13 miliardi delle vecchie – e care – lire.
Questo è il prezzo che, sviscerando tra i documenti ufficiali dell’epoca, Ferlaino sborsò dalle proprie tasche per garantirsi le prestazioni del più forte di tutti i tempi: Diego Armando Maradona. Era il 1984 e il Napoli, per la prima volta, poteva davvero dirsi in corsa per la vittoria finale del campionato.
L’ansia e l’attesa spasmodica consumata tra gli stretti vicoli del capoluogo campano, la cui gioia contagiosa si espanderà, virale, per tutta la Penisola – e per tutto il mondo, arrivando almeno all’estremo Sud della lontana America –, quel clamore estatico e divino che solo un acquisto del genere poteva generare in un popolo malinconico per natura, si tradurrà in aspettativa febbrile il giorno dell’esordio di Diego Armando Maradona con la maglia (quel giorno bianca) del Napoli.
Siamo a Verona, è il 16 settembre del 1984, e in una Serie A che schiera contemporaneamente Falcao, Zico, Platini e Maradona, il tricolore si consumerà, incredibilmente, proprio all’ombra della Scala.
Verona-Napoli 3-1: Diego stecca, e il Verona inizia la cavalcata scudetto
Da una parte Maradona, dall’altra il Fatal Verona.
E quell’energumeno teutonico di Briegel. Il quale un paio di anni prima, quando giocava al Kaiserslautern, venne prima schernito dal pubblico partenopeo durante il riscaldamento prima della sfida di Coppa col Napoli, al San Paolo, per la sua prestanza un po’ goffa e antiestetica, poi applaudito dallo stesso pubblico, che fu costretto ad ammirarne le grandi doti in fase realizzativa – il Kaiserslautern, sfavorito, vincerà il match 2-1 al San Paolo, con l’inedito Briegel punta.
Forse qualche napoletano ancora si ricordava di quel gigante tedesco il giorno dell’esordio di Maradona, ma pochi avrebbero scommesso anche solo un quattrino sul fatto che la marcatura a uomo di quello su questo avrebbe declinato, in favore del Verona, quella sfida d’apertura dell’era Pibe a Napoli.
L’intuizione di Bagnoli è geniale. Briegel segue fin dalle prime battute di gara Maradona ovunque l’argentino si muova. Non gli concede il minimo spazio, e quand’anche il Pibe riesca a liberarsi della fastidiosa marcatura, un altro mastino veronese, a turno, è pronto a dar la caccia alle caviglie del più forte dei 22 in campo.
Ne esce fin da subito una partita spigolosa, incerta, tutta da vivere, niente affatto scritta e difficilissima per Diego Armando Maradona. È la Serie A, bellezza. Ed è il campionato più bello e difficile al mondo.
Così, mentre tutto il mondo s’aspetta la genialata di Maradona, non solo Briegel ne annulla minuto dopo minuto le più alte possibilità di realizzazione, ma è lui stesso, Hans-Peter, a portare il vantaggio il Verona, e con merito, al minuto 26, sfruttando un calcio d’angolo nel quale il tedesco è colpevolmente lasciato libero di staccare di testa e angolare alla destra di Castellini, inerme.
L’alba di un Verona stellare
Il Napoli è sotto shock. Il Bentegodi spinge il Verona al miracolo, ma più che di miracolo sarebbe opportuno parlare di lezione tattica – Bagnoli vs Marchesi, la sfida è stravinta dal primo. Di Gennaro scambia al limite dell’area di rigore con un compagno di squadra, che gliela ridà filtrante mettendolo davanti alla porta di Castellini il quale, pur respingendo a fatica la conclusione del centrocampista veronese, non può nulla dinnanzi all’arrivo di Galderisi, che anticipa la difesa dormiente degli Azzurri e realizza così il gol del 2-0. Siamo al 33’ e la gara sembra ormai indirizzata.
Nella ripresa il centrocampo del Verona arretra, riposa, rifiata. Quello del Napoli, al contrario, avanza alla disperata ma sempre composta ricerca di un gol che possa riaprire l’incontro. E il gol arriva.
Salvatore Bagni vede e pesca con un lancio straordinario Daniel Bertoni, che controlla di mancino smorzando un pallone alto e coperto dalla luce del sole, per poi spedirlo con grande precisione alla sinistra bassa del portiere veronese Garella, imparabile. 2-1, e ora il Verona trema.
Anche Maradona s’accende. Prima lascia sul posto Briegel costretto all’ammonizione, poi controlla in area un pallone difficilissimo, di tacco, di destro, per poi calciare in mezza rovesciata di sinistro un pallone che sfiora l’angolo e finisce sul fondo. Vicinissimo al pareggio il Napoli, proprio col giocatore più atteso dalla folla.
Ma il Verona capisce che per vincere la partita c’è bisogno di tornare all’attacco e così Elkjaer, in contropiede, sfiora la rete del 3-1. Che arriverà, qualche minuto dopo, ancora da calcio piazzato, questa volta con il tap-in vincente di Antonio Di Gennaro, grande protagonista dell’incontro. Difesa del Napoli comunque abbastanza imbarazzante. Siamo al 75’, e il Verona è ad un passo da un successo storico – il successo che, in qualche modo, gli darà la spinta per lo storico Scudetto scaligero.
Saltano i nervi al Napoli, che perde Bruscolotti per un’azione a dir poco illecita ai danni di Elkjaer, altra spina nel fianco della difesa partenopea.
Dal campo alle tribune, il nervosismo si trasferisce, pericolosissimo, anche sugli animi dei tifosi, che se le danno di santa ragione inasprendo un odio già socio-politico.
Il Napoli ne esce con le ossa rotte, ridimensionato ma carico, soprattutto grazie a Diego Armando Maradona, già concentrato sul futuro.
Il Verona, al contrario, ne esce galvanizzato, consapevole della propria forza ma ancora spensierato rispetto ai propri compiti in campionato: una spensieratezza che si tradurrà in un autentico miracolo sportivo.