Nel poker, resistere a un brutto colpo è al tempo stesso un’abilità e una necessità. Potremmo citare un grande classico del cinema, Frankestein Junior, dicendo che di fronte ad una bad beat ci vogliono “Calma, dignità e classe“. E soprattutto tanta pazienza.
Bisogna ammettere, però, che non tutte le bad beat sono uguali: da un lato, perché la percentuale di sfortuna può essere più o meno elevata; dall’altro per il peso di quello che c’è in palio. Parliamo di titoli importanti ma soprattutto di denaro che in certi casi può essere davvero tanto. Come quello riservato al vincitore della 42a edizione delle World Series Of Poker: 8.944.310 dollari.
A Las Vegas, il 17 luglio 2010 il Main Event delle WSOP entra nella volata forse più difficile, quella che conduce alla composizione del final table. In gara ci sono ancora 15 giocatori e solo per nove di loro c’è la possibilità di accedere all’ultima fase del campionato del mondo che si svolge a novembre.
Su uno dei due tavoli sono riuniti il chipleader Jonathan Duhamel e Matt Affleck, entrambi giocatori poco conosciuti, almeno fino a quel momento. Il primo ha qualche “bandierina” in più (il suo miglior risultato è un 10° posto all’EPT di Praga 2008), ma di fatto si è qualificato al ME con un satellite online. Affleck, invece, è sostanzialmente al debutto sul palcoscenico del grande poker, come lui stesso ha raccontato in un mini-documentario per PokerCentral: “Mi ero appena laureato in finanza all’università di Washington, nel 2010. La crisi economica imperversava e c’erano 1.000 miei coetanei che si proponevano per un singolo posto di lavoro. Io invece mi trovavo alle WSOP per il mio primo anno da professionista. Nel late stage del torneo mi è arrivata addosso tanta attenzione mediatica e questo mi ha messo sotto pressione“.
Oltre ai media, c’è il fatto che Affleck è secondo in chips e ha ottime chance di accedere al tavolo finale. Ad un certo punto “spilla” A♠A♣.
“Ho quasi dato un tell quando ho visto A-A, perché la monster è arrivata dopo una serie di ottime mani, tutte nel momento più importante della mia carriera. In più avevo il vantaggio della posizione, giocando da bottone. A quel punto ha sperato con tutto me stesso che qualcuno commettesse un grande errore contro di me. D’altra parte gli 8 milioni di primo premio sono una che ti sistema per il resto della vita“.
L’errore non c’è, ma vuole il caso che Duhamel abbia a sua volta una big hand, J♥J♣, con la quale apre il gioco a 575.000 chips. Affleck non ci pensa su troppo e rilancia fino a 1.550.000. Il resto del tavolo si chiama fuori e lascia che la sfida prosegua tra i due. Palla di nuovo al canadese che forbetta per 3,9 milioni di chips. Di fronte alla nuova prova di forza del suo avversario, lo statunitense sceglie di fare solo call. Il motivo della sua giocata è analizzato sempre nel mini-documentario: “Ci sono un paio di ragioni per cui ho deciso di fare solo call. La prima è che Duhamel punterà altri 4 milioni sul flop con una frequenza altissima, indipendentemente dalle carte che scenderanno. In secondo luogo, avendo A-A la possibilità che lui possa superarmi al flop è ridotta. La mossa migliore qui è fare slowplay“.
Scende il flop: 10♦9♣7♥. Duhamel, nonostante sia l’aggressore preflop, qui si limita al check. Affleck decide allora di prendere valore dalla propria mano e punta più di metà piatto, con una bet da 5 milioni. Jonathan effettua un rapido call, facendo così salire il piatto a 18 milioni.
“Sul flop non ci sono flushdraw, ci sono possibili scale ma non ho alcuna paura di mani che mi siano davanti” spiega Affleck. “Jonathan mi stupisce e fa check, il che mi dice che probabilmente non ha niente. Ci sono 10 milioni in mezzo e io punto 5 milioni. Se va all-in, sarò contento di chiamare con la mia coppia di Assi. Se invece si limita al call ci saranno quasi 20 milioni e a quel punto andrò all-in su qualsiasi carta al turn“.
Il turn è una Q♦ che apre anche un progetto di scala bilaterale per Duhamel, nonostante le sue possibilità di successo siano adesso calate al 21%. Il canadese checka di nuovo ma subisce l’all-in da oltre 11 milioni di Affleck che lo manda “nel pensatoio”. Questo è il commento di Affleck nel documentario: “…quando dico ‘all-in’ spero che non chiami subito. Se non chiama entro un secondo, sono certo di essere avanti. A questo punto lui non dice nulla per 5 o 6 minuti e io sono molto felice. L’orologio va avanti, poi improvvisamente effettua il call. Non me lo aspettavo dopo tutto quel tempo!“.
Allo showdown Duhamel sprofonda nella disperazione mentre Affleck vive il momento pokeristico più bello della sua vita: “Pensavo avesse K-K ma in ogni caso ero certo che avrei raddoppiato. Non ho considerato nemmeno per un attimo alla possibilità di perdere. L’anno precedente ero andato deep e mi sembrava che finalmente fosse arrivata la mia chance di giocare per un premio che mi avrebbe cambiato la vita“.
A separare Affleck da un piatto che vale quasi sicuramente l’accesso ai final 9 ci sono 10 out in una sola street, ovvero un 20% a sfavore. Purtroppo per lui scende la carta sbagliata: un 8♦ che regala la scala a Duhamel.
Nell’incredulità generale il canadese vince il mostruoso pot da oltre 41 milioni di chip e rifila al suo avversario una bad beat veramente difficile da ingoiare.
“Ero sotto shock, non avevo gli occhiali con me e mi sono dovuto avvicinare al tavolo per essere certo che fosse un 8. Non potevo crederci. Poi ho capito che ero fuori, era finita“.
Affleck fatica a trattenere le lacrime. Poi abbandona la sala ricevendo l’applauso di tutto il pubblico, Jonathan Duhamel compreso. Le telecamere lo scoveranno mentre si sfoga nei corridoi del casinò. Qualche mese dopo, il canadese diventerà campione del mondo. Per la cronaca, tra i November Nine di quel final table ci sarà anche un italiano, Filippo Candio che chiuderà al 4° posto.
A tanti anni di distanza Matt Affleck è ancora un ottimo giocatore di poker. Ha raggiunto altre due volte un FT delle WSOP (non del ME), e un FT del WPT. Ad oggi le sue vincite ammontano a poco meno di 3,5 milioni di dollari.
Ma soprattutto lo statunitense è riuscito a superare con pazienza l’incubo di quella bad beat e a trovare le motivazioni giuste per non mollare: “Se avessi vinto il torneo per 8 milioni di dollari così giovane, non avrei più avuto alcuno stimolo. Probabilmente non avrei giocato con la determinazione che ho oggi. E invece sono qui, otto anni dopo, che gioco ancora a poker per guadagnarmi da vivere. Alla fine ho chiuso al 15° posto nel Main Event WSOP per $500.000: dopotutto non mi è andata così male…”
Foto di testa: Matt Affleck (credits PokerNews)