Core de Roma, come “core de nonna”, “de papà tuo”, “de mamma”, non dice ancora niente su Roma, sulla nonna, su quale padre, su “che” madre. Il Tevere non è diviso dal 1927 – data di fondazione dell’AS Roma, il cui giorno esatto rimane perlopiù fonte di fraintendimento – ma dal 9 gennaio 1900 – data precisa e documentata –, giorno di fondazione della SS Lazio.
Foschi, il fondatore dei giallorossi, intende infatti fin dall’inizio l’AS Roma in quanto pace al casus belli – nello specifico, quello che la città di Roma vive fin dal 1900, data di fondazione della Lazio. Lungimirante e ingenuo a un tempo, Foschi non poteva minimamente immaginare che, dopo Romolo e Remo, un’altra opposizione interna e fratricida avrebbe devastato la capitale d’Italia negli anni a venire.
Una città divisa: il primo derby della storia
Da una parte la Lazio, fondata dall’atleta Luigi Bigiarelli, che non fonda la Lazio in quanto società calcistica, ma in quanto polisportiva – ancora oggi, la SS Lazio è primariamente una polisportiva, una delle più prestigiose e antiche al mondo, e solo poi una squadra di calcio. I colori sono quelli dell’Antica Grecia proprio a voler sottolineare il legame della Lazio con lo sport stricto sensu, in un senso cioè radicale. Il simbolo è quell’aquila che le legioni romane mostravano con fierezza, conquista dopo conquista. Il nome, Lazio, testimonia un’ampiezza territoriale non circoscrivibile alla sola Roma, eppure in Roma fortemente radicata. Già a partire dal luogo della fondazione: Piazza della Libertà, in pieno centro.
Diverso, diremmo quasi opposta, la fondazione della AS Roma. Associazione sportiva, sì, ma eminentemente calcistica – e i risultati dei primi anni, ivi compreso lo scudetto del ’42, testimoniano questo legame primigenio.
Foschi fonda la squadra fondendola con Alba, Roman e Fortitudo. Le tensioni del primo derby, 8 dicembre 1929, si radicano in questa stessa fusa fondazione. La Lazio è infatti l’unica delle più prestigiose società calcistiche romane a non volersi fondere per dar vita all’AS Roma. Il progetto di Foschi svanisce in principio, e risponde a un muro dalla volontà di uomo, di nome Giorgio Vaccaro, politico eminente dell’epoca fascista, presidente della federazione italiana rugby e dirigente della SS Lazio: “La Lazio incarnava l’ideale di purezza sportiva e lealtà a cui uno sportivo come lui non poteva restare indifferente ed inoltre gli sembrò naturale porre la sua abilità da dirigente al servizio della società più antica della città”, spiegano Giorgio e Alessandro Vaccaro, nipoti.
Narrano le cronache dell’epoca che la tensione, oltre che in campo (dove è la Roma a spuntarla col punteggio di 1-0, rete di Volk), si avverte anche sugli spalti, pieni zeppi di romanisti, tifoseria del popolo per l’ovvia maggioranza derivante dalla fusione delle tre squadre, tutte e tre appartenenti a quartieri popolari della città. I laziali, i cui “tifosi”, se così possiamo definirli, sono non solo molto meno numerosi ma anche meno agguerriti, facendo parte della cosiddetta medio-alta borghesia romana, guardano già con disprezzo – oggi meno evidente ma comunque presente – a quei loro cugini così diversi da loro. Eppure, così vicini a loro.
Dal primo derby (1929) all’ultimo (2020) la storia, almeno a livello di risultati complessivi, dà ragione alla AS Roma: 65 le vittorie dei giallorossi, 46 quelle della Lazio, 62 i pareggi. Se è vero che dunque spetta alla Roma il privilegio cittadino a livello statistico, è altrettanto vero che il calcio, spesso e volentieri, così come la storia, con le statistiche ci fanno abbastanza poco. Non ogni derby è uguale a un altro, per dirla in breve. L’articolo si propone allora non di rispondere definitivamente a una storia ancora tutta da vivere, ma di ricordare il continuo tira e molla che mamma Roma, dal 1929 a oggi, subisce a livello calcistico.
Roma e Lazio, giallorossi e biancocelesti. Lupa capitolina contro Aquila imperiale, Antica Roma versus Antica Grecia.
1929-1945: dallo scudetto Giallorosso all’interruzione della guerra
Il primo derby va ai giallorossi, ma è solo l’inizio di un’epoca d’oro, quella che va dal 1929 al primo scudetto dei giallorossi datato 1942.
La Roma è squadra forte, ha in Bernardini uno dei grandi talenti del nostro calcio, oltre che un futuro maestro (allenatore di entrambe, Roma e Lazio) del pallone italiano.
Il 22 febbraio del ’31 il derby finisce 2-2; è il primo derby in cui si ricorda una vera e propria rissa a fine partita. Coinvolti un dirigente laziale e De Michelis, giocatore giallorosso. Da ricordare anche la stagione ’33-34. All’andata la Roma fa fuori i cugini della Lazio con un incredibile 5-0 (record di sempre, imbattuto fino ad oggi); al ritorno la Roma, che a fine primo tempo è sul 3-0, si rilassa senza infierire, e subisce la clamorosa rimonta della Lazio (tripletta di Demarìa).
Nonostante i tanti successi giallorossi, è la Lazio ad aggiudicarsi il primo derby di Coppa Italia della storia (19 gennaio ’36) con un 2-1 ai danni della Roma.
Nel ’41 Piola (miglior marcatore laziale nei derby) apre il conto delle reti con una doppietta che permette alla Lazio di vincere il derby e al mondo intero di conoscere quel talento ancora giovanissimo. L’anno dello Scudetto, il primo dei tre della sua storia, la Roma vince il derby 2-1 all’andata, pareggiando quello di ritorno per 1-1.
Tra il 44 e il 45 si assiste al Campionato romano, in mancanza del campionato italiano vero e proprio, sospeso dalla Guerra. Il confronto, che rimane un unicum nella storia del derby, vede vincere la Lazio prima e la Roma poi.
1950-1971: Dalla retrocessione della Roma alla retrocessione della Lazio
Il Dopoguerra esclude, con le grandi forze Torino, Inter e Milan, Juventus, le due romane dai giochi per lo Scudetto. La Roma sembra lontana dai fasti di appena qualche anno prima, mentre la Lazio, concentrando il suo sviluppo sulla polisportiva, cura solo in parte la sezione calcistica.
Il derby della stagione 1950-51 va ricordato per almeno due motivi. Il primo è che questo è il derby che preannuncia la successiva retrocessione in Serie B dei giallorossi. Un evento storico, traumatico per la città, al netto del fatto che la Lazio, dal canto suo, pur rimanendo nella massima serie, non nutre però grosse ambizioni di titolo. Il secondo è la rete di Sentimenti III (Lazio), che sigla il gol del vantaggio laziale dopo appena un minuto, siglando così un record che tutt’oggi rimane imbattuto.
La Roma, retrocessa, torna subito in Serie A, con gli interessi nei confronti dei cugini laziali. I giallorossi sconfiggono la Lazio inaugurando un filotto di cinque vittorie consecutive nei derby, conclusosi nel campionato 1960-1961, con un 4-0 che celebra la Roma in testa alla classifica e conferma il profondo momento di crisi attraversato dalle Aquile, in piena lotta retrocessione. La partita di ritorno vede la Lazio imporsi per 2-1 contro la Roma, ma neanche questo grande risultato – al netto dell’enorme distanza tecnica tra le due squadre – permette ai biancocelesti di salvare la propria pelle. È retrocessione. Ultimo posto della classifica. La Lazio torna nella massima serie solamente nel 1972.
1972-1983: Dal primo scudetto della Lazio al secondo della Roma
Il 1972, come detto, è l’anno del ritorno in Serie A della SS Lazio. Contro ogni tipo di pronostico, i biancocelesti, guidati dalla sapienza di Tommaso Maestrelli in panchina, stupiscono l’intera Serie A affermandosi come terza potenza del campionato (stagione 1972/73). Una neopromossa, sì, la banda Maestrelli, ma cattiva e tenace, composta di giocatori magari non tecnicamente paradisiaci, ma mentalmente infallibili. È la famosa Banda Maestrelli, quella che vince lo Scudetto del 1974.
È da ricordare a tal proposito il derby del 31 marzo di quell’anno. Giorgio Chinaglia, a seguito di “dissapori” mai sopiti con la tifoseria giallorossa, anziché calmare il pubblico giallorosso restando indifferente ai cori, agli insulti, al lancio di oggetti e fumogeni in sua direzione, lo schernisce più volte, prima, durante e dopo la partita. Prima, allenandosi con la testa e gli occhi rivolti continuamente alla Curva Sud. Durante, quando dopo il gol dell’1-0 che dà la vittoria ai biancocelesti, decide di festeggiare puntando il dito in direzione della Curva Sud, appunto. Poi, durante il putiferio, nascondendosi in casa di Tommaso Maestrelli, lontano dalla città, indemoniata con Giorgione. Ma la città è per più di metà biancoceleste. Quello Scudetto cambia e non di poco il tifometro della capitale. Ora la Lazio non è seconda a nessuno.
Questa situazione durerà però pochissimo. Dopo aver vinto quattro derby di fila sotto l’ala protettiva di Maestrelli (tra il ’72 e il ’74), la Lazio, che deve salutare il proprio allenatore per una malattia e Re Cecconi per una follia, retrocede in Serie B in seguito ad illeciti sportivi, nella stagione 1979/80, in cui rimane coinvolto anche il capitano della Lazio dello Scudetto, Giuseppe Wilson – quello con le maggiori presenze nei derby, sponda Lazio. Nello stesso anno, annus horribilis per i biancocelesti, va in scena il derby più triste della storia, quello della morte di Vincenzo Paparelli (Curva Nord Lazio), colpito in un occhio da un razzo proveniente dalla Curva Sud Roma.
È però da menzionare l’anno 1977, quello in cui i due derby vengono decisi da due ragazzini formidabili: Bruno Conti, AS Roma, e Bruno Giordano, SS Lazio.
E proprio sotto il dominio tecnico di Bruno Conti e del divino Falcao, la Roma vivrà una delle sue stagioni più belle nel 1983, quando si laureerà campione d’Italia. La Lazio è addirittura in lotta per non retrocedere in Serie C. Il derby non si gioca ufficialmente, ma è come se si giocasse sempre. Nello stesso periodo di tempo, mentre la Lazio accede ai play-off di Serie B a seguito della rete di Fiorini contro il Vicenza, dinnanzi a 65.000 tifosi della Lazio, la Roma si gioca in casa la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, persa ai calci di rigore.
1988-1998: Dominio Lazio
Dal 1988 al 1998 assistiamo a un dominio senza precedenti della Lazio nei derby. I biancocelesti, rientrati da poco nella massima serie, sanno farsi valere nel derby del 1989, deciso da una rete di Paolo Di Canio, giovane ragazzo della primavera e tifosissimo della Lazio, che esulta – non a caso – col dito puntato verso la Curva Sud, come 15 anni prima Chinaglia, suo idolo. Una storia che si ripete, come la più bella delle favole, e che si ripeterà esattamente 15 anni dopo (6 gennaio 2005, ma ci ritorneremo).
Dal 1990 al 1994 si assiste a un record mai fino ad oggi ripetutosi: quello dei sette pareggi di fila. Sette derby finiti in parità – il sogno segreto di ogni tifoso, giallorosso o biancoceleste che sia. Quattro stagioni di equilibrio, di cordialità, di pace. Fino al 6 marzo 1994. Signori sigla la decisiva rete dell’1-0. Decisiva perché Giannini (capitano) sbaglia il rigore del pareggio sotto gli occhi di un giovanissimo Francesco Totti – il calciatore giallorosso con più presenze nei derby.
Arriviamo così alla stagione 1997/98. È una Lazio che è tornata ad essere forte tanto quanto – e più – di quella del 1974 campione d’Italia. Cragnotti ha costruito una squadra fortissima, che l’anno successivo sarà addirittura fenomenale. Ma i tifosi della Lazio proprio non possono dimenticare questa annata, quella 97/98, e per un motivo molto semplice: è in questa stagione che la Lazio stabilisce un nuovo record – tutt’oggi imbattuto: quello di vincere quattro derby nella stessa stagione (due di campionato e due di Coppa Italia). Celebre la coreografia dedicata a quell’impresa dei ragazzi di Eriksson dalla Curva Nord: poker servito, recita lo spettacolo dagli spalti.
1999-2004: Scudetto Lazio, Scudetto Roma ma dominio giallorosso nei Derby
Come è noto, la Lazio vincerà poi nel 2000 il suo secondo Scudetto della storia. In quella stagione, la Lazio perde addirittura per 4-1 il derby di andata – 4-0 dopo il primo tempo. Vince quello di ritorno per 2-1 grazie ad una punizione magistrale di Juan Sebastian Veron. La stagione precedente (98/99) è quella della celebre maglietta del Pupone: vi ho purgato ancora. Totti decide il derby (che finisce 3-1) e ricorda ai cugini il suo nemico più grande – omaggiato dalla stessa Curva Nord l’anno del ritiro.
Allo Scudetto laziale risponde quello giallorosso della famiglia Sensi. Una squadra forte, non forte come la Lazio dell’anno prima – e di quello stesso anno – ma ben costruita, con un attaccante fuori dal mondo – Gabriel Omar Batistuta – e sotto la sapiente guida di un allenatore che, come Liedholm tanti anni prima, sa tenere a bada i cavalli pazzi della stampa e della tifoseria giallorossa: Fabio Capello.
Il derby del 30 aprile del 2001 però rischia di complicare maledettamente i piani dei giallorossi. Il primo tempo finisce 0-0, è uno dei derby più nervosi della storia. Nella ripresa la Roma va in vantaggio grazie ad una prodezza di Batistuta (su assist di Delvecchio, terzo miglior marcatore della storia dei derby dopo Da Costa e Totti). Il raddoppio lo firma proprio Marco Delvecchio, su invenzione di Zanetti. 2-0. La Lazio rischia la goleada, ma Nedved la riporta a galla con una prodezza delle sue. 2-1. Entra Martin Castroman. Cinque minuti di recupero. La Roma non chiude la partita e la Lazio si butta disperatamente in avanti. La Roma effettua un cambio per perdere tempo, ma Lazio, a un minuto dalla fine, ha l’ultima palla per tentare il miracolo. Palla tagliata di Mihajlovic in mezzo, respinta della difesa giallorossa, Castroman dai 25 metri calcia senza guardare, ma calcia come meglio non potrebbe: palla bassa, una rasoiata, in fondo all’angolino. 2-2. Esplode la Curva Nord.
La Roma vince comunque lo Scudetto a fine anno, ma quello rimane forse il derby più emozionante della storia fino a quel momento. Prima dell’anno 2001-2002, quando la Roma ne fa addirittura 5 alla Lazio. Montella segna quattro gol; è un record a tutt’oggi ancora imbattuto. La Roma continua il proprio dominio nei derby. Da ricordare è quello del 21 marzo 2004, deciso da un gol di Emerson dopo e, prima, di Amantino Mancini, con un colpo di tacco volante – forse il più bel gol nella storia dei derby di Roma.
2005-2020: Alla Lazio il derby più importante di sempre
Non a livello statistico, intendiamoci, ma certamente a livello globale, la Lazio ha la meglio nei derby che vanno dal 2005 al 2020. Quindici anni di emozioni biancocelesti, frastagliati qua e là di successi giallorossi, comunque non decisivi come quelli della Lazio. Il 6 gennaio del 2005 la storia si ripete. Di Canio torna alla Lazio per chiudervi la carriera. Prima della partita grande tensione, si vocifera la morte di un tifoso (voce falsa), i due capitani Totti e Di Canio si odiano se non pubblicamente almeno apertamente in campo. La partita è una delle più violente di sempre. Volano i cartellini, vola Di Canio. Su lancio di Liverani, è il romano e laziale a sbloccarla, esultando con le braccia rivolte sotto la Curva Sud – sono sempre io, mi avete dimenticato?, sembra dire il capitano laziale. I giocatori della Roma ovviamente non la prendono bene; il derby finirà 3-1 per la Lazio.
Da ricordare i due derby last minute (una caratteristica che sembra essere esclusiva delle vittorie biancocelesti dei derby; non si ricordano vittorie della Roma all’ultimo minuto, infatti) di Behrami, nel 2008, e di Klose, nel 2011 (la Lazio non vinceva da quasi tre anni un derby; un’attesa ben ripagata, senza dubbio).
Infine, il derby dei derby, quello che decide ogni cosa e oltre al quale, fino ad oggi, non ha più senso parlare di “vittorie” vere e proprie. Certo, il gol di Yanga-Mbiwa nel “derby Champions” nel 2015 – quello che sancisce il passaggio alla fase eliminatoria della Champions League alla Roma, ai danni della Lazio – e l’ultimo derby di Totti (perso 3-1 nel 2017) sono senza dubbio due eventi storici da ricordare.
Ma il 26 maggio del 2013 non si è scritta semplicemente la storia. Si è sancita un’epoca. L’arrestarsi di un momento storico in attesa di uno ulteriore. Il gol di Senad Lulic al minuto 71, nella finale di Coppa Italia – non era mai accaduto che un derby decidesse un trofeo –, viene festeggiato ancora oggi dalla tifoseria laziale come il derby dei derby. I tifosi romanisti, sepolti da una sfida che solo molti anni, e magari una contro-vittoria di questo livello, riusciranno ad opacizzare, ogni anno, ogni 26 maggio, si trovano schiaffati in faccia una realtà amara. Non c’è rivincita. Sembra quasi di vederla, mamma Roma. Piange. Da un occhio di tristezza, dall’altro di gioia.