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Si dice che “buon sangue non mente” ma le scelte esistenziali non sono quasi mai una semplice questione di DNA. La storia di Piero Alioto conferma che la vita è un mix di cose: quelle che si desidera fare, quelle che si possono fare e quelle si devono fare.

In questi giorni di European Poker Tour barcellonese, Piero Alioto è stato il migliore degli italiani impegnati nel Main Event. Dopo la durissima selezione del Day4, il palermitano è stato l’unico giocatore del Belpaese a tagliare il traguardo di fine giornata. Il Day5 gli è stato invece fatale perché, nel primo livello di gioco, è incappato in un cooler: 99 vs JJ di Rania Nasreddine e board liscio.

Piero Alioto

Nonostante un po’ di giustificata delusione, Piero Alioto si è prontamente rimesso in gioco con un altro evento. Il fatto è che il poker gli piace davvero tanto, come lui stesso ci ha raccontato subito dopo la fine del Day4.

Gli eventi live di poker, soprattutto quelli dell’EPT, sono una passione. Non essendo un giocatore professionista, mi permettono di misurarmi con avversari forti. L’organizzazione è ottima, c’è un buon ambiente. Puoi parlare con altre persone, con qualcuno riesci pure a scherzare, a ridere, insomma mi diverto a giocare i tornei dal vivo.

Piero Alioto non gioca per guadagnarsi da vivere, a differenza di suo fratello Dario, il ben noto professionista di poker, vincitore di un braccialetto WSOPE nel 2007 a Londra e specialista di Pot Limit Omaha e di varianti in generale.

Dario Alioto (credits PokerNews)

Ho due anni e mezzo in più rispetto a lui, sono il fratello più saggio (ride, ndr). Però è stato Dario ad avvicinarsi per primo al poker. In Italia il gioco era appena arrivato, ma lui stava già ottenendo dei buoni risultati. Nel 2005 ha vinto il ticket per partecipare l’EPT di Barcellona: è volato in Spagna ed è arrivato 7° nel Main Event. A quel punto Dario ha deciso di lasciare l’università. Ha detto a nostro padre: non darmi più la paghetta per l’università perché voglio dedicarmi professionalmente al poker.

Uno dei due fratelli ha fatto la scelta che ancora oggi lo accompagna, e con ottimi risultati. E l’altro?

Io stavo finendo l’università quando Dario mi ha fatto conoscere il poker. Ci allenavamo in heads-up, ma lui in quel periodo mi distruggeva perché era già molto avanti a livello tecnico. Tutto questo però mi è servito, perché adesso me la gioco quasi alla pari con lui. Qualche mese fa a Rozvadov, l’ho eliminato dal PLO HR del Big Wrap!

Anche Piero ha le skills per dedicarsi al poker, e per un po’ sembra che i due fratelli possano formare un’accoppiata molto interessante a livello professionistico. Ma il maggiore si trova davanti a un bivio.

Durante l’Erasmus, oltre ad incontrare quella che poi sarebbe diventata mia moglie, ho studiato molto il gioco. Mi sono laureato nel 2007 e poi per 2-3 anni ho vissuto di poker anche io, ma contemporaneamente ho dato una mano nella farmacia di famiglia. Quando però nostro padre si è ammalato e non ha più potuto lavorare, ho dovuto prendere in mano l’attività. A quel punto il poker è passato in secondo piano, anche se probabilmente in quel momento pensavo di fare il giocatore professionista.

Piero Alioto (credits RIHL)

Tuttavia il gioco non è sparito dalla sua vita, soprattutto se parliamo di tornei dal vivo. Nel 2010 Piero Alioto va a premio in un side dell’EPT di Sanremo. In seguito piazza qualche altro in the money, fino al 2015. Poi c’è una pausa di risultati fino al 2022, anno in cui vince il 1.100 euro NLH all’EPT di Praga. E’ il suo miglior risultato finora, seguito dal 37° posto nell’EPT di Barcellona ottenuto due giorni fa. In tutto, sono 14 i suoi itm conquistati nel post-pandemia.

Dal 2010 in avanti ho giocato pochissimo. Sono tornato in azione dopo la pandemia, e ho fatto alcuni buoni risultati. Nel poker mi concentro soprattutto su chi ho di fronte. Non ho uno stile di gioco specifico, perché cerco sempre di adattarmi all’avversario e alla fase del torneo. Di sicuro non sono troppo loose, però mi piace essere aggressivo quando entro in azione. Per il resto, credo di avere una buona capacità di lettura, non solo delle mani ma anche della tipologia di avversario che mi trovo davanti.

Su 19 risultati nei tornei live, Piero Alioto ne ha ottenuti 16 con il Texas Hold’em e 3 con il Pot Limit Omaha.

Tra TH e PLO preferisco il secondo. A Omaha c’è più varietà, ci sono più mani giocabili. Trovo che il TH sia ormai un po’ ripetitivo, ma è il più usato nei tornei e bisogna adattarsi. Quello che però mi dispiace maggiormente è la scarsità di eventi in Italia: spero che in futuro qualcosa cambi, perché non sempre è comodo spostarsi all’estero per chi ha un altro lavoro.

A meno che non lo si faccia per professione. Ma su questa opzione, Piero Alioto ormai ha deciso.

Un budget extra? Forse lo userei per parteciperei a qualche torneo in più, ma senza esagerare. Per me non si tratta di una questione di soldi, che fortunatamente non mi mancano, ma di una scelta di vita troppo complicata. Fare il professionista di poker comporta tanti sacrifici: sempre in giro, tempi ridotti, relazioni difficili da tenere in piedi. Per me partecipare a un torneo deve essere un piacere, un gioia. Io lo considero come un evento assimilabile allo sport, perché le skills contano molto nel poker, e a me interessano il trofeo e la competizione in sé. Ma soprattutto la carriera da pro non va d’accordo con la famiglia: la mia è bellissima, sto bene a casa mia, perché dovrei cambiare?

Immagine di testa: Piero Alioto (credits RIHL)

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