Da qualche giorno, precisamente dal 28 aprile, i riflettori del grande poker live sono puntati sull’European Poker Tour di Montecarlo.
La tappa monegasca dell’EPT ha preso il via con il torneo “National” che in questo caso prende il nome di France Poker Series. E se il buongiorno si vede dal mattino, è probabile che anche questo secondo appuntamento della Season 2022 farà scintille, come avvenuto a Praga un mese e mezzo fa.
Dei numeri e dei risultati parleremo nei prossimi giorni. Qui invece vogliamo rievocare un po’ di storia di questa tappa, il cui ritorno in sala è atteso da più di due anni.
Montecarlo è una delle location più presenti nell’European Poker Tour. Con 15 presenze su 17 edizioni, compresa l’annata 2017 in cui il tour ha cambiato nome, è al secondo posto dietro all’onnipresente Barcellona.
Non si è giocato a Montecarlo solo nel 2011 (Season 7) e nel 2016 (la brevissima Season 13). In tutte le altre stagioni, fino al 2015, la città sulla Costa Azzurra ha sempre ospitato il Grand Final del tour. Nel 2011 il Grand Final EPT è stato ospitato da Madrid, mentre dal 2016 il termine Grand Final non è stato più usato.
Il fascino che l’appuntamento monegasco esercita sui giocatori risiede in parte nella cornice in cui si svolge. Il Principato della famiglia Ranieri è infatti sinonimo di strutture lussuose e di gioco high-stakes, due elementi che spesso accompagnano i grandi tornei internazionali di poker.
Non stupisce quindi che per molte edizioni il buy-in del Main Event sia stato il più alto di tutti: €10.000. Poi si è abbassato agli attuali €5.300 per allinearsi con i ME delle altre tappe.
Indipendentemente dal buy-in, al final table del torneo principale sono approdati grandi giocatori di poker. Ne citiamo alcuni: Johnny Lodden e Ole schemion (2FT), Patrick Antonius, Daniel Negreanu, Gavin Griffin che ha vinto il torneo nel 2007 (secondo tassello per il suo Triple Crown), Steve O’Dwyer (primo nel 2013) e Adrian Mateos, vincitore nell’edizione del 2015.
Il final table dell’EPT di Montecarlo è stato generoso anche con il tricolore italiano. Nel 2006 Luca Pagano ha centrato il suo terzo tavolo finale EPT su sette raggiunti, chiuso al 6° posto. Nel 2012 Sergio Castelluccio è arrivato a un passo dal podio: 4° nell’edizione vinta dall’americano Mohsin Charania. E poi c’è l’incredibile vittoria ottenuta da Antonio Buonanno nella Season 10 (2014) il quale, dopo essersi lasciato alle spalle Malte Moening (3°) e Jack Salter (2°), ha sollevato la picca e incassato un assegno da €1.240.000.
E poi ancora l’8va piazza ottenuta da Dario Sammartino nel 2016 e la doppia bandierina azzurra piantata da Massimiliano Mosele (9°) e Nicola Grieco (5°) all’EPT di Montecarlo Main Event edizione 2019.
Il tavolo finale più spettacolare rimane tuttavia quello della Season 9 (2013), se non altro per la composizione. Una quantità di star del poker probabilmente irripetibile…
Quell’anno al final table ci sono: Jason Mercier (vincitore EPT di Sanremo nel 2008, 5 titoli WSOP), Noah Schwartz (1 vittoria alle WSOP, 2 al WPT), Jack Cody (Triple Crown Winner), Daniel Negreanu (al secondo FT EPT, 6 braccialetti WSOP, 2 titoli WPT), Johnny Lodden e ovviamente Steve O’Dwyer che in quel momento ha già raggiunto 3 volte il FT di un EPT (questa è la quarta).
Ci sono poi il canadese Andrew Pantling (che oggi vanta più di 4 milioni di dollari vinti live), il libanese naturalizzato americano Kassem “Freddy” Deeb (2 titoli WSOP, 2 del WPT) e il poker pro australiano Grant Levy, il meno conosciuto di tutti.
Se a tutti questi aggiungiamo John Juanda, out all’11° posto, il lotto di top player che hanno lottato per quel titolo è completo. Chiunque avrebbe potuto vincere e – salvo forse i caso di Pantling e Levy – in nessun caso si sarebbe trattato di una sorpresa assoluta.
Dalla mischia, un po’ alla volta viene fuori O’Dwyer. Lo statunitense, ma con tanti anni di Irlanda addosso, è in grande forma e lo dimostra con alcune ottime giocate. Alla fine si lascia alle spalle tutti i “big” e va a giocarsi la picca e 1,2 milioni di euro proprio contro Pantling.
L’heads-up conclusivo lo vede partire da favorito, ma il canadese oppone resistenza. Ed è qui che il poker mostra come, nonostante l’abilità sia fondamentale, per la zampata decisiva a volte serva un po’ di fortuna.
Al livello 40k/80k ante 10k Steve O’Dwyer, avanti per 10,465 milioni vs 5,46 milioni, decide di rilanciare 240.000 chips da SB con 10♣8♥. Andrew Pantling chiama con K♠5♠.
Il flop è micidiale perché offre azione ai player e a tutti gli spettatori che seguono la sfida: 8♦8♠J♠. Il professionista canadese, che ha flush draw di picche, fa check e poi chiama le 300mila chips puntate dal suo avversario.
Il turn è un 4♠ che completa il progetto di colore! Altro check, sul quale O’Dwyer punta 600.000. Pantling risponde con un rilancio a 1.425.000. L’irlandese ci pensa un po’, controlla lo stack di chi gli sta di fronte e alla fine annuncia l’all-in.
Allo showdown, vedendo il colore chiuso, O’Dwyer sorride, un po’ come se l’avesse evocato. A questo punto l’irlandese ha circa il 23% di possibilità, potendo contare su tre J, tre 4, tre 10 e un solo 8.
Mentre il dealer è pronto a girare il river, la sensazione è che la partita stia per prendere la direzione di Pantling. Poi l’ultima carta arriva: è la meno probabile, l’8♣ rimasto nel mazzo che trasforma il tris di O’Dwyer in un poker!
All’EPT di Montecarlo, il final table più bello di sempre si tinge di USA e Irlanda!
Immagine di testa: Steve O’Dwyer (credits TSG)