L’Italian Poker Tour (IPT) fa la sua comparsa nel 2009. In quel periodo, l’Italia sta vivendo il boom del poker. Da un anno si può giocare online sui siti dotati di regolare licenza AAMS (i cosiddetti .it) e il Belpaese può essere il posto giusto dove esportare il modello – se pur in dimensioni ridotte – dello European Poker Tour, che tanto successo sta riscuotendo a livello continentale. Una mossa che si rivelerà subito vincente e che durerà per ben 7 stagioni fino a quando, nel 2016, la Season 8 verrà interrotta dopo solo tre tappe per lasciare il posto, insieme all’EPT, ai PokerStars Championships e Festivals.
L’arrivo dell’IPT apre uno scenario nuovo per il poker nel nostro Paese, nonostante in Italia ci fossero già tornei di poker live in grado di riscuotere un buon successo tra gli appassionati (pensiamo, ad esempio, a La Notte degli Assi). Ma la novità è quella di un vero e proprio tour strutturato su più tappe, con svarianti tornei all’interno di ogni tappa, e soprattutto sostenuto da un brand importante e da un sistema di satelliti che alimenta ogni appuntamento live con i giocatori qualificati online. In questo senso l’IPT farà da apripista per altri tour e brand di rilievo, primo fra tutti il WPT National sponsorizzato da Gioco Digitale.
La prima stagione dell’IPT tiene banco da giugno 2009 a marzo 2010 e si snoda sulla lunghezza di 7 tappe disputate nei casinò municipali di Sanremo (5 appuntamenti) e Venezia (2), e 2 al casinò di Nova Gorica, in Slovenia. Il cuore di ogni manifestazione è ovviamente il Main Event, al quale si partecipa pagando €2.200 di buy-in, a meno che non ci si arrivi vincendo un satellite online o live. Si tratta di una cifra alta, anche per un periodo di boom pokeristico come quello, nettamente superiore ai buy-in degli altri tornei che in media si aggirano sui 500 euro. Nonostante il forte impegno economico, i numeri danno ragione alla scelta degli organizzatori. Nella prima stagione, il totale dei partecipanti al ME raggiunge infatti quota 3.153 (350 di media), il che equivale a prime monete – e spesso anche a premi per i runner-up – rigorosamente a 6 cifre. Il record viene raggiunto a Sanremo, nella penultima tappa stagionale che tocca il picco di 488 iscritti al Main Event e consegna un primo premio di 227.000 euro al vincitore, l’ungherese Waldemar Kwaysser.
Non sorprende, quindi, che a fine 2009 la pokeroom dell’Isola di Man dia il via anche all’UKIPT (il tour “nazionale” per Regno Unito e Irlanda) seguito, nella primavera del 2010, dall’equivalente spagnolo, l’Estrellas Poker Tour.
La Season 1 dell’IPT si presenta anche come un’ottima vetrina per tanti giocatori nostrani, veri e propri talenti che diventeranno protagonisti della scena pokeristica italiana (e in alcuni casi, anche europea): Sergio Castelluccio, Salvatore Bonavena, Luca Moschitta, Marco Bognanni, Alessio Isaia, Stefano Puccilli, Giovanni Salvatore, Andrea Benelli e tanti altri ancora.
Ricostruire il cambiamento avvenuto nel poker in quegli anni, specificatamente in Italia, è lo scopo di IPT story. E lo strumento migliore per farlo, crediamo siano le storie di chi quella trasformazione l’ha vissuta e ne è stato un attore principale. A cominciare dal giocatore che più di tutti ha legato il proprio nome alla stagione inaugurale, Stefano Puccilli. Nel luglio del 2009, Puccilli si aggiudica infatti il ME della prima tappa IPT, quella di Sanremo, lasciandosi alle spalle 253 avversari. Per lui arriva un assegno di €120.000, una cifra record per quei tempi in Italia. Cinque mesi dopo, il giocatore romano ha la possibilità di mettere a segno un clamoroso bis, nuovamente a Sanremo. Termina 5°, questa volta per €27.000.
48 anni, laureato in Economia all’Università La Sapienza di Roma, felicemente sposato dal 2006 e padre di due figli (9 e 6 anni), Stefano Puccilli ha due grandi passioni: il poker, ma soprattutto la vita. La sua è quindi una voce preziosa, quella di un appassionato e lucido osservatore del mondo del poker.
Ciao Stefano e grazie per la tua disponibilità. Facciamo un salto indietro nel tempo. La prima stagione dell’Italian Poker Tour ha ormai 11 anni. E’ molto tempo, anche per un gioco: com’era il poker in quel periodo e che atmosfera si respirava nelle pokeroom dei casinò italiani?
All’epoca c’era una commistione tra casinò e poker che restituiva a entrambi i mondi qualcosa che separatamente non potevano avere. Grazie al poker, i casinò hanno ringiovanito la propria utenza e di conseguenza l’offerta di intrattenimento. La clientela abituale ha potuto godere di un clima più informale e imparato a conoscere ed amare un gioco diverso. Si è creata una commistione tra generazioni del tutto nuova. Il mondo del poker, invece, ha beneficiato dell’eleganza e del fascino che i casinò avevano ancora in quegli anni e che oggi, forse, hanno in buona parte perso. Giocare un torneo da 500 e più persone in sale storiche nel cuore di Venezia; godere dei racconti di persone come Gino Alacqua e Gianni Giaroni. E poi il rispetto per chi lavorava, i sorrisi, la voglia di confrontarsi, di conoscersi, di cenare insieme a uno sconosciuto dopo appena un giorno di gomito a gomito al tavolo da gioco… magari da George la Nuit! Poi vedevi arrivare in sala Dario Minieri, Luca Pagano o Max Pescatori e c’era sempre qualcuno che non esitava a chiedere una foto con loro o una semplice stretta di mano. Esisteva un divismo romantico che odorava di legno antico e di nobiltà decaduta, intercalato, di tanto in tanto, a un urlo anomalo e forestiero, dal “Vamoss” di Riccardo Lacchinelli a “L’hai capito er gioco” di Speziali, detto “Rumenigge”. Ecco, queste sono le cose che rendono speciali quegli anni.
In realtà, prima dell’arrivo dell’IPT tu avevi già messo a segno alcuni buoni risultati nel live. Quando e come ti sei avvicinato al poker?
Come quasi tutti gli universitari, organizzavano partite tra amici con cadenze più o meno mensili; partite dove a volte si vinceva ed altre si perdeva (parliamo di qualche decina di mila lire, un centinaio se andava molto bene o molto male). Poi mi sono laureato e il poker dopo un po’ è cominciato a passare in TV. Era il 2004 credo: da poco avevo implementato l’abbonamento telefonico di casa con un’offerta internet ed in quel momento non ho potuto resistere alla curiosità di conoscere il Texas Holdem e di confrontarmi online con appassionati (all’epoca non ci chiamavamo professionisti) di tutto il mondo. Così ho aperto un conto su Bwin.com, dove ho ottenuto qualche buon risultato. Ma il vero salto in avanti l’ho fatto su pokerdassi.com, una room che avevo conosciuto su Poker Sportivo (un mensile che acquistavo regolarmente in edicola). Su pokerdassi, dove trovavo principalmente giocatori scandinavi ed est europei, sono cresciuto notevolmente, specializzandomi nei Sit&gG heads-up di Pot Limit Omaha e nei satelliti per gli eventi live. Di questi ne ho vinti parecchi e tra quelli che ricordo con più gioia ce ne sono due che mi hanno permesso di conoscere prima e poi di tornare a Sharm El Sheikh, con il suo mare e la sua incantevole barriera corallina. A Sharm nel 2008 ho anche conosciuto uno dei miei più grandi amici, Gianluca Marcucci.
7 Luglio 2009, Sanremo: sei al tavolo finale della prima tappa IPT Season 1. Che ricordi hai di quella partita?
Ricordi di una partita interminabile iniziata nel primissimo pomeriggio (credo alle 14), con 27 left e finita alle 5 di mattina. Ricordo di aver giocato in maniera incosciente, utilizzando un approccio privo di qualsiasi timore reverenziale nei confronti di giocatori che in quel momento avevano più esperienza e più curriculum di me (tra questi il franco marocchino Roger Hairabedian, 3°, Alessandro Speranza, 5° e Luca Moschitta, 7°). Ero al primo evento con un buy-in così alto (€2.200), avevo raggiunto il final table, e sarei finito in televisione… non ero concentrato sul denaro ma mi gustavo la felicità di quei momenti, pensavo solo a divertirmi e la sorte ha premiato questo atteggiamento: a 3 left ho beneficiato di un cooler contro Roger Hairabedian che ha mandato i resti preflop con AQ contro il mio AK. Raggiunto l’hu, dopo poche mani sono nuovamente all-in con 88 vs A3 di Vittorio Meraviglia: asso al flop per lui, ma del tutto illusorio perché un 10 al river mi fa chiudere scala. E così divento il primo campione IPT.
(Continua)
Foto di testa: Stefano Puccilli