«Scusate, il rigore su Salas era netto». Per un tifoso della Lazio, le parole di Fiorenzo Treossi suonano come un’ulteriore presa in giro. A distanza di diciassette anni, l’arbitro di quel Fiorentina – Lazio stagione 98/99 torna a parlare dell’episodio incriminato.
Il punteggio è sull’1-1 e Salas viene atterrato in area di rigore dal neo entrato Mirri. Il rigore è talmente evidente che a fine partita Mazzini, storico team manager della Lazio, riesce a stento a comunicare il fattaccio all’indirizzo dell’arbitro; le lacrime gli strozzano in gola una tristezza mista a rabbia che ha un solo colpevole, il direttore di gara.
Il dramma vuole che, poco dopo quel clamoroso rigore negato al Matador, la Fiorentina, con le ultime forze rimaste in corpo a Batistuta, ottenga a sua volta un rigore molto generoso per fallo di Nesta ai danni dell’argentino. Dal dischetto si presenta Rui Costa. Il suo tiro, non troppo angolato, è splendidamente respinto da Marchegiani. La Lazio può ancora sperare nella vittoria dello Scudetto all’ultima giornata contro il Parma.
Il Milan, che con quel pareggio al Franchi della Lazio si porta in testa alla classifica, ride di gusto; il suo ghigno, beffardo, è la voce della potenza che persino sui più forti ride del proprio peso storico. La storia è infatti (già) nota: il Milan vincerà quello scudetto contro il fanalino di coda Empoli per il sorpasso in quella giornata, ed infine nella trasferta di Perugia all’ultima contro i padroni di casa del romanista Gaucci. Per la Lazio, la gommosa amarezza del Franchi è la legge del contrappasso per vincere, dopo tre giorni da quel brutto episodio arbitrale, l’ultima Coppa delle Coppe, contro il Mallorca di Héctor Cúper, a Birmingham, in Inghilterra.
Il patron biancoceleste Cragnotti, celebre per l’eleganza e la compostezza che lo dipingono agli occhi di milioni di italiani, dopo aver scambiato un paio di falsi sorrisi in tribuna stampa, si dirige verso le telecamere con il chiaro intento di denunciare quanto successo: «È lampante che nessuno ci aiuta e nessuno ci aiuterà a vincere lo scudetto. Il rigore su Batistuta era assolutamente inventato, mentre un minuto prima ce n’era uno nettissimo su Salas. Ho visto bene di mio, non ci sono moviole che tengano o che possano convincermi diversamente: era evidente a tutti. Questo significa che la Lazio dovrà meritarsi tutto sul campo, mentre altre squadre non lo meritano». Riferimento chiaro, anche in assenza di nome e cognome.
A tenere banco, in quella calda e apparentemente serena giornata di maggio a Firenze, è però anche il tema tifosi. Gli Irriducibili della Lazio, celebri per l’attitudine violenta, specie in trasferta – specie al Franchi –, mettono a ferro e fuoco prima la linea Roma-Firenze, poi lo stesso stadio fiorentino. La partita è ad un passo dall’essere interrotta. Il mix letale di torto arbitrale e rivalità tra tifosi fa paventare l’ipotesi, più volte sventata nel corso della gara, di chiudere anzitempo il sipario sull’incontro. Troppa violenza prima, durante e dopo la partita; troppa violenza fuori e dentro lo stadio. Certo, il contesto calcistico non aiuta a calmare gli animi. Il clima è teso per dir davvero poco.
La partita
La Lazio scende in campo con Marchegiani tra i pali; difesa a quattro composta da Negro, Nesta, Mihajlovic e Pancaro; sulla mediana Sergio Conceicao (81′ De La Pena), Okon (60′ Stankovic), Almeyda e Lombardo (46′ Salas) danno appoggio – più sostanza che appoggio, a dire il vero – a Mancini e Vieri. Quella Lazio è già fortissima, ma niente a che vedere con quella che vincerà lo scudetto l’anno seguente. Risponde la Fiorentina, anch’essa da sogno, con Toldo a difendere la propria porta; dinnanzi a lui Firicano, Falcone (40′ Mirri), Repka, Heinrich; Oliveira, più tuttocampista che centrocampista, è affiancato da Ficini e Amoroso; Rui Costa dietro le punte, “Saudade” Edmundo (94′ Robbiati) e Gabriel Omar Batistuta.
La voce di Massimo Marianella – poi, passato alla Premier, dichiaratosi laziale (e chi l’avrebbe mai detto, aggiungiamo noi) –, la voce di Marianella, dunque, accompagna le gesta dei 22 in campo. La prima occasione capita sul piede mancino di Vieri, ma Toldo è attento sul suo palo, e respinge la potente ma non angolata conclusione del futuro attaccante dell’Inter (i due si rincontreranno a Milano, da compagni di squadra). La Fiorentina, però, prende campo. A pochi minuti dall’occasione biancoceleste arriva il primo lampo della Viola; ed è gol.
Batistuta scatta alle spalle della difesa, prendendo sul tempo il povero Mihajlovic. Edmundo vede il Re Leone ruggire in profondità e lo serve con un tocco à là Edmundo; Batistuta calcia incrociando sul lato opposto, esattamente ciò che Vieri non ha fatto e doveva fare in occasione del primo tiro verso Toldo. Il tiro dell’attaccante argentino fulmina Marchegiani, incolpevole. Vantaggio Fiorentina, Franchi in festa: 1-0.
È il gol numero 21 di Batistuta in campionato. Ma la Lazio di Eriksson non è mai doma. Specchio capovolto dello charme tutto inglese del proprio allenatore, la reazione dell’undici biancoceleste è da grande squadra. Al 28’, Mihajlovic ha sul piede mancino una punizione da mettere in mezzo – siamo a 35 metri circa di distanza dalla porta, spostati sulla sinistra. Cross in mezzo, fortissimo e precisissimo. Meglio: il cross del serbo è così preciso che casca sulla testa di Vieri colpendolo; la dinamica del pallone è incerta, l’esito tutt’altro. Pareggio Lazio. 1-1. In quel momento gli uomini di Eriksson sono di nuovo in testa alla classifica. Mancano 152 minuti alla fine del campionato. Ma ne bastano 3 per ritornare sotto. A Milano Oliver Bierhoff piega la resistenza di un orgoglioso Empoli dando inizio alla goleada rossonera.
La ripresa è dunque un monologo biancoceleste. La Fiorentina, stanca e senza troppe idee, si affida alle ripartenze di Batigol, ma il gol di Bati non arriva. Siamo al 51’; lo scudetto della Lazio, ancor prima di quel rigore mai dato a Salas, si spezza sulla traversa di Toldo. Cross dalla sinistra, Mancini disegna un’armoniosa e utilissima sponda per il capoccione di Vieri, la cui deviazione sbatte, testardamente, sul legno superiore della porta viola. Si rimane sull’1-1.
Al 25’ della ripresa, Rui Costa riceve un pallone a metà campo; la difesa della Lazio, alta perché non può altrimenti, scatta all’indietro e Batistuta, ancora una volta, la fulmina. Il piede fatato del Manuel portoghese disegna una traiettoria fantastica alle spalle di Nesta, che atterra un Batistuta a terra più per la stanchezza che per il vigore della spinta del difensore romano. Rui Costa, come detto, si fa parare il rigore da Marchegiani, calciando come non si deve un rigore che poteva già chiudere il discorso scudetto.
Gli ultimi 20’ di partita regalano poco e nulla. Inutile tornare sull’episodio del rigore. È il bello di un calcio che oggi, con la VAR, non è più concepibile. Il Milan può gioire, la Lazio piange. Ma è da quella stessa partita, in quello stesso torto interiorizzato, che la Lazio ripartirà per la volata scudetto dell’anno seguente; cambierà l’avversario (la Juventus e non più il Milan), cambierà (in meglio) anche la Lazio. Soprattutto, cambierà l’esito del tricolore.