Nonostante nell’uso comune spesso si usino per intendere animali leggermente diversi, i termini “piovra” e “polpo” sono sinonimi. Così non è nel calcio, dove “la Pieuvre”, come era soprannominato in patria Patrick Vieira, è stato giocatore simile ma allo stesso tempo molto diverso dal “Polpo” Paul Pogba.
Parallelismi ittici a parte, Patrick Viera ha dichiarato in più occasioni che il giocatore in cui si rivede di più attualmente è il connazionale del Manchester United. E a ben vedere, una volta appurate le somiglianze tra i due, analizzare le differenze nel loro modo di giocare è una grande cartina di tornasole per vedere come il calcio inglese è cambiato negli ultimi 15 anni. Al giorno d’oggi Vieira giocherebbe come gioca Pogba? Nella Premier League dell’eterno duello tra Arsenal e Manchester United Paul Pogba sarebbe stato un giocatore più simile a Viera? Sono le classiche domande che non avranno mai una risposta definitiva ma che meritano qualche approfondimento.
Chi era Patrick Viera
Nato a Dakar, in Senegal, nel 1976 da una famiglia originaria di Capo Verde, Patrick Vieira si trasferisce insieme a genitori e fratelli in Francia all’età di 8 anni (e non tornerà più nel paese africano per quasi 20 anni). Inizia a giocare a calcio nel Trappes, quindi passa per il Drouais e per il Tours prima di iniziare a giocare per il Cannes con cui a soli 17 anni, nel 1993, debutta tra i professionisti. Aiutato da una struttura fisica imponente, nell’arco di due stagioni si guadagna prima il posto da titolare e quindi la fascia di capitano. Questo ragazzo di soli 20 anni che domina il centrocampo con un fisico fuori dalla norma e con una grinta e un’intelligenza tattica da veterano attira le attenzioni delle grandi squadre d’Europa, così nel novembre del 2015 arriva la chiamata da parte del Milan,
In Italia Patrick non trova particolare fortuna e chiude la stagione con 5 presenze tra Campionato e Coppe. Fortuna vuole che nel 1996 un allenatore che l’aveva notato al Cannes da avversario, quando allenava il Monaco, rientri da un’esperienza in Giappone e venga chiamato ad allenare un’Arsenal che si apprestava a diventare una delle squadre più dominanti della Premier League a cavallo tra i due secoli: Arsene Wenger.
A Londra, sotto la guida dell’allenatore alsaziano, Vieira diventa in breve tempo il fulcro del centrocampo di una che lotta costantemente contro il Manchester United per la supremazia albionica, e con la sua carica agonistica è spesso stato protagonista di caldissimi scontri diretti con gli avversari, che spesso gli contrapponevano un altro centrocampista dal carattere fumantino come Roy Keane. Ma se Vieira è entrato nel cuore dei Gunners anche per la solidità che dava al centrocampo e la rudezza dei suoi interventi, la sua importanza per la squadra di Wenger risiedeva soprattutto nella sua capacità di intercettare palloni (favorito dalle lunghe leve che gli permettevano di intervenire su linee di passaggio apparentemente fuori portata) e di far ripartire immediatamente l’azione, verticalizzando velocemente per le punte e trasformando in un’istante l’azione da difensiva ad offensiva. Dopo aver guidato i Gunners alla conquista di tre Premiership da capitano, tornò in Italia prima alla Juventus e quindi, dopo la retrocessione, all’Inter dove, dopo il titolo vinto da comprimario con il Milan nel 1996, vince altri quattro scudetti consecutivi culminati nell’anno del Triplete, di cui non sarà però assoluto protagonista, essendo tornato proprio in quel mercato invernale a calcare i campi di Premier vestendo la maglia del Manchester City, che sarà anche la sua ultima della carriera.
Paul Pogba, il centrocampista futuribile
Proprio nell’anno in cui Patrick Vieira debuttava con la maglia del Cannes, molti chilometri più a nord, a Lagny-sur-Marne nasceva il terzo rampollo di una famiglia di origine guineana: Paul Pogba. Mentre i fratelli maggiori, i gemelli Florentin e Mathias, emigrano in Spagna per giocare nelle giovanili del Celta Vigo, Paul resta in patria, giocando nel Roissy-en-Brie, squadra della banlieue parigina dove è cresciuto, per poi passare dal Torcy prima di accasarsi al Le Havre, con cui in due anni si mette in mostra con l’Under 16 tanto da essere notato da un allenatore il cui nome è diventato sinonimo della squadra che allena da ben 25 anni: Sir Alex Ferguson.
L’allenatore scozzese vuole quel ragazzo dalle gambe lunghissime, come quelle di Patrick Vieira, che corre e recupera palloni per tutto il centrocampo facendola sembrare la cosa più semplice del mondo. Inserito nelle giovanili dei Red Devils, Pogba esordisce prima in Coppa di Lega nel settembre 2011, quindi in Premier League nel gennaio 2012. Chiude la sua prima stagione tra i professionisti con 7 presenze tra coppe e campionato, e sembra in rampa di lancio per una carriera importante all’Old Trafford. Ma nell’estate 2012 si presenta la Juventus, che gli offre la possibilità di trasferirsi a Torino con la prospettiva di prendere gradualmente il posto di Andrea Pirlo nel centrocampo di Antonio Conte.
L’impatto di Paul con il campionato italiano è folgorante, e in pochi mesi da possibile alternativa diventa una mezzala imprescindibile per la squadra bianconera, riuscendo a recuperare palloni in tutte le maniera, a terra come a mezz’aria, e unendo a questo strapotere fisico un tasso tecnico ed un gusto per la giocata fuori dal comune che manda in visibilio i sostenitori della Vecchia Signora. Pogba incarna perfettamente il centrocampista moderno ideale: veloce e forte fisicamente, in grado di portare palla da un’area all’altra, dotato di ottima visione di gioco e di un piede che la supporta, ma soprattutto la capacità di incidere in prima persona sulle partite, con un tiro potente e un intuito da goleador più che spiccato. Paul diventa talmente dominante a centrocampo che nel 2016 il Manchester United spende l’incredibile cifra di 105 milioni di euro per riportarlo all’Old Trafford.
Pogba, un Vieira 2.0?
Entrambi campioni del mondo con la maglia dei Bleus (anche se Vieira da comprimario nel 1998, mentre Pogba è stato un grande protagonista vent’anni più tardi), è facile rivedere in Paul un erede di Patrick. Quella capacità di arpionare palloni che sembrano irraggiungibili grazie alle loro straordinarie capacità fisiche è valsa ad entrambi il soprannome da cefalopode, ma il “Polpo” appare decisamente più portato al gioco offensivo e alla giocata di classe, spesso anche solo per il gusto di stupire il pubblico ed affermare la propria bravura, mentre la “Piovra” giocava in maniera molto più essenziale, arrivando al tiro solo quando era l’opzione migliore per la squadra e spendendo più energie nei tackle piuttosto che nei dribbling. Ma a ben vedere, questo forse è dovuto ad un cambiamento del modo di giocare che si è verificato in Inghilterra negli ultimi 15 anni: un gioco sempre più tecnico e veloce, che tende alle ripartenze veloci e in cui i contrasti così duri che animavano i vecchi Arsenal-Manchester United sono molto meno tollerati dagli arbitri.