Vai al contenuto

Quando, agli inizi degli anni Duemila, l’avvento del gioco online e l’ormai ben noto effetto Moneymaker trasportarono il poker americano al di fuori degli Stati Uniti rendendolo un fenomeno globale, molti specialisti di altre discipline ludiche furono subito attratti dalla novità. Parliamo di ottimi giocatori di bridge, come ad esempio il tre volte vincitore di un braccialetto WSOP Barry Greenstein, tanti campioni di backgammon (ne citiamo uno per tutti, Erik Seidel), professionisti di dama e di altri giochi di società competitivi, in particolare il gioco di carte collezionabili Magic: The Gathering (il nome Dario Minieri vi dice nulla?)

Ognuno di loro ha portato al gioco del poker qualcosa della propria abilità ed esperienza specifica. In particolare gli scacchisti. Senza dubbio sono stati proprio gli scacchi, insieme al backgammon, ad aver fornito al poker alcuni dei giocatori di maggior talento. Delle storie di alcuni di loro vi diremo in un prossimo articolo, ma adesso ci interessa capire quali sono le caratteristiche che uniscono uno dei giochi più complessi ed antichi al mondo (gli scacchi) a quello che ha trasformato una partita a carte in un evento mediatico globale, intorno al quale girano ogni anno miliardi di dollari (il poker).

Per farlo, abbiamo parlato con Jennifer Shahade. Due volte campionessa femminile degli Stati Uniti, Jennifer Shahade vanta il titolo FIDE di Woman Grandmaster. E’ inoltra autrice di libri sugli scacchi, quali Chess Bitch and Play Like a Girl e coautrice con Marcel Duchamp di The Art of Chess. Nel 2014, ha vinto a Praga un torneo Highroller di poker cinese con un primo premio di 100mila euro, che l’ha rivelata al mondo del poker. Le sue vincite nel poker live ammontano a poco meno di $350.000 e il suo miglior risultato, poker cinese a parte, è un 31° posto da 43.400 dollari conseguito al Main Event PCA nel 2014.

Questo è quanto Jennifer Shahade ci ha raccontato sul rapporto tra scacchi e poker.

Quando si inizia a giocare a poker, inevitabilmente bisogna imparare la classifica, cioè il valore, delle mani. A cosa corrisponde questo primo step di apprendimento quando si tratta di scacchi?

Direi che anche negli scacchi si può parlare di un valore dei singoli pezzi. In realtà questo concetto di valore è più un’approssimazione che un elemento definitivo, perché lo scopo negli scacchi è dare scacco matto all’avversario o costringerlo alla resa. Però si può parlare di un valore medio dei pezzi, applicabile alla maggior parte delle posizioni sulla scacchiera. Questa è l’analogia più diretta con l’hand ranking del poker e più o meno recita così: Regina = 9, Torre = 5, Alfiere = 3, Cavallo = 3, Pedone = 1. Il re non ha un vero valore, perché non puoi catturarlo. È molto utile (conoscere questi valori), e spesso diventa un’informazione molto preziosa durante la partita. Ma anche dare troppa importanza ai valori non va bene, perché magari concentri tutta l’attenzione a prendere la regina che vale tanto, e poi però subisci scacco matto.

Nel tuo articolo pubblicato sul Washington Post dove descrivi i “Cinque miti sugli scacchi”, metti in evidenza come le persone spesso trascurino l’importanza del pedone…

Esatto. Il punto è che nonostante i pedoni non abbiano lo stesso valore degli altri pezzi, sono importanti perché occupano molti spazi sulla scacchiera. In qualche modo determinano la direzione e la fluidità dell’attacco: senza pedine, tutto viene semplicemente scambiato o catturato. Sono meno potenti, ma occupano 16 caselle!

Nel poker, una volta che conosci il ranking delle mani, ci sono altri concetti fondamentali che è bene imparare presto – cose come l’importanza della posizione. Ci sono uno o due concetti chiave negli scacchi che chi inizia a giocare dovrebbe subito imparare e che sono altrettanto importanti?

Forse la difesa del re (king safety) e lo sviluppo (development) del gioco, intendendo con questo l’importanza di far entrare in gioco rapidamente i pezzi per costruire la difesa. Se da neofita stai già mettendo in pratica questi due concetti, sei partito proprio bene!

Parlaci del concetto di occupare la zona centrale della scacchiera? Equivale forse al ruolo della “posizione” nel poker?

