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Con le World Series Of Poker 2021 in pieno svolgimento a Las Vegas, si comincia a parlare di risultati anche in “Casa Italia”.

Non sono tanti, almeno per ora, anche perché le restrizioni imposte del COVID hanno reso complessa la trasferta oltreoceano. In effetti, questa edizione delle WSOP è decisamente contrassegnata da una stragrande maggioranza di giocatori statunitensi in sala.

Ciononostante qualche “bandierina” i nostri l’hanno messa a segno. Finora ci sono 2 tavoli finali e altri 3 in the money.

Partiamo da questi ultimi: Max Pescatori nel $1.500 Omaha Hi-Lo 8 or better (80° – $2.400), Raffaele Sorrentino nel $1.000 Super Turbo Bounty NLH (122° – $1.435) e Fiodor Martino nel $600 NLH Deepstack (312° – $1.431).

Passando ai “colpi grossi”, il più importante è quello realizzato da Mustapha Kanit nel $25K HR NLH 8-handed. Un fantastico – anche se con qualche rimpianto – quinto posto da $216.842 del quale hanno parlato in tanti.

L’altro final table ha invece il sapore di una sorpresa. E’ opera di Maurizio Melara che nel $1.500 Seven Card Stud ha chiuso al 7° posto per $10.490. Il giocatore calabrese (ma residente a Milano) è stato protagonista di un’ottima performance in una specialità che ha un glorioso passato ma che oggi è senza dubbio secondaria.

E che tra l’altro non sembra essere il main game di Melara, almeno stando al suo palmares su TheHendonmob.com. Prima di questo final table il giocatore azzurro ha realizzato 16 piazzamenti, tra i quali due titoli Only The Barracudas a Campione d’Italia, tutti con il Texas Hold’em. Aggiungendo il risultato ottenuto a Las Vegas, le sue vincite ammontano ora a $135.000.

Non sappiamo esattamente il motivo di questa scelta, proveremo a chiederglielo al suo ritorno dagli States. Nel frattempo, cogliamo l’occasione per parlare di Stud Poker, in particolare di quello con 7 carte.

Maurizio Melara (credits TheHendonmob.com)

Lo Stud è stato per alcuni decenni la tipologia di poker più giocata negli Stati Uniti, nella duplice versione del Five Card (simile alla nostra Telesina) e del Seven Card. Si tratta però di un periodo piuttosto lontano, che va dalla Guerra Civile Americana agli anni Trenta del XX secolo. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, viene progressivamente superato dai giochi che usano le community cards: Omaha e soprattutto Texas Hold’em.

Lo Stud Poker tuttavia non sparisce. Il Five Card Stud, ad esempio, è protagonista di un grande film sul poker uscito nel 1965, Cincinnati Kid. E ancora, per rimanere nell’ambito cinematografico, la famosa “partita dei giudici” che si vede in Rounders è giocata in modalità Seven Card Stud, così come quella che Mike e Lester fanno con i poliziotti e che finisce male, a causa dei tentativi di imbroglio da parte di “Verme”.

Rounders, il film che meglio di tutti è riuscito a raccontare il mondo del poker pre-online, è però del 1998, cioè arriva trent’anni dopo Cincinnati Kid. Il Seven Card Stud quindi è riuscito a sopravvivere all’assalto del Texas Hold’em, pur diventando un gioco per variantisti. Non altrettanto si può dire del Five Card Stud che in sostanza oggi non si gioca più. L’ultimo braccialetto WSOP di Five Card Stud è stato assegnato nel 1974: a Bill Boyd, il più grande di sempre in questa specialità.

Il “Re” delle sette carte è stato invece David “Chip” Reese, sia nella veste di cash gamer che in quella di torneista: due braccialetti WSOP (1977 e 1982) nella variante “pura” e uno nel $50K H.O.R.S.E. (2006), dove si giocano sia il Seven Card Stud tradizionale che quello Hi/Lo.

Ma quali sono le regole di questo tipo di poker?

La partita con i poliziotti in Rounders (1998). Credits Wikipedia

Il sistema è abbastanza semplice. Si comincia con i partecipanti che ricevono 3 carte, 2 coperte e 1 scoperta. Ricordiamo che non è un community card game, pertanto ognuno gioca il “proprio board”.

Si procede con altri 3 giri in cui ogni giocatore ottiene dal dealer una carta coperta. L’ultima carta (la settima, di qui il nome del gioco) è scoperta. Naturalmente a ogni fase di distribuzione delle carte corrisponde un giro di puntate, con i giocatori che possono chiamare, foldare o rilanciare.

La parte relativa al betting round è quella un po’ più complicata, perché differisce dal Texas Hold’em.

Innanzitutto a Seven Card Stud si gioca in modalità Fixed Limit, ma un po’ diverso da quello utilizzato (ormai pochissimo) nel TH. Per chi non conosce questa modalità, il rimando è a un nostro precedente articolo sui sistemi di puntata nel poker.

Nel Seven Card Stud la small bet si applica alle prime due street, cioè alla fase con 3 carte e a quella con 4. Poi si passa alla big bet, che è il doppio della precedente (es.: se i limiti sono 2/4, significa che nelle prime due fasi si punta 2, nelle successive tre si punta 4). Di norma, per ogni round di puntate sono ammessi 3 rilanci (es: nell’esempio di prima, un round di small bet può arrivare fino a 8: bet 2, raise 4, raise 6, raise “cap” 8).

Tuttavia, non essendoci in questo gioco lo Small Blind e il Big Blind, l’azione inizia con il giocatore che ha la carta esposta più bassa (la “door card”)* costretto a puntare. In gergo questo è detto bring-in e ha due opzioni: o il giocatore piazza una small bet, oppure opta per un importo inferiore, fissato dalla pokeroom o dall’organizzazione del torneo per ogni livello di gioco.

I giocatori che seguono (in senso orario) hanno tre opzioni: foldare, adeguarsi al bring-in o “rilanciare”. In quest’ultimo caso non si tratta di un raise vero e proprio. Il primo giocatore che sceglie di non fare bring-in, punta infatti una small bet. In inglese questa è chiamata “completion” (completamento). Da quel momento in avanti possono iniziare i rilanci veri e propri, cioè raddoppi della small bet.

Facciamo un esempio. La partita è 3/6 con bring-in 1 (spesso c’è anche un’ante da pagare). Il Giocatore 1 (quello con la door card più bassa), mette il bring-in. Anche il Giocatore 2 fa lo stesso. Quando l’azione arriva al Giocatore 3, questo decide di rilanciare e punta 3 (completion). Il Giocatore 4 decide di aumentare il piatto ed effettua un rilancio vero e proprio pari a 6. A questo punto, Giocatore 1 folda. Giocatore 2 invece chiama e aggiunge 5 al bring-in 1 già messo nel piatto. Call anche per Giocatore 3 che invece deve aggiungere solo 3 al piatto.

Concluso il primo giro, il sistema diventa un puro e semplice Fixed Limit, nel senso che non c’è più il bring-in. Con l’arrivo della 5a carta si passa alla big bet. In tutte queste fasi, a parlare per primo è il giocatore con il punto esposto più alto e da lui si prosegue sempre in senso orario.

In caso di showdown alla 7a street, mostra le carte per primo colui che ha eseguito l’ultima puntata o l’ultimo rilancio per proseguire poi in senso orario. Se invece non ci sono state puntate, mostra per primo il giocatore con il punto migliore esposto.

Infine, a Seven Card Stud si può giocare anche in modalità High-Low, ovvero con il piatto che viene diviso a metà tra il punto più alto e quello più basso, esattamente come accade nell’Omaha Hi-Lo. La mano low è formata da 5 carte che vanno dall’8 all’Asso (l’ultima per valore) e possono essere dello stesso seme o in scala, ma non formare una coppia né tantomeno un trips. Nel caso non ci sia un punto low, il piatto viene vinto dal punto high.

Complicato? Basta provare un paio di giri e tutto diventa subito chiaro! E’ un gioco con meno adrenalina del TH No Limit, ma molto tecnico e comunque divertente.

*In caso di parità tra due o più giocatori, si prende in considerazione il seme in questo ordine: picche (valore più alto), cuori, quadri, fiori.

Immagine di testa credits PokerNews