questo col calcio?
Tutto e niente. Niente, perché la rilevanza storico-sociale di certi eventi è tale da far apparire il pallone come il riflesso opaco di un accadere secolare. Tutto, perché il calcio non fa che radicalizzare certi stereotipi, non fa che acuire certi dissapori antichi.
Prendete il cane più domestico che ci sia e fornitelo di un osso. Addomesticato ma mai completamente domo, il cane si metterà a cercare un posto sicuro dove sotterrare il proprio tesoro. Poco importa a che punto dell’evoluzione sia arrivato l’uomo. Poco importa l’antichità di certe scorie. La rivalità tra Germania e Italia vive, fortissima, anche oggi.
Basti vedere il modo in cui loro guardano noi – sempre dall’alto in basso – e il modo in cui noi guardiamo loro – a dire il vero, non li guardiamo se non per deriderli e ricordargli perché le mogli amano così tanto il nostro paese.
Sono quattro le partite memorabili in cui l’Italia, che sotto questo profilo non lascia spazio a interpretazioni di sorta, ha fatto fuori la Germania sotto il piano del risultato, del gioco, della partita.
La partita del secolo
La prima è senza dubbio quella che è stata rinominata, con tanto di targa fuori dall’Azteca, lo stadio dei Maya, la partita del Secolo.
Italia contro Germania. Risultato 4-3. Semifinale di Coppa del Mondo – che l’Italia perderà sotto i colpi del Brasile di Pelé. Al gol di Boninsegna all’8’ risponde Schnellinger al 90’, proprio sul più bello. I supplementari sono semplicemente inspiegabili, inspiegabilmente belli per noi italiani. Al gol di Muller dopo 4’, risponde Burgnich dopo altri 4’, al 98’.
Gigi Riva, Rombo di Tuono, riporta gli Azzurri in vantaggio al 104’ con un gol semplicemente straordinario: stop, rientro sul sinistro e staffilata sul palo lontano. Ma non è finita. La Germania ha ancora una carta nel mazzo: si chiama Muller, 3-3 al 110’.
Dopo solo un minuto, col fiato corto e la testa fra le nuvole, l’Italia riesce a percorrere lucidamente l’ultimo metro: 4-3 di Gianni Rivera, Golden Boy. Questa rimane forse la partita più emozionante tra Italia e Germania.
L’apoteosi «mundial»
Quella del 1982 è però la più lieta. L’Italia di Bearzot si presenta all’appuntamento finale contro i favori del pronostico. Dopo aver battuto un Brasile tra i più forti della storia verdeoro, gli Azzurri riescono nell’impresa di far fuori la Germania al Santiago Bernabeu.
Punteggio di 3-1, gara altrettanto emozionante. Al gol di Rossi (minuto 57) seguono il celeberrimo gol (più per l’esultanza che per la realizzazione) di Tardelli (al 69’) e quello, definitivo, di Altobelli (81’).
Il gol di Breitner all’83’ è se vogliamo ancora più estatico per noi italiani – come a segnare l’inutile diminuzione di uno scarto insormontabile. L’Italia è campione del mondo.
Padroni a casa loro
Se nel 1990 la Germania (Ovest) riesce ad alzare la Coppa del Mondo in casa nostra, la risposta degli Azzurri nel 2006 è ancor più eclatante. Se nel primo caso infatti le due squadre non si incontrano nel corso della competizione, in quest’ultimo è una partita a separarne i destini; è la semifinale del 4 luglio del 2006.
Ancora una volta, si decide tutto ai supplementari. La Germania sembra averne di più, è spinta dal pubblico di Dortmund, ma l’Italia quella sera è indomita, ha quello spirito che Tacito rimette al popolo germanico. Prima Grosso al 119’, poi Del Piero al 120’, consegnano gli Azzurri alla finale contro la Francia, vinta dall’Italia nella capitale tedesca, Berlino. Uno smacco senza precedenti e senza eguali.
La regola della semifinale
Se Italia-Germania del 2016 ci ha fatto piangere lacrime amare, rimane però un fatto: i tedeschi, nell’arco dell’intera partita, non ci battono mai.
È il 2012 e si gioca la semifinale di Europeo ucraino-polacco. Varsavia, 28 giugno. La Germania ha il pronostico dalla sua, ma l’Italia tira fuori quella grinta che fece dire a Churchill, un giorno: «Gli italiani fanno le guerre come fossero partite di pallone, e giocano a pallone come se andassero in guerra».
Un doppio strepitoso Balotelli, assistito da un Cassano in stato di grazia, ci consegna alla storia, almeno per una notte, facendo rispettare la regola che ci vede sempre trionfanti nelle semifinali contro i tedeschi.
Il 4-0 contro la Spagna in finale non cancella quell’impresa, impressa ancora nel cuore di tutti noi. In attesa di altre derisioni ai poveri crucchi.