“Non dovrei farlo, ma la gioco perché è la mia mano fortunata!“. E’ una frase che vi suona familiare? Se siete abituati al poker dal vivo probabilmente sì.
La scena. Andate all-in con una mano legittima, tutti foldano fino al chipleader che in queste situazioni di solito è un giocatore mediocre ma in run totale. Spillatina alle carte, ghigno dietro alla catasta di chips, frase incriminata e call.
L’epilogo è quasi sempre infelice per la best hand, perché quella è la sua mano fortunata. Ma siamo sinceri: chi non be ha una?
Persino i grandi pro non sono immuni a un po’ di pensiero magico. Volete qualche esempio?
Il più noto è quello di Doyle Brunson e del suo 10-2: sia suited che offsuited visto che in entrambi i casi Texas Dolly l’ha usato per vincere il Main Event WSOP (1976 e 1977). Comprensibile che sia la sua mano fortunata e che il mondo del poker l’abbia ribattezzata con il suo nome.
Anche Phil Hellmuth ha una mano “portafortuna”. Anzi ne ha due: una è Big Slick, cioè A-K, l’altra è 9♠9♣ con la quale ha vinto il ME WSOP nel 1989. Mani fortunate per lui ma anche decisamente più giocabili di 10-2!
Phil Ivey condivide con Hellmuth sia il buon senso che la lucky hand: anche per No Home Jerome si tratta di una coppia di 9.
Coppia anche per Michael Mizrachi: The Grinder apprezza soprattutto quella di 4.
Daniel Negreanu punta invece su 10-7. La ragione non è certa, ma potrebbe essere legata a un bluff andato a buon fine. Lo trovate al minuto 10:00 di questo video.
Parlando di pensiero magico in questa lista non può mancare Antonio Esfandiari che ha una particolare passione per 7-9. E’ possibile che The Magician l’abbia usata per qualche trucco di… manipolazione!
Infine, Chris Ferguson. Anche se il suo nome rimane in parte legato allo “scandalo Full Tilt“, non si può negare che l’americano sia un grande giocatore di poker. Con il suo look un po’ Jesus un po’ cowboy, Ferguson ha vinto 9,5 milioni di dollari e 6 braccialetti WSOP. Uno di questi è il Main Event edizione 2000: in quel caso la mano vincente è stata un A-9, diventata da allora anche la sua mano fortunata.
Fino a qui tutto bene, nel senso che si tratta dell’affezione per una mano legata a un evento positivo. Nient’altro che questo.
Ma ci sono anche giocatori per i quali la lucky hand è realmente qualcosa di più: un simbolo da portare sempre con sé.
Un esempio di questo modo di vivere il poker lo si è visto al Main Event delle WSOP Europe di Cannes nel 2011. Il protagonista è il francese Thierry Gogniat.
Il ME è agli inizi. Si gioca infatti il Day1b e il livello indica bui 150/300. Il pro australiano Andrew Hinrichsen (2,5 milioni di dollari in carriera e un titolo WSOPE vinto qualche giorno prima del ME), apre a 750 da early position. Lo chiamano in tre: Daniel Walker (bottone), Thierry Gogniat (SB) e Lionel Cohen (BB).
Il flop porta 7♦7♠3♦. Dopo il doppio check dei bui, l’australiano c-betta 1.500. Walker abbandona. Gogniat invece se ne esce con un raise fino a 3.500 chips. Cohen instant-folda e lascia a Hinrichsen il fardello della decisione finale. L’australiano, che apparentemente ha qualcosa, va in the tank. Ed è proprio durante la sua pensata che arriva il bello.
Dopo circa un minuto, Thierry Gogniat inizia a sbottonarsi la camicia. Parte dal colletto e dopo un paio di bottoni arriva all’altezza del petto. Qui fa capolino il tatuaggio di una mano: Q♥7♥!
E’ forse questa la mano preferita di Gogniat? Il francese non risponde alla domanda, ma è facile immaginare che sia così.
La domanda vera è se lo strip sia stato un avvertimento o un bluff. Il francese non risponde neanche a questa. Aspetta il fold del suo avversario e poi gira sul tavolo un 7♥!
Senza dubbio Thierry Gogniat questa action “se l’è sentita a pelle”…
Immagine di testa by Getty Images