Si scrive Maldini e si legge storia. Storia del calcio, dello sport e di vita anche. Si perché, se c’è una dinastia che ha incarnato queste tre cose assieme è proprio quella dei Maldini. Da Cesare a Paolo, aspettando Daniel, che inizia a farsi largo anche in Serie A.
Nel calcio ci sono state padre e figlio, fratelli e quanto altro. Ma niente potrà mai essere come la famiglia Maldini. Capitani e simboli del Milan, capaci di alzare sei delle sette Coppe dei Campioni che abbelliscono la sala trofei della società rossonera.
Due giocatori di epoche diverse, legati dallo stesso sangue e dallo stesso filo. Cesare ad aprire la strada. Paolo a seguirla e costruirne un’altra ancora più lunga.
E ancora più vincente. Tutto questo sperando che il “terzo” della Dinastia Maldini, Daniel, possa allungare una storia infinita. Intanto il primo gol con la maglia del Milan è arrivato, poi si vedrà.
Cesare, l’uomo del Paron
Cesare Maldini è stato il primo capitano nella storia del Milan ad alzare la Coppa dei Campioni. E di conseguenza anche il primo capitano di una squadra italiana, dopo i falliti tentativi dello stesso “Diavolo” e della Fiorentina contro il Real Madrid degli invincibili. Al cielo di Wembley il 22 maggio 1963 Cesare Maldini alzerà la Coppa dei Campioni, grazie alla doppietta di Altafini che ribalta il momentaneo vantaggio del Benfica. Londra è rossonera e l’Italia del calcio si gode il primo dei 12 acuti totali in questa manifestazione.
Difensore di grande classe, Cesare Maldini era la voce di Nereo Rocco in campo. Il “Paron” mitico allenatore rossonero aveva una sorta di venerazione per il capitano e per Gianni Rivera.
E se qualche volta Cesare si esibiva in qualche “Maldinata“, poco importa. Rocco sapeva di poter contare su un grande professionista, ancor prima di un grande giocatore. Cesare chiuderà la sua esperienza al Milan da giocatore nel 1966, dopo 347 presenze e 3 reti con la maglia del diavolo.
I trionfi con l’Under 21
Ma di fatto quel legame con la parte rossonera dei Navigli non si scioglierà mai. Prima come vice ed allenatore della prima squadra, poi come padre di Paolo, quando allenerà l’Under 21 e la nazionale maggiore, fino al ritorno a tempo sulla panchina del Milan nel 2001. Pochi mesi assieme a Mauro Tassotti per portare a casa una delle vittorie più storiche di sempre: Inter – Milan 0-6, l’11 maggio 2001.
E se da giocatore aveva vinto 4 scudetti, oltre alla Coppa dei Campioni, Cesare Maldini da allenatore dell’Under 21 entra di diritto nella storia, con un pazzesco triplete. Tre Europei di categoria vinti consecutivamente: 1992-1994-1996. L’ultimo, al termine di una finale a dir poco drammatica dal punto di vista sportivo. In 9 vs 11 contro la Spagna, in casa loro. Vittoria ai rigori e successo che lancia Cesare alla guida della Nazionale maggiore.
Cammino non facile nella qualificazione mondiali verso Francia ’98, con tanto di spareggio contro la Russia. Nel gelo e nella neve moscovita Cesare lancia un giovanissimo Buffon tra i pali. Pareggio in terra russa e vittoria in casa, con le frontiere che si aprono di colpo verso la manifestazione iridata.
Paolo in campo come capitano e Cesare a comandare gli azzurri dalla panchina. Baggio e Vieri ci trascinano fino ai quarti di finale, poi la traversa di Di Biagio ai rigori ci condanna all’eliminazione, mentre i transalpini volano verso il loro trionfo.
Paolo, il predestinato
Paolo Maldini cresce nel mito del padre, ma inizialmente si affascina alla Juventus. A 10 anni entra nel vivaio del Milan e per anni dovrà convivere con l’etichetta di “Raccomandato”.
Ma il figlio di Cesare, dimostrerà a tutti che lui è un predestinato. A 16 anni, nel gennaio del 1985 debutta con la maglia del Milan in prima squadra. A Udine Battistini si fa male e Nils Liedholm non ha più difensori da mandare in campo, se non quel ragazzo della primavera. Quel ragazzo con un cognome pesante, ma dalla personalità fuori dal comune.
La storia da giocatore con il Milan per Paolo si chiuderà 25 anni dopo. 8 scudetti, 5 coppe dei campioni, 2 coppe Intercontinentali, un Mondiale per Club e una dozzina di super coppe varie.
Record man di presenze con la maglia del Milan, Paolo Maldini ha fatto parte di quella linea Maginot che contribuì al record di imbattibilità di Sebastiano Rossi: Tassotti, Costacurta (Filippo Galli), Baresi, Maldini. Ma l’apoteosi per Paolo è arrivata il 28 maggio 2003.
40 anni e 6 giorni dopo suo padre Cesare e sotto gli occhi dello stesso, alzerà sempre al cielo di Inghilterra la Champions League, al termine della finale tutta italiana contro la Juventus. Un caso più unico che raro.
Da Wembley ad Old Trafford, da Londra a Manchester, sempre attraverso lo stesso filo conduttore. In quella notte cosi tanta cara al “Diavolo”, Paolo Maldini, alzerà la sua quarta coppa campioni, la prima da capitano. La quinta ed ultima arriverà 4 anni dopo, sotto il cielo di Atene, come nel 1994 nel memorabile 4-0 al Barcellona.
Il 23 maggio del 2007 Maldini porta i suoi compagni alla rivincita di due anni prima contro il Liverpool. Una doppietta di Filippo Inzaghi cancella l’incubo, dopo quella finale turca di cose turche del 2005, quando lo stesso Maldini segnerà il provvisorio 1-0: gol più veloce in una finale e giocatore più “Anziano” a marcare in una finale.
La delusione che si trasforma in gioia 766 giorni dopo.
La Nazionale
Se per Cesare Maldini la Nazionale è stata soprattutto l’Under 21 con i suoi tre trionfi, per Paolo Maldini la maglia azzurra è stata una sorta di croce e delizia. Indossata per 127 volte in carriera, ereditando la fascia di capitano da Franco Baresi (come era successo anche nel Milan). Paolo andrà tante volte vicino al trionfo con l’Italia.
Terzo posto ad Italia ’90, secondo posto a USA’94 e ancora un secondo posto ad Euro 2000. La sua avventura con la Nazionale si chiude nel 2002, dopo la farsa contro la Corea del Sud.
Nel palmares di Paolo Maldini, oltre ad un trionfo con la maglia dell’Italia, manca anche un’altra cosa. Il Pallone d’Oro. Ne avrebbe meritati almeno una decina. Ma la storia ci dice che i difensori non lo vincono quasi mai. Certo ci vuole tanto, troppo coraggio per non averlo mai dato ad un Campione come Paolo Maldini.
Il 31 maggio 2009 Paolo Maldini gioca la sua ultima partita da professionista: l’Artemio Franchi di Firenze si alza totalmente in piedi per salutare probabilmente uno dei più grandi difensori nella storia del calcio. Si chiude una storia ed inizia la leggenda.
All’indomani, il giornale sportivo l’Equipe saluta così la sua carriera: “In 25 anni di carriera non si è mai allontanato da un senso della morale, del dovere, della fedeltà e dell’etica che ne fanno una delle icone del calcio”.
Il turno di Daniel Maldini, con il Milan sempre nel cuore
Cesare e Paolo Maldini da sempre hanno legato loro vita ai colori del Milan. Come giocatori, allenatori e dirigenti.
Paolo è stato Direttore Generale dei rossoneri fino alla burrascosa uscita del Giugno 2023 e nel febbraio 2020 ha visto il figlio Daniel debuttare con la maglia del Milan.
Giocatore diverso dagli illustri genitori e progenitori, Daniel è un ragazzo dai piedi buoni, che giostra nelle posizioni offensive dell’attacco, prevalentemente come esterno
Inizialmente al Milan come rincalzo dell’attacco ha comunque avuto attestati di stima da parte di Pioli che nella stagione 20/21 lo ha utilizzato spesso nelle rotazioni dell’attacco.
Poi una buona continuità anche nell’esperienza allo Spezia, impreziosita anche da un gol, molto simbolico siglato contro l’Inter. E da un gol, altrettanto simbolico siglato proprio contro il Milan, quando ancora il papà era direttore nei ranghi societari: un gol “scritto” come affermato da Paolo, che se lo aspettava e ha raccontato di essersi allenato davanti allo specchio per una settimana per apparire impassibile al momento della segnatura che considerava, come poi è stato, inevitabile.
Insomma, possiamo affermare che la Trilogia adesso è possibile.
Paolo ha assistito da dentro alla società ai primi passi di Daniel nel calcio che conta, ora il ragazzo sembra avere le spalle abbastanza larghe da costruirsi una carriera di tutto rispetto anche da solo, nonostante quel cognome così ingombrante per il calcio italiano.
Cesare invece il primo gol, così come il debutto, del nipote lo ha visto da lassù. Se ne è andato il 3 aprile 2016 dopo una breve ma fatale malattia.
La moglie Marisa, sposata 54 anni anni prima, lo ha seguito poco dopo il 28 luglio dello stesso anno.
Riposano uno di fianco all’altro nel cimitero Monumentale di Milano.
E da lassù siamo sicuri che il buon Cesare guardi tutte le gare del Milan con il suo mentore, Nereo Rocco.
In fondo anche per i Diavoli c’è posto in Paradiso.