Claudio Taffarel è pronto a rimettere la sfera in campo. Ancora non esiste il gioco da dietro, così il pragmatico portiere brasiliano opta per un comodo lancio lungo, scaricando la responsabilità di quel pallone sul Fenomeno Ronaldo, che prende posizione e conquista un calcio di punizione. Roberto Carlos attraversa il campo in diagonale chiedendo la sfera a Dunga, che gliela lascia con un pizzico di perplessità. Il terzino brasiliano, che ha appena conquistato la Liga spagnola con Fabio Capello allenatore al Real Madrid, raccoglie con cura il pallone, lucidandolo e coccolandolo con l’indice, il medio e il pollice delle due mani.
Poi lo posiziona sul punto di battuta comandato dal norvegese Nielsen, prende l’iconica rincorsa alla Roberto Carlos contando i passi alla bell’e meglio e si prepara al fischio del direttore di gara.
Barthez, portiere francese, posiziona davanti a sé quattro uomini in barriera, lasciando Deschamps leggermente defilato e staccato di qualche metro dal muro difensivo blue a difesa della porta. Conosce Roberto Carlos e sa che se ha preso il pallone con quella determinazione, se lo ha sistemato con tanta cura, è perché il terzino brasiliano ha in mente un unico intento: centrare la porta con quanta più potenza possibile. Il suo mancino è celebre in tutto il mondo, con l’Inter e col Real Madrid si è già fatto conoscere per le proprie doti balistiche, sia da fermo che in movimento, ma quello che sta per accadere è unico, irripetibile.
L’inspiegabile traiettoria
Minuto 22 del primo tempo. Il Tournoi de France, questa strana competizione a quattro squadre (Brasile, Francia, Inghilterra e Italia), è nella sua impostazione quella che sarà poi la Confederations Cup alcuni anni dopo, una sorta di torneo di preparazione al mondiale venturo, che infatti si terrà proprio in Francia nell’estate del 1998. È il 3 giugno del 1997 e il calcio sta per vivere uno dei suoi momenti più iconici.
La distanza è siderale. 35 metri separano il pallone Adidas Questra Apollo – il nome, se associato a questa punizione di Roberto Carlos, è tanto più curioso – dalla rete avversaria, difesa appunto da Barthez. La distanza che invece separa il terzino sinistro brasiliano dalla palla è ben più ampia rispetto a quella che separa quest’ultima dalla barriera francese: la rincorsa di Roberto Carlos parte praticamente dal centrocampo.
Concentriamoci sulla rincorsa: i piccoli scarpini neri targati Umbro accelerano freneticamente avvicinandosi alla sfera. Quello di Carlos sembra quasi uno skip basso, ma non sul posto, correndo. Dopo qualche metro Roberto prende velocità, eseguendo una falcata simile a quella dell’atleta che deve eseguire un salto in lungo. A circa due metri dalla palla, Roberto Carlos già carica il sinistro.
È una distanza importante, ma necessaria affinché si dia la potenza necessaria a dare effetto al pallone. Il tiro parte secco, fortissimo. Il pallone neanche si vede, in presa diretta. La sua velocità viaggia sui 115/120 km/h, e le immagini che catturano l’angolazione dalla tribuna non riescono a rendere l’effetto che sarà svelato solo dal replay.
Barthez cerca di seguire la sfera, ma rimane come scombussolato da quanto appena accaduto. Mentre arriva a fare il passettino verso il proprio palo sinistro, la palla è già entrata. Barthez, piegato con le ginocchia e lo sguardo perso, non riesce a spiegarsi quella traiettoria. La barriera, infatti, certamente scopriva la traiettoria del suo palo (il destro), ma chiudeva letteralmente ogni possibile entrata (perlomeno laterale) su quello sinistro.
Il punto è proprio questo. La traiettoria di Roberto Carlos non passa sopra la barriera, ma al suo fianco. Il giro dato al pallone è semplicemente paranormale. Dunga abbraccia il compagno sorridendo, scioccato anch’egli da quanto appena accaduto. Il pubblico applaude ma, perlopiù, si interroga sull’episodio.
Dal replay si possono apprezzare tantissime cose, ma qui ne annoteremo soltanto due, a nostro avviso decisive.
Innanzitutto la postura del corpo di Roberto Carlos. È vero che il suo tiro è potentissimo, ma non è sgraziato. Il suo bacino, appena dopo aver calciato il pallone, rivela l’armonia di quel gesto tecnico: il suo mancino ha lasciato il suolo, inarcandosi verso sinistra. La gamba destra, che ha dato l’appoggio, si è anch’essa alzata dal suolo. Ne viene fuori una specie di piroetta, che al momento dell’atterraggio rivela come il primo piede a toccare il suolo sia proprio quello che ha calciato, il mancino.
Il secondo dettaglio riguarda non tanto la pluri-discussa traiettoria laterale del pallone, ma quella verticale. Il tiro di Roberto Carlos, a metà del suo percorso, sembra destinato a finire se non sopra la traversa quantomeno vicino all’impatto con essa, ma dopo essersi alzato, il pallone scende subito, morendo in fondo al sacco dopo aver baciato il palo, ma non troppo alto, anzi, ben al di sotto della metà della porta.
Un gol da scienziati
Questo gol è stato studiato per anni dai profani, dagli appassionati e dai calciofili che ne hanno fatto una sorta di oggetto di culto. Infine, anche la scienza ha deciso di imbattersi in questo gol.
La risposta l’ha data, se di risposta è lecito parlare, un recente studio realizzato dal Politecnico di Parigi e pubblicato sul New Journal of Physics (poi ripreso da BBC News). Secondo gli studiosi, la traiettoria realizzata da Roberto Carlos, che come lo stesso calciatore ha ammesso si è servita della leggerezza del pallone e del vento favorevole che quella sera accompagnava l’Estade de Gerland, va descritta non tanto come un semplice tiro a giro, ma tiro a vortice.
Detto in altri termini: se non ci fosse stata la porta di Barthez, la palla avrebbe continuato a girare fino a rientrare in campo (chiaramente parliamo di una distanza di gran lunga maggiore rispetto anche al doppio di quella reale). È un discorso teorico, che fa però i conti con il celebre effetto Magnus – così chiamato perché scoperto dal matematico tedesco H.G. Magnus nel 1852, che studiò per primo l’effetto della rotazione su una palla in movimento.
Senza entrare nel merito del discorso, che avrebbe a che fare con la differenza tra turbolenza laminare e caotica, è comunque interessante notare come un gol del genere non verrà mai più realizzato su un campo di calcio. La Gerland avrà il piacere di vedere altre meravigliose punizioni di Juninho Pernambucano, altro brasiliano dal piede magico, ma una traiettoria del genere non si può battere, perché in definitiva non si può replicare. Vento, pallone, Dio, e una discreta dose di Roberto Carlos. La punizione più celebre della storia.