Con il ritorno dell’European Poker Tour, avvenuto dieci giorni fa, il gioco dal vivo è ufficialmente entrato nella fase post-pandemia.
La ragione è che ora tutti e tre i più importanti circuiti live, i più famosi, i più storici, quelli che formano il cosiddetto Triple Crown, sono di nuovo in circolazione.
Le World Series Of Poker lo hanno fatto l’autunno scorso. Il World Poker Tour di fatto si è fermato solo nel 2020, anche se l’azione è rimasta limitata agli Stati Uniti. A breve la kermesse tornerà in Europa con il WPT DeepStacks di Amsterdam (25/03-02/04).
Infine l’EPT che è ripartito da Praga, una delle tappe “evergreen” del tour. E lo ha fatto “col botto”, come vi abbiamo raccontato qualche giorno fa in diretta dalla capitale ceca.
Nella pokeroom del King’s Casino abbiamo respirato di nuovo l’aria del grande poker anche grazie alla presenza di tanti campioni. Tra questi c’era Salvatore Bonavena che proprio a Praga è diventato il primo italiano capace di vincere un EPT Main Event.
Incontrarlo durante l’Eureka è diventato inevitabile, anche per il valore simbolico della sua presenza a Praga dopo due anni di stop.
Ciao Salvatore, è un piacere rivederti in azione dal vivo. Che sensazione ti dà essere di nuovo in sala per giocare un EPT?
Guarda, è qualcosa di unico anche se in realtà nel 2021 ho giocato un po’ di tornei, principalmente a Rozvadov. Ma due anni senza EPT si sono fatti sentire, non vedevo l’ora di sedermi a questi tavoli. E poi con questi numeri…
In effetti è un record per l’Eureka: te lo saresti aspettato?
Onestamente sì. Forse non così tante entries (3.155, ndr) ma ero sicuro che ci sarebbe stato un grande field. Questi numeri dimostrano che la voglia e la passione per il poker dal vivo sono ancora alte in Italia, in Europa e nel mondo!
Quindi secondo te il poker può tornare a essere quello del boom?
Temo che questo sia impossibile. A guardare questi numeri di Praga e del WSOP Circuit/WSOPE di Rozvadov, il poker live sta dando segnali di forte ripresa dopo il calo iniziato più o meno nel 2015. Tra l’altro in mezzo c’è stata la pandemia. Però non dobbiamo illuderci: il field non è più lo stesso. Quando io ho iniziato a giocare seriamente, l’offerta di tornei era più ampia e le sale da gioco erano sempre piene. D’altra parte il settore si è un po’ “asciugato” ed è anche meno profittevole: il livello dei giocatori adesso è più alto e, scusate l’espressione, i fish sono stati divorati.
Hai un po’ di nostalgia per quegli anni, quelli del “tuo” EPT?
Sì, tanta. Ma non soltanto perché era più facile vincere, c’era anche uno spirito diverso: competitivo sì, ma accompagnato dalla voglia di socializzare e di divertirsi.
Quanto poker c’è ancora dentro di te?
Ce n’è ancora tanto, però ho bisogno di divertirmi. Sarò sincero: in questo momento mi sento un po’ “in pensione”. I miei due figli si sono trasferiti a Milano per studiare all’università e io sto aiutando mia moglie che è rimasta sola nella gestione dell’attività che abbiamo a Vibo Valentia (settore tabacchi). Nel frattempo la pandemia mi ha costretto a chiudere il circolo (legalmente registrato, ndr) che gestivo e per il momento non mi va di aprirne un altro. Il poker rimane un aspetto importante della mia vita, ma non sempre mi diverto come vorrei. Secondo me qualcosa andrebbe cambiato, anche nell’ambito di tour importanti come l’EPT…
I tuoi consigli sono preziosi e non abbiamo censure…
Per prima cosa eliminerei le registrazioni multiple. I tornei più importanti come i Main Event devono essere in modalità freezout, altrimenti il conto in banca ha un peso che invece non dovrebbe avere. I tornei freezout sono più emozionanti e, in un certo senso, consentono di giocare ad armi pari. Questo è un incentivo importante per i non professionisti. Pensa come si sente un giocatore amatoriale che è riuscito ad eliminare un regular nel Day1 e poi se lo ritrova davanti nel Day2 perché questo si è qualificato con un altro flight!
E poi c’è la questione della struttura. Adesso tanti tornei usano la regola del big blind ante. Non mi piace, forza il gioco nelle fasi iniziali e anticipa la fase push-fold per tanti stack che altrimenti potrebbero permettersi un po’ più di azione. Capisco i vantaggi, soprattutto per i dealer, ma se proprio vogliamo tenere questa formula allora gli stack iniziali devono essere più grandi. Nel ME Eureka, ad esempio, io farei partire tutti con 45mila chips.
Un’ultima domanda. Hai parlato di passione per il poker e di giocatori amatoriali: qual è la tua ricetta per alimentare questo binomio?
E’ semplice. Servono tornei dove il divertimento è l’aspetto fondamentale e non ci sono solo i giocatori a caccia di soldi: quindi buy-in alla portata di più persone (ma compatibili con in costi dell’organizzazione) e strutture giocabili. Qualcuno lo sta facendo già da diversi anni. E poi serve una legge per i circoli. Ma qui si entra nel campo della politica…
E allora noi ci fermiamo, con la speranza però di vederti presto a un altro EPT…
Questo è sicuro. Non sono ancora certo di andare a Montecarlo ma a Barcellona ci sarò!
Immagine di testa: Salvatore Bonavena (credits Neil Stoddard/TSG)