Chiunque abbia giocato a poker almeno una volta in un casinò conosce l’importanza di avere un dealer al tavolo.
Nelle “partitelle caserecce” con gli amici di solito non c’è un dealer dedicato. Quel ruolo viene ricoperto a turno dai partecipanti.
Il giocatore che occupa la posizione di bottone – cioè quella dove si trova il Dealer button – svolge anche le funzioni di mazziere e arbitro della mano. Deve cioè mescolare le carte, distribuirle, posizionare quelle del board, supervisionare le puntate e controllare che i giocatori agiscano correttamente. E poi deve anche giocare la propria mano.
L’errore, prima o poi, è quasi inevitabile. Una cosa accettabile quando si gioca tra amici per puro divertimento, ma non quando ci si trova ad un torneo ufficiale o un tavolo cash dove girano cifre non trascurabili. In tutte queste situazioni serve per forza un dealer professionista.
Proprio così: quella del dealer è una professione a tutti gli effetti, per la quale è necessaria un’adeguata preparazione.
Questa la si può acquisire in vari modi, ma non pensate che un paio di video su YouTube bastino per diventare un dealer di livello. E’ molto meglio seguire corsi ben strutturati e organizzati da aziende del settore.
Molte catene di casinò offrono un percorso di addestramento per chi vuole diventare croupier/dealer. Di norma, questo tipo di formazione inizia con le basi di tutti i giochi da tavolo offerti in sala (croupier), poi è possibile specializzarsi nel poker. In alternativa esistono anche scuole dedicate a coloro che sono interessati solo alla professione per il poker. Le trovate facilmente su Internet.
Ma prima di imbarcarsi in questa avventura è necessario avere le idee chiare su cosa significa diventare un dealer professionista.
Non è una passeggiata, è il risultato di allenamento, pratica e dedizione massima. E non sempre è accompagnata dal giusto riconoscimento. Anche i poker dealer professionisti più bravi non ricevono il plauso che meritano, ma sono fondamentali per il successo di una pokeroom o di un festival torneistico.
Non siamo noi a dirlo, ma uno che conosce questo settore da quasi 30 anni, Toby Stone. Secondo il tournament director dello European Poker Tour (EPT) ai tavoli “Serve un dealer socievole, che si diverta, che non giudichi i principianti, che tratti tutti i player allo stesso modo e che distribuisca le carte con velocità e precisione… il 90% dell’esperienza di un giocatore al tavolo è data dal dealer. Prima viene un buon dealer, e poi di seguito tutto il resto“.
In festival come quelli dell’EPT, che mettono in sala circa 150 tavoli, servono squadre composte anche da 200 dealer, più altre 50 persone dello staff per gestire le iscrizioni, le chip e per supervisionare il gioco.
“In media, si lavora 10, 11, 12 ore al giorno. A volte si può arrivare anche a 13 o 14. Ci sono uno o due giorni durante l’EPT in cui i ritmi sono quelli“, spiega Stone. “Ci sono pause, compresa la pausa cena… ma in effetti può essere dura e alcuni eventi ovviamente sono più difficili di altri“.
Chi si avvicina alla professione di solito è un giocatore di poker o almeno un appassionato. La passione per il gioco è un elemento indispensabile anche per un dealer perché rende la professione più godibile.
“Ti deve piacere ciò che fai“, dice Stone. “Sei parte dell’industria dei servizi e hai a che fare con persone che spesso non sono molto gentili. I dealer vengono accusati di distribuire pessime mani e cose simili. Devi avere del pelo sullo stomaco, altrimenti non riuscirai a gestire tutte quelle scempiaggini“.
Ci sono però anche i vantaggi di questa professione.
Ad esempio, lavorare per i tour più famosi (WSOP, EPT, WPT, partypoker Millions etc) significa anche ricevere una buona paga. Di solito il salario dipende dal montepremi del torneo e dalle ore fatte al tavolo. Un dealer freelance ha il vantaggio di non avere vincoli contrattuali e può quindi offrire i propri servizi a tour diversi.
Questo significa anche viaggiare molto e visitare luoghi spettacolari in giro per il mondo, con costi di viaggio e alloggio a carico del datore di lavoro.
E poi, per i più determinati, c’è anche la possibilità di fare carriera, diventando prima supervisore e poi magari direttore di torneo.
Esattamente come ha fatto Stone il quale, alla fine dell’intervista rilasciata a PokerNews, ha sottolineato anche l’importanza delle amicizie che si creano all’interno dello staff e che poi, spesso, durano nel tempo.
“Esiste sicuramente un senso di comunità. Tutte queste persone che lavorano spesso per anni con i loro amici. Penso che molti dealer di poker amino davvero l’industria. Amano il gioco“.
Immagine di testa: un dealer delle WSOP (credits PokerNews)