Che sia solo di pensiero o anche pratica, la sfida tra la “vecchia” e la “nuova scuola” diventa spesso un cliché con il quale si distinguono i nostalgici dagli innovatori. In certi ambiti, però, succede che la sfida sia davvero reale e si ripeta con una certa frequenza. Per esempio nei tornei di poker.
Il poker è un gioco che premia sia “il nuovo che avanza” sia l’esperienza. E soprattutto è un gioco ad elevata longevità per cui non è strano trovare un ventenne e un sessantenne seduti allo stesso tavolo. Oppure un campione che ha esordito a livello competitivo 20 o 30 anni fa (e anche prima, se si pensa a Phil Hellmuth o al compianto Doyle Brunson) e uno che ha iniziato magari durante la pandemia.
Qui proponiamo uno scontro tra la vecchia e la nuova scuola tra due giocatori che non sono così lontani nel tempo ma che di fatto si sono formati, pokeristicamente parlando, in due fasi diverse di questo gioco.
Il primo, per età e risultati messi a segno, è Patrick Antonius. Il finlandese è un classe 1980 che ha iniziato ad andare in the money nel 2003: 4° posto in un torneo di Pot Limit Omaha da 220 euro di buy-in a St. Maarten (Caraibi). Di lui e della sua carriera si conosce tutto, ma per chi non avesse mai sentito parlare del “bell’Antonius” c’è un nostro precedente articolo.
Charlie Carrel è invece più giovane di 13 anni. L’inglese è nato il 7 novembre 1993 e ha conquistato il suo primo in the money ufficiale in Italia. Nel 2014 si è infatti piazzato 14° nel €900 + 90 No Limit Hold’em Single Re-Entry dell’EPT di Sanremo.
Carrel è uno dei giocatori più spettacolari in circolazione. Aggressivo, estroso, imprevedibile, il player britannico è capace di mettere in difficoltà chiunque. E’ con questo tipo di gioco che nel 2015 ha conquistato il SHR da 25mila euro di buy-in all’EPT di Montecarlo. Ma “Epiphany77” (questo il suo nickname) ha vinto tantissimo anche online. La sua vincita più grossa su Internet è diventata famosa perché l’ha realizzata giocando dal Messico e spostandosi di locale in locale alla ricerca di una connessione stabile a causa di un blackout. Spostandosi in pigiama, visto che per il fuso orario il torneo è iniziato di mattina!
Le due “scuole”, cioè Antonius e Carrel, si sono sfidate nel 2019 in occasione delle Triton SHR di Londra. Il torneo è il $25k di buy-in.
L’azione è una “blind war”, cioè una mano contesa solo dai giocatori che occupano i bui. Il livello è 15k/30k bb ante 30k e Carrel decide di rilanciare a 80k da Small Blind con in mano 8♠4♣. Il suo stack è pari a 1,1 milioni di chips. Antonius (575k di stack) chiama da Big Blind con K♥6♣. Nel frattempo il finlandese ha già indossato la sua proverbiale “poker face“.
Arriva il flop: 6♥9♠J♦. Il britannico decide di c-bettare per 65mila gettoni. Call del suo avversario.
Il turn è un 5♥. Questa volta Carrel preferisce non investire altre chips: check. Il finlandese lo imita.
Il 2♦ completa il board. Una carta tendenzialmente ininfluente, ciononostante Carrel decide di overbettare andando all-in per 955k! E’ un bluff nudo e puro, ma agli occhi del nordico l’azione potrebbe nascondere anche una clamorosa trappola, anche perché un call sbagliato gli costerebbe l’eliminazione dal torneo a 28 left.
Antonius ci pensa, mentre con la sua vista a raggi X cerca sia la lettura del range di carte che eventuali tells fisici dell’inglese. Non ci è dato sapere cosa abbia visto ma, dopo due time bank, Patrik Antonius chiama e incassa il monster pot con la sua modesta coppia di 6 floppata!
Un call mostruoso. Ipnotico. Robotico.
Per la cronaca, Antonius chiuderà al 17° posto quel torno, per un payout da 43.100 sterline. Carrell uscirà invece poco dopo quella mano.
Immagine di testa credits RIHL