Da un po’ di anni non c’è più un unico modo per giocare a Texas Hold’em. Anche se si tratta di un parente molto stretto, questo nuovo gioco cambia alcune regole chiave del poker più diffuso al mondo.
Parliamo dello Short Deck, la variante di poker dove si gioca con 36 carte al posto di 52. Dal mazzo vengono infatti rimosse le carte dal 2 al 5 e questa non è una differenza da poco. E’ abbastanza intuibile che, con meno carte nel deck, le combinazioni di punti alti diventino più frequenti. E con esse, anche i cosiddetti cooler.
Ma le 36 carte non sono l’unica differenza a livello di regole tra lo Short Deck e il Texas Hold’em classico, perché cambiano anche i punteggi. Nel nuovo gioco, infatti, il colore batte il fullhouse. Anche se può sembrare strano, questa regola è una conseguenza del minor numero di carte con cui si gioca. In altre parole è una questione di probabilità: nello Short Deck è più facile chiudere un full che un colore, perché si centra un set il 17% delle volte in cui si ha una coppia, mentre le carte suited sono ora solo 9 e non più 13.
L’alta percentuale di set e trips rende il bilanciamento con la scala più complicato. Se rispetto al TH diventa più facile centrare un set al flop, diventa anche più probabile chiudere una scala al river. Per questa ragione in alcune pokeroom le tre carte uguali battono le cinque in fila. La maggior parte, però, usa il punteggio del TH classico con la scala superiore al tris. A proposito della scala, nello Short Deck l’Asso può essere usato per realizzare quella più bassa, cioè A-6-7-8-9.
Per questi ultimi aspetti, il TH con 36 carte può ricordare a qualcuno il vecchio “poker all’italiana”. In realtà, lo Short Deck si avvicina molto di più al Pot Limit Omaha, come ha osservato il pro americano Daniel Cates, vincitore nel 2019 dell’evento NLH/Short Deck Mix alle Triton Poker Super High Roller Series di Budva.
“È una versione semplificata di poker, molto più simile al PLO che al NLH. Ricorda il PLO non per il modo in cui si gioca, ma perché le percentuali delle mani sono sempre molto vicine. È un gioco dove si corre qualche rischio in più, esattamente come accade nel PLO, ma con più all-in perché si gioca No-Limit. Chiaramente con 36 carte cambiano anche le percentuali: AA vs JJ preflop è circa un 70%-30%, mentre J10s vs AK è un 50-50″. (fonte Assopoker.com)
In effetti qualcuno sostiene che andrebbe giocato Pot Limit, anche se al momento in tutto il mondo lo Short Deck si pratica No Limit, 6-handed e per lo più senza i bui tradizionali. Il giocatore in posizione di bottone posta il big blind (il cosiddetto Button Blind), che è pari al doppio dell’ante che gli altri devono pagare.
Lo Short Deck si gioca già da diversi anni, soprattutto in Asia dove è molto diffuso. La popolarità a livello mondiale è arrivata però tra il 2017 e il 2018, soprattutto grazie alle già citate Triton Poker Super High Roller Series.
Nell’edizione 2018 disputata a Buda, in Montenegro, si è imposto Phil Ivey che da allora non ha più smesso di cimentarsi in questa specialità. Ad oggi, No Home Jerome ha già vinto 5 eventi di Short Deck, oltre a numerosi piazzamenti nei final table dei più prestigiosi tour mondiali (WSOP/WSOPE, Triton, partypoker LIVE e Merit Poker).
Se Phil Ivey è al momento il n.1 dello Short Deck, Tom Dwan (un titolo vinto) lo tallona da vicinissimo. I due si sono trovati più di una volta insieme al tavolo finale: finora il punteggio è 2-1 a favore di Ivey in termini di piazzamenti FT, ma “Durrrr” sta solo aspettando la prossima occasione.
Oltre a questi due big, ci sono svariati altri professionisti che nutrono una grande passione per lo Short Deck, molti dei quali sono specialisti di eventi High Roller. Ad esempio Justin Bonomo, Daniel Dvoress e Michael Addamo. In “casa Italia” abbiamo Dario Sammartino che nel 2019 si è aggiudicato il torneo di Short Deck all’EPT di Montecarlo.
La ragione di questo successo è probabilmente legata al fatto che si tratta di un gioco molto più dinamico e carico di adrenalina del Texas Hold’em, dove spesso bisogna aspettare un bel po’ di tempo prima di trovare una mano buona per fare azione. Lo ha confermato in un’intervista di qualche tempo fa lo stesso Sammartino che ha anche offerto qualche suggerimento per i neofiti.
“E’ molto dinamico, ci sono molte meno fasi di attesa” ha dichiarato MadGenius87. “E poi è una boccata d’aria nuova per il poker in generale. A chi si avvicina allo short deck direi prima di tutto di essere preparati agli swing, alla varianza che può essere alta soprattutto se si applicano le categorie del TH classico. Il valore delle mani cambia con il mazzo a 36 carte. Una volta però che si capiscono le differenze, la varianza è molto più gestibile ed emerge l’abilità. Poi consiglio di ragionare in termini di limping strategy, che nel NL Hold’em classico non si applica e che invece nel 6+ mi sembra al momento la strategia preflop più efficace“.
Immagine di testa: Dario Sammartino (credits PokerNews)