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Stuart Errol Ungar sta al poker come George Best sta al calcio.

Ungar e Best hanno infatti molto in comune, sia nel bene che nel male. Dotati entrambi di un talento straordinario, sono stati altrettanto incapaci di gestirlo e il loro essere “genio e sregolatezza” alla fine si è trasformato in una maledizione. Dopo aver scritto pagine di storia nei rispettivi ambiti, i due – ancora relativamente giovani – sono stati consumati dalle proprie dipendenze: alcol nel caso del calciatore di Belfast, droghe per “Stu“.

Qualche giorno prima di morire, raggiunto da un cronista inglese nell’ospedale in cui era ricoverato, George Best aveva confessato: “Don’t die like me“, “Non morite come me“. Aveva 59 anni.

George Best con la maglia del Manchester UTD nel 1970. (Photo by Joe Bangay/Daily Express/Getty Images)

Per Ungar, invece, il finale è stato ancora più disperato. Nemmeno un’ultima battuta, anche perché a riportarla non ci sarebbe stato comunque nessuno: a soli 45 anni moriva da solo in uno squallido motel forse il più grande giocatore di poker di sempre, ucciso dall’overdose fatale.

La vita di Ungar merita di essere letta attraverso il libro di Nolan Dalla e Peter Alson: One of a Kind: The Rise and Fall of Stuey “The Kid” Ungar, The World’s Greatest Poker Player (Atria Books, 2005, disponibile in italiano nell’edizione di Boogaloo Publishing). Da questo è stato tratto il film “High Roller” per la regia di A. Vidmer. A impersonare Ungar c’è Michael Imperioli, il Christopher Moltisanti della serie tv I Soprano. Se volete vederlo, dovete cercarlo su Internet solo nella versione inglese.

Ovviamente non possiamo qui ripercorrere tutta la vita di Stu Ungar. Ci limitiamo quindi ad alcuni episodi principali.

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La locandina del film su Stu Ungar

Figlio di un bookmaker di New York, il giovane Ungar cresce nel mondo del gioco d’azzardo. Grazie alle sue innate capacità matematiche, strategiche e mnemoniche diventa ben presto imbattibile, al punto da essere escluso dalle competizioni nazionali di Gin Rummy. Dopo un periodo trascorso a sbancare i tavoli dei casinò con il blackjack e aver ricevuto l’interdizione anche da questi, Ungar scopre il poker. Un gioco forse troppo facile per lui.

A 21 anni debutta nelle partite di cash game high stakes a Las Vegas vincendo subito molti soldi. Diventa per tutti The Kid: il ragazzino, ma anche il prodigio. Quello che invece ancora nessuno conosce è il suo demone interiore, il gambler assetato di emozioni che purtroppo è già in agguato. Stu dilapida tutto nelle scommesse sportive e in eccessi, al punto da doversi indebitare con uno dei più potenti boss del crimine di New York.

Ricompare qualche anno dopo, nel 1980, direttamente al Main Event delle World Series Of Poker. Lo vince, battendo in finale Doyle Brunson. Nel 1981 concede il bis, questa volta ai danni di Perry Green. Eppure, nonostante l’incredibile doppia vittoria, Stu Ungar continua a perdere sul piano esistenziale: anche a causa di alcune traversie familiari, la dipendenza da cocaina prende il sopravvento su di lui.

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Doyle Brunson (a sx) e Stu Ungar (a dx) credits WSOP

In questo senso, l’episodio più clamoroso della sua vita è quello del 1990, sempre al Main Event WSOP. Ungar domina il chipcount per due giorni, poi, raggiunto il final table, non si presenta in sala alla ripresa dei giochi. Lo staff del casinò lo trova disteso sul letto della sua stanza, in overdose. Lo ricoverano d’urgenza all’ospedale ma incredibilmente, dopo qualche ora, Stu Ungar trova la forza per tornare in sala. Partecipa a quel tavolo finale, anche se la gara è ormai compromessa. Chiude nono per 25mila dollari e poi assiste alla vittoria di Mansour Matloubi.

E qui arriviamo a quello che è stato definito il “call del secolo“. E’ il 28 febbraio 1991 e la location, tanto per cambiare, è ancora Las Vegas. Questa volta però non ci sono di mezzo le World Series Of Poker, si tratta piuttosto di una rivincita: quella con Matloubi, “reo” di avergli sottratto il terzo titolo e il record di vittorie in quello che ancora oggi è considerato il campionato del mondo di poker.

Matloubi accetta la sfida.

Mansour Matloubi (credits PokerNews)

Si gioca un testa-a-testa da 50.000 dollari senza re-buy. La sfida rimane in bilico per alcuni livelli, fino a quando arriva la mano che è entrata di diritto nella storia. I bui sono 200/400. The Kid (stack di 60.000 chips) apre a 1.600 dollari e Matloubi chiama da Big Blind con ancora 40.000 gettoni a disposizione. Sul tavolo scendono le prime tre carte: 3♠3♥7♣. Dopo il check di Matloubi, Ungar continua a puntare: questa volta sono 3.600 le chips che il suo avversario chiama.

Il dealer mostra il turn, un K♦. Check di Matloubi. Ungar sceglie di vedere una free card e checka anche lui. Quando una Q♣ completa il board, Matloubi va diretto all-in per 32.000 dollari. Ungar lo guarda e gli dice: “Hai una scala mancata e ora provi a rubare il piatto, probabilmente hai 4-5 o 5-6: chiamo!“. La lettura di Ungar fa venire i brividi: Matloubi ha infatti 4♠5♦ e Ungar incassa il pot e la vittoria finale con 10♣9♥!

Un call clamoroso, forse impensabile ai giorni nostri (così come tutta la mano) ma che restituisce la dimensione del talento di Ungar al quale, probabilmente, interessava più la rivincita dei soldi. A confermare questa ipotesi c’è l’ennesima caduta nel baratro di The Kid. Nel giro di poco tempo i 50.000 dollari incassati sono già spariti e altrettanto è costretto a fare lui.

Stuart Errol Ungar (credits WSOP)

Passano quasi 6 anni, durante i quali Stu Ungar rifiuta i tentativi di amici e soprattutto della figlia Stefanie di sottoporlo a cure. Alla fine, è il richiamo del tavolo da gioco a decidere per lui. Ritorna nel 1997, aiutato dall’amico Billy Baxter che lo iscrive al Main Event WSOP. E questa volta The Kid rimane fino in fondo: vince il suo terzo campionato del mondo, unico giocatore nella storia del poker a riuscire in questa impresa (anche Johnny Moss vanta tre titoli, ma uno gli fu attribuito senza torneo). Dopo aver battuto John Strzemp in heads-up, Stu Ungar dedica la vittoria alla figlia Stefanie, mostrando a tutti la sua foto.

Un ultimo sprazzo di luce per l’ultimo “comeback” di The Kid. Stu Ungar muore un anno dopo all’Oasis Motel di Las Vegas, ucciso dal crack.

Nel 2001, la Poker Hall Of Fame gli ha riservato un posto tra i più grandi giocatori di tutti i tempi.

Immagine di testa: Stu Ungar (credits PokerNews)