Che cosa hanno in comune poker e backgammon? Poco, se si considerano le meccaniche e più in generale il gameplay.
Da un lato abbiamo un gioco di carte ad informazione parziale che implica elementi matematici, gestionali, di previsione dell’azione e di psicologia.
Il backgammon, invece, è un gioco a informazione completa che si fa con dadi e pedine su di un apposito tavoliere (board). Nel backgammon l’elemento matematico e quello strategico sono più consistenti e articolati rispetto al poker, mentre la gestione della gara – che qui riguarda il punteggio mentre nei tornei di poker equivale al “management” dello stack – perde un po’ di rilevanza. La distanza diventa ancora più evidente se si parla di lettura psicologica dell’avversario, perché nel backgammon questa è pressