Per un attaccante il gol è tutto, si sa. Ma spesso le statistiche realizzative finiscono per mettere quasi in ombra le altre qualità di un giocatore. Prendiamo Robert Lewandowski, per esempio: sono anni che segna in maniera impressionante, in questa stagione è a quota 45 gol in 39 partite, ed in carriera, iniziata nel 2006 nella terza divisione polacca, ha firmato ben 417 reti in 613 partite con le squadre di club, oltre alle 61 messe a segno con la maglia della nazionale polacca.
Eppure, quando si parla dei grandissimi campioni, Lewandowski non è quasi mai inserito tra questi, quasi come se il fare gol con tale regolarità metta in secondo piano le sue altre doti tecniche e fisiche. Il numero 9, il classico centravanti, viene troppo spesso visto come un giocatore che bada più alla sostanza (il gol) che alla forma, e che viene giudicato esclusivamente in base alle reti segnate.
Se i giocatori che nascono più fantasiosi e che giocano più lontani dall’area, normalmente celebrati per le loro doti tecniche, vengono elevati al ruolo di “extra-terrestri” quando dimostrano medie realizzative da centravanti, come Messi o Cristiano Ronaldo, per i centravanti si resta sempre fermi a parlare dei gol segnati, tranne qualche rara eccezione come Ibrahimovic o Van Basten. E questo mancato riconoscimento delle proprie qualità al di là del numero di gol segnati è stato un elemento che ha inciso moltissimo sulla carriera di uno dei centravanti più forti e poco celebrati del recente passato, Ruud Van Nistelrooy.
Ruud Van Nistelrooy, l’attaccante totale olandese
Rutgerus Johannes Martinus van Nistelrooy nasce ad Oss, nei Paesi Bassi, il 1° luglio 1976. Dopo gli esordi nella squadra cittadina, in cui viene schierato centrocampista date le due doti tecniche, nel 1993 viene tesserato per il Den Bosch, con cui salta le giovanili ed esordisce direttamente tra i professionisti nella seconda divisione olandese a 17 anni. In totale con il Den Bosch ha messo a segno 30 gol in 95 gare, ma solo nell’ultima stagione iniziò a giocare da attaccante centrale, suscitando l’interesse dell’Heerenveen, in Eredivisie. Nella stagione 97/98 mette a segno 13 gol nella massima divisione, e si guadagna la chiamata da parte del PSV Eindhoven.
L’impatto con la squadra della Philips è travolgente: in tre stagioni con le lampadine biancorosse Ruud segna 77 gol in 90 presenze, mettendosi in mostra in particolare anche in Champions League, dove colleziona 8 reti su 15 presenze in 2 stagioni.
All’alba del nuovo millennio Van Nistelrooy è uno dei centravanti più ambiti del panorama europeo, ed è il Manchester United di Sir Alex Ferguson ad accaparrarselo per circa 26 milioni di euro, ma poco dopo la firma del contratto Ruud fu vittima della rottura dei legamenti crociati in allenamento, che comportò l’annullamento del contratto. Un anno più tardi, nel 2001, dopo la riabilitazione ed il rientro, la procedura si ripeté e le visite mediche confermarono l’idoneità di Van Nistelrooy. Il trasferimento si fece, con lo United che stavolta sborsò 28 milioni, più di quelli concordati un anno prima.
Ascesa e declino a Manchester
Con i Red Devils Van Nistelrooy si affaccia sui palcoscenici mondiali come uno dei centravanti più prolifici del pianeta: in 5 stagioni, sono 150 le reti messe a segno, in 219 partite. Capocannoniere della Champions League per due edizioni di fila (2002 e 2003), con lo United vinse 1 Premier League, 1 Charity Shield, 1 Coppa di Lega e una FA Cup.
Dotato di una tecnica semplicemente perfetta, Van Nistelrooy univa alla capacità di attaccare gli spazi tipica del centravanti d’area una serie di qualità più accumunabili ad una seconda punta, dalla tecnica di tiro al controllo di palla, che gli permetteva sempre di posizionare il corpo in maniera ideale un attimo prima della conclusione.
I gol fioccano in ogni maniera: di destro, di sinistro, di testa, con tap-in o con tiri fuori dall’area. Il più veloce giocatore dello United a raggiungere i 100 gol, nel 2005 la convivenza con Ferguson e con alcuni delle nuove stelle di una squadra in fase di rifondazione, come Wayne Rooney e Cristiano Ronaldo, si fa complicata, e dopo vari alterchi con l’ambiente, viene ceduto al Real Madrid per soli 15 milioni.
Con le merengues Van Nistelrooy dimostra di essere ancora uno dei migliori attaccanti d’Europa, dato che mette a segno 67 gol in 101 presenze, ma dopo aver vinto la Liga nelle prime due stagioni, compreso un titolo di pichichi, inizia una serie di problemi fisici (prima la caviglia, poi nuovamente il ginocchio) che lo relegano ai margini della squadra e che lo vedono costretto, nel gennaio 2010, a trasferirsi all’Amburgo, dove in una stagione e mezza mette a segno 17 gol in 44 partite. C’è ancora tempo per un’ultima esperienza al Malaga nel 2011-2012, dove segna 5 gol in 32 presenze, prima di appendere gli scarpini al chiodo a 36 anni.
Robert Lewandowksi, il polacco alla conquista della Germania
Robert Lewandowski, è nato a Varsavia il 21 agosto 1988, da una famiglia di sportivi: il padre Krzysztof era campione nazionale di judo e calciatore in seconda divisione e la madre Iwona pallavolista, così come la sorella Milena.
Dopo aver vinto il titolo di capocannoniere in Terza, Seconda e Prima Divisione in Polonia, con le maglie di Znicz Pruszkow e Lech Poznan, nel 2010 approda al Borussia Dortmund di Jurgen Klopp, con cui si impone come uno degli attaccanti più prolifici d’Europa: 103 gol in 187 presenze, protagonista dei 2 titoli consecutivi del Dortmund e arrivando a segnare 4 gol in una partita di Champions League, nientedimeno che al Real Madrid.
Dopo aver perso la finale di Champions League contro il Bayern Monaco nel 2013, un anno dopo passa clamorosamente ai rivali bavaresi a parametro zero, diventando in breve tempo protagonista degli ultimi 5 titoli vinti dal Bayern Monaco (con un 6° già ipotecato).
Quello che i gol nascondono: attaccanti tecnici e completi, non solo finalizzatori
Entrambi goleador fantastici, che uniscono il tempismo alle doti tecniche, le differenze tra Lewandowski e Van Nistelrooy risiedono principalmente nella maniera di rapportarsi al resto della squadra. Nonostante l’olandese fosse tecnicamente più bravo e in grado di dialogare meglio con i compagni, preferiva giocare sempre in profondità, proiettato sempre alla conclusione in porta, ricevendo palla mentre era già proiettato in area oppure realizzando scambi per sviluppare il gioco verso l’area avversaria. Il polacco invece spesso e volentieri tiene palla spalle alla porta per favorire la risalita e l’inserimento dei compagni, oltre che a dare un certo apporto nella fase di contenimento.
Se l’egoismo e la smania di segnare ad ogni costo sono stati i tra i motivi che hanno spinto Van Nistelrooy lontano dall’Old Trafford, l’evoluzione di Lewandowski in attaccante completo e generoso verso i compagni, pur senza perdere nulla della propria capacità realizzativa, è uno dei motivi per cui stagione dopo stagione è sempre più essenziale nel gioco del Bayern Monaco.
La somiglianza maggiore la rileviamo quando osserviamo i loro movimenti nel posizionare il corpo ad anticipare il difensore quando devono ricevere palla, con cui riescono sempre a guadagnare quello spazio decisivo per mandare fuori tempo l’avversario, essendo poi talmente bravi nel controllo in questi frangenti da risultare letali nelle maggior parte delle volte che riescono a ricevere palla.
Simili come professionalità e serietà (entrambi hanno sfoggiato lo stesso taglio di capelli dall’inizio della carriera), Lewandowski è rinomato per le qualità etiche e la disciplina che dimostra in partita, mentre Ruud Van Nistelrooy ha sempre avuto il vizio di cercare il litigio e la polemica con gli avversari. Ma entrambi sono dei calciatori eccezionali, troppo spesso ricordati solo con i freddi, per quanto impressionanti, numeri dei gol.