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Non è finita finché l’arbitro non fischia, si dice nel mondo dello sport. Nel poker, per esprimere lo stesso concetto, si usa una frase diversa, presa dagli americani: “a chip and a chair“, ovvero si continua a giocare finché c’è almeno un gettone disponibile.

Le origini di questa espressione non sono del tutto chiare. Sembra che sia stata pronunciata per la prima volta nel 1982 da Jack “Treetop” Straus, impegnato in quel momento nel Main Event delle World Series Of Poker. Ad un certo punto del torneo, Straus mette in mezzo il suo stack senza però dichiarare “all-in”. Perde il colpo, si alza dalla sedia e si avvia verso l’uscita. A quel punto il dealer lo ferma facendogli notare che gli è rimasta una singola chip da 500. Grazie a quella vincerà poi il torneo.

Jack “Treetop” Straus (1930-1988). Immagine via PokerNews

Ma come si fa a rimanere con una sola chip nello stack? E’ sufficiente che un giocatore perda un all-in contro un avversario con una chip in meno. Non è una situazione frequente, ma può succedere. Ne è la prova Giuliano Bendinelli, che nel 2022 è riuscito a vincere l’EPT di Barcellona dopo essere rimasto con poco più di un big blind.

A volte sono gli stessi giocatori di poker a scegliere di rilanciare quasi tutto, lasciando dietro il minimo (una chip, un big blind). Lo fanno per mantenere la possibilità di guadagnare uno step nel payout qualora l’azione finisca male, specialmente quando ci sono diversi shortstack al tavolo.

Oppure c’è il modo che ha sperimentato Andrea Caizzi due giorni fa all’EPT Main Event di Barcellona.

Andrea Caizzi (credits RIHL)

Origini siciliane, Caizzi è nato in Germania e poi si è trasferito in Belgio. Parla cinque lingue (francese, tedesco, italiano, inglese e spagnolo) più o meno fluentemente e gioca a poker da una decina d’anni. Non lo fa per professione, anche se spera di riuscirci prima o poi visto che ha già ottenuto 54 itm nei tornei a buy-in medio/basso, organizzati soprattutto in Belgio.

Barcellona rappresenta la sua prima volta in un EPT. Ha iniziato partecipando all’Estrellas Main Event e poi all’Estrellas Poker Cup, conclusi con un doppio itm. Domenica 1 settembre, Andrea Caizzi ha deciso di investire i soldi incassati in un satellite da 600 euro con in palio il ticket per il Main Event. Lo ha vinto e da lì è iniziata la sua strana storia. Più precisamente, è iniziata con un messaggio su whatsapp.

Era più o meno l’una di notte, ero felicissimo di aver vinto la qualificazione al Main Event. A quel punto, i miei amici (un gruppetto di 4, ndr) mi hanno contattato su whatsapp perché volevano che li raggiungessi alla discoteca collegata al casinò. Io non ne avevo voglia, non sono una da discoteca. Ho detto no, non vengo, mi devo riposare per il Main Event. Ma loro hanno insistito e alla fine ho ceduto. In fondo, volevano festeggiare la mia qualificazione“.

Agli amici è sempre difficile dire di no, ma ad attendere Andrea Caizzi c’è una brutta sorpresa.

Arrivo in discoteca e lì trovo i miei amici trattenuti dalla polizia per non aver pagato una bottiglia di vino. Dal momento che parlo diverse lingue, compreso lo spagnolo, ho pensato di dare una mano facendo da traduttore. Ho spiegato che la bottiglia era stata acquistata da un’altra persona, uno che centra niente con il nostro gruppo e che poi se l’è bellamente svignata. Niente da fare, praticamente non mi hanno quasi ascoltato. Ci hanno presi e portati in centrale.

Alle 2:00 della mattina di lunedì 2 settembre, Caizzi e altri due suoi amici finiscono dietro le sbarre, anche se lui parla di “prigione”: non siamo sicuri che il termine sia corretto, ma la sostanza è che li hanno messi in una cella. “C’erano pure gli scarafaggi!“, specifica il giocatore italo-belga. Vengono trattenuti per ben 33 ore, dopodiché la polizia decide di rilasciarli senza troppe spiegazioni né richiesta di cauzione.

Qui finisce la parte della “paura” legata a questa storia. Inizia invece quella del “delirio” pokeristico, perché nel frattempo il Main Event è già arrivato al Day2.

Bubble moment all’EPT di Barcellona 2024 (credits RIHL)

Com’è giusto che sia, l’organizzazione del torneo ha sempre considerato Caizzi tra i partecipanti grazie al ticket vinto ma, livello dopo livello, ha dovuto prelevare i bui dal suo stack.

Sono arrivato in sala al livello 13 (il penultimo della giornata, bui 1k/2,5k bb ante 2,5k ndr), e mi sono trovato con solo 8.000 chips e in posizione di BB. Un giocatore va all-in e io devo foldare. Scendo a 3.000 gettoni e nel giro successivo devo pagarne altri 1.000 per lo SB.

Ed è a questo punto che inizia il miracolo.

Spillo 10♦7♦ e chiamo l’all-in dell’avversario che ha [Ax][8x]: centro il trips e raddoppio. Nella mano successivo ho A♣6♣, vado all-in contro due giocatori e vinco con coppia di 6! Qualche mano più tardi, ricevo coppia di 9 (da SB, presumiamo, ndr). C’è un miniraise e decido di fare call soltanto, perché so che mi chiamerà se vado all-in, ma magari potrebbe mollare al flop se il board è dry. Scendono [Jx][5x][3x] e io vado all-in diretto. Il problema è che oppo ha AA. Morale: 9 al river e altro 2-up.”

Finita? Nemmeno per idea.

“Non entro più in gioco fino agli ultimi 10 minuti del Day2. Sono utg e il dealer mi dà Q♣8♣: all-in diretto! Chiamano in due, uno con [Jx][Tx], l’altro con [Ax][9x]. Il flop porta [Jx][9x] e non ricordo la terza carta, ma comunque ho il gutshot e la possibilità di battere la coppia di J ack con una Dama. Al river arriva proprio lei e faccio l’ultimo 2up!“.

Ricapitolando: 4 all-in tutti vinti che lo portano a quota 26.000 chips per la giornata successiva.

“Nel Day3 non ho mai giocato fino allo scoppio della bolla. A quel punto ho ricevuto [Ax][4x]: apro io, un altro shortstack mette tutto con [Kx][Tx] e trova il [Tx] al turn. E lì è finito il mio torneo.”

Il miracolo, però, Caizzi lo ha già ricevuto e va bene così, come ammette lui stesso nel finale dell’intervista. “Andare in prigione mi è sembrato un incubo però, se analizzo le cose adesso, devo ammettere che forse è stato anche un colpo di fortuna. Se avessi giocato il Day1, magari non lo avrei superato, magari non sarei nemmeno andato in the money…”.

In un certo senso ha ragione. Si chiama butterfly effect. Non sappiamo se Andrea Caizzi diventerà mai un grande giocatore di poker ma, se dovesse succedere, in piccolissima parte avranno influito anche la paura e il delirio vissuti a Barcellona in queste giornate di European Poker Tour.

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