Per i tifosi milanisti la nostalgia è un sentimento quasi opprimente in questo periodo. Nonostante gli sforzi della squadra rossonera, il paragone con i fasti di un passato nemmeno troppo lontano è davvero impietoso, e per il tifoso milanista è difficile accontentarsi di galleggiare appena sopra la metà della classifica quando per anni ci si è fregiati del titolo di squadra più titolata del mondo.
In questo contesto, anche per i giocatori è davvero difficile emergere, costretti a misurarsi non solo con gli avversari, ma con le ombre di predecessori che hanno compiuto imprese impresse indelebilmente nelle menti e nei cuori rossoneri. Ne consegue che spesso certi giocatori soffrano critiche esagerate, frutto di paragoni fuori luogo e fuori tempo massimo.
Uno di questi è Franck Kessié, giocatore che nelle ultime tre stagioni si è dimostrato fondamentale nel centrocampo rossonero, non riuscendo mai però a guadagnarsi in pieno la stima della sua tifoseria, che sperava di aver un altro Gattuso o un altro Seedorf. In realtà, le caratteristiche di Kessié lo rendono molto simile ad un altro centrocampista, passato per ben due volte a Milano, su entrambe le sponde, senza troppa fortuna, diventando invece un beniamino della Juventus: Edgar Davids.
Edgar Davids, il Pittbull che ha fatto esaltare gli juventini
Nato a Paramaribo, capitale del Suriname, allora colonia olandese, il 13 marzo 1973, Edgar Davids è cresciuto nel malfamato quartiere di Niewendam, a nord di Amsterdam. Figlio di uno scaricatore di porto e di una donna delle pulizie, impara a giocare a calcio tra i vicoli del quartiere, sviluppando un’indole agonistica decisamente marcata.
Entrato nel settore giovanile dell’Ajax, debutta in Eredivisie nel 1991, e nell’arco di 5 stagioni si mette in luce come un incredibile recuperatore di palloni a centrocampo, abbinando però alle grandissime doti fisiche e alla foga nei contrasti (tanto che Luis Van Gaal gli affibbia il soprannome di Pittbull), anche una buona eleganza e un certo tasso tecnico nella gestione del pallone.
Con l’Ajax vince 3 campionati olandesi, 1 coppa nazionale, 1 Coppa Uefa e 1 Champions League, arrivando in finale una seconda volta, nel 1996, persa contro la Juventus ai rigori, di cui lui sbagliò il primo tiro. Nella sua ultima stagione olandese, però solleva in compenso la Supercoppa Uefa e la Coppa Intercontinentale.
Diventato uno dei centrocampisti più ricercati del continente, viene ingaggiato dal Milan a parametro 0, sfruttando la recente sentenza Bosman. Nel club rossonero però Edgar non si ambienta, sia dal punto di vista tattico che con i compagni, e un grave infortunio, la frattura di tibia e perone, gli fa saltare buona parte della stagione.
Anche in nazionale le cose non vanno benissimo, dato che per aver criticato l’atteggiamento del CT olandese Guus Hiddink verso alcuni membri dello spogliatoio, viene cacciato dalla nazionale prima dell’Europeo del ‘96. Viste le sue intemperanze caratteriali, tali e tante che Billy Costacurta lo definì pubblicamente una mela marcia, il Milan prende atto del fallimento dell’operazione e lo cede, sul finire del 1997, alla Juventus, per 9 miliardi di lire.
Alla Juventus però Davids cambia decisamente atteggiamento, e dalle notti brave e dalle risse milanesi, passa ad un atteggiamento sempre abbastanza sopra le righe, ma più amichevole e sereno. Se fuori dal campo arrivava addirittura ad organizzare partitelle insieme agli immigrati nei parcheggi di Torino, arrivando a coinvolgere anche compagni come Zidane e Montero, in campo diventa un tassello fondamentale della Juve di Lippi, anche dopo un’operazione agli occhi per un glaucoma che lo costringerà ad indossare per il resto della carriera degli occhiali protettivi, che diventeranno il suo marchio distintivo.
Il rendimento in maglia bianconera, con cui vince 3 scudetti e 2 Supercoppe, oltre ad 1 Coppa Intertoto, lo porta anche a riconquistare la maglia della Nazionale, di cui arriva ad indossare anche la fascia di capitano nel 2004. Ma nello stesso anno si compie anche la sua separazione dalla Juventus, che in seguito ad alcuni dissidi con Lippi e a delle richieste di rinnovo del contratto giudicate troppo esose, lo cede in prestito per il finale di stagione al Barcellona, dove, con il suo lavoro da equilibratore in mezzo al campo, si rivela un tassello fondamentale per il finale di stagione dei blaugrana.
Gli ultimi, discontinui anni di carriera
Nonostante in Catalogna molti caldeggino il suo ingaggio a parametro 0, Edgar sceglie di tornare in Italia, stavolta all’Inter. Con la squadra nerazzurra può mettere in bacheca un altro trofeo, la Coppa Italia 04/05, ma le incomprensioni tattiche con Roberto Mancini e l’affermarsi nel suo ruolo di Esteban Cambiasso lo portano ad un ulteriore trasferimento dopo una sola stagione, stavolta in Inghilterra, al Tottenham, dove però, dopo un impatto inizialmente positivo, si scontra con quella che a suo dire non è una mentalità vincente, e nel gennaio 2007 decide, dopo solo una stagione e mezza, di tornare in patria, nuovamente all’Ajax.
Con la squadra della sua città alza subito una nuova Coppa d’Olanda, segnando il rigore decisivo in finale contro l’AZ Alkmaar, ma in estate subisce nuovamente un grave infortunio, la frattura della tibia in un’amichevole, che lo tiene lontano dai campi per 6 mesi. Rientrato in campo per la fine della stagione, si ritrova quindi svincolato, e per un paio d’anni non riesce a trovare l’accordo con nessun’altra squadra, fino a quando non firma, nel 2010, per il Crystal Palace, nella Championship inglese. L’esperienza però dura ben poco, e dopo sole 7 partite a novembre rescinde il contratto. L’ultima esperienza e quella di allenatore-giocatore del Barnet, nelle serie minori inglesi, dove però colleziona pochi successi e tanti cartellini rossi, fino al suo ritiro nel 2014.
Franck Kessié, corsa e sostanza in mezzo al campo
Franck Kessié è nato a Ouragahio, in Costa d’Avorio, il 19 dicembre 1996, ultimo di 7 fratelli. Inizia a giocare a calcio a 10 anni, mentre nel paese infuria la guerra civile, e poco dopo perde anche il padre, militare. Con la fine della guerra civile nel 2011, ha la possibilità di mettersi in mostra con la maglia della Stella Adjamé, tanto che nel gennaio del 2015, quando viene acquistato dall’Atalanta, vanta già 3 presenze con la nazionale ivoriana. A Bergamo viene aggregato alla Primavera, nel ruolo di difensore centrale. Nella stagione successiva viene mandato in prestito al Cesena, dove l’allenatore Massimo Drago decide di avanzarlo a centrocampo, dove forma una coppia ottimamente assortita con Stefano Sensi.
L’esperienza a Cesena si rivela positiva, chiusa con 37 presenze e 4 gol, al punto che viene confermato nella rosa dell’Atalanta in Serie A nella stagione 16/17. L’esordio nella massima serie è più che ottimo, con 4 gol nelle prime 3 partite e un impatto incredibile sul campionato, formando insieme a Roberto Gagliardini l’ossatura di un centrocampo che aiuta la Dea a chiudere la stagione con un incredibile 4° posto, facendo iniziare così l’epopea della squadra di Gasperini che ancora oggi non smette di stupire in Italia e in Europa.
Pezzo pregiato di quella squadra, Kessié viene ceduto al Milan per una cifra complessiva di 32 milioni. In maglia rossonera, nonostante le difficoltà societarie e sportive, Kessié si rivela un tassello imprescindibile con qualsiasi guida tecnica, apportando un contributo fondamentale in termini di corsa e di recupero palloni, e confermandosi anche come rigorista infallibile.
Due giocatori essenziali in mezzo al campo
In cosa Kessié ricorda Davids? Innanzitutto, nel carattere istintivo e un po’ fumantino. Nonostante sia di indole fondamentalmente buona, a differenza di Davids che fuori dal campo ha avuto la sua buona dose di disavventure dovute ad un carattere facilmente incline alla rissa, Kessié sul campo dimostra la stessa foga e tendenza ad intervenire sempre sul portatore di palla, anche a costo di rischiare il fallo. Anche con i compagni e gli allenatori Kessié non è sempre stato impeccabile, in occasione di sostituzioni e altre situazioni tese durante la partita, anche se non ha mai raggiunto la trance agonistica di Davids, che ad oggi è ancora uno dei giocatori più espulsi della storia della Champions League con i suoi 4 cartellini rossi.
Entrambi centrocampisti “box to box”, bravi a cambiare passo e che non disdegnano di impegnarsi in duelli individuali, sono giocatori utili per non perdere mai gli equilibri di squadra e in grado di supportare adeguatamente la squadra sia in fase offensiva che in quella difensiva.
A differenza di Davids, Kessié è meno tecnico ma molto più portato agli inserimenti (ed il numero di gol segnati lo dimostra), ma non dimostra decisamente quel carisma e quella personalità che hanno reso Davids un beniamino del pubblico bianconero.
Edgar infatti era presente in ogni momento della partita e in ogni angolo del campo, sia che si trattasse di dover intervenire sul pallone che di discutere, incitare o polemizzare. Il suo apporto alla squadra andava ben oltre ai suoi tackle e ai palloni che smistava: era un continuo pungolo verso i propri compagni a dare sempre il massimo e a non risparmiarsi mai.
In questo Kessié purtroppo appare decisamente diverso, data la sua tendenza a scomparire dalla partita quando le cose volgono al peggio.