Sì, è altrettanto importante. Sviluppare il gioco di solito significa proprio questo, conquistare il centro. E comunque è il sistema più “armonioso” per farlo.

Un modo per “tenere il punteggio” nel poker è guardare alle dimensioni degli stack. Negli scacchi, come fai a sapere se sei in vantaggio o se sei indietro? Non si tratta solo di quanti pezzi hai catturato o hai perso, vero?

In realtà questo sarebbe probabilmente il sistema più simile, calcolare quanti pezzi sei avanti o indietro. È un sistema approssimativo, ovviamente. Se subisce  scacco matto, perdi comunque anche se hai più pezzi dell’avversario. Ma, di solito, se hai un vantaggio in pezzi significa che hai maggiori probabilità di vincere la partita.

Il bluff è un elemento essenziale del poker. Esiste qualcosa di simile negli scacchi?

È raro, però può capitare. Qualcosa di analogo negli scacchi è giocare una mossa con molta sicurezza e sperare che il tuo avversario non veda la risposta corretta, perché se la vede, sei morto. Immagina di metterlo di fronte a una decisione matematica che però l’80% delle volte sai che potrebbe non essere vista perché hai giocato con disinvoltura, e quindi tu ci provi. Ma il 20% delle volte che l’avversario la vede, perdi. Lo ripeto, è una cosa che capita ogni tanto. Qualcosa che accade un po’ più frequentemente e che potrebbe essere paragonato ad un bluff è una mossa intermedia. C’è una parola tedesca per questo: zwischenzug. Immagine che sei convolto in uno scambio di pezzi, una serie di catture e all’improvviso piazzi una mossa a sorpresa, che però ti apre altre possibilità. A volte l’avversario non si rende conto del diversivo e questo ti fa vincere la partita.

Capisco… è come un bluff perché hai impostato il gioco in modo che l’avversario si aspetti una cosa quando in realtà lo stai ingannando e stai per fare qualcosa di diverso.

Esatto. È una parte davvero fondamentale della tattica degli scacchi. Significa solo qualcosa di inaspettato, in poche parole.

Questo mi fa pensare a tutte le diverse aperture di scacchi che i giocatori esperti conoscono. “The Queen’s Gambit” (Gambetto di Donna, ndr) ne è un esempio. È giusto paragonare queste giocate di apertura  a quelle”standard” del poker, come rilanciare prima del flop o continuare a puntare (continuation bet, c-bet) dopo aver rilanciato?

Questa è in realtà una buona analogia. Negli scacchi, le strategie di apertura sono una parte del gioco in cui conta la capacità di memorizzarle. Non tutte le persone hanno la stessa capacità di ricordare. Alcune persone semplicemente non funzionano bene con la pura memorizzazione. Hai esperienza e ricordi le cose in quel modo, e sviluppi schemi di riconoscimento per situazioni simili. In entrambi i giochi serve un po’ di capacità di assorbire facendo e osservando. E questo si trasforma in esperienza e abilità nel riconoscere che una certa situazione si sta per verificare.

Infine, sappiamo che il poker è un “gioco di abilità”, ma anche la fortuna conta. Al contrario gli scacchi sembrano essere solo abilità e niente fortuna. E’ davvero così?

Un po’ di fortuna c’è anche negli scacchi, ma non molta. Non è come una parte integrante del gioco, è più un fattore esterno al gioco. Esiste per esempio nel sorteggio per giocare con i pezzi bianchi (che muovono per primi, ndr) o quelli neri. O se per esempio il tuo avversario che normalmente è un giocatore molto abile, fatalità quel giorno è un po ‘stanco e non gioca al meglio. O magari non si accorge di una tua apertura, di una tua mossa.

Quindi la fortuna negli scacchi non è come ricevere una carta fortunata, ma ha più a che fare con aspetti umani, ovvero l’imperfezione, la possibilità di commettere errori e via dicendo?

Precisamente. Ad esempio, non c’è da sorprendersi se per vincere un torneo importante deve prima capitare che un avversario forte commetta un grave errore. Tuttavia, la fortuna negli scacchi ha un ruolo molto minore rispetto al poker. Il margine per il caso è davvero poco, ma può diventare decisivo quando si gioca ad alti livelli.

 

Foto di testa: la scacchista Jennifer Shahade, qui in versione torneo di poker! (concessione Assopoker.com)

Related Posts

None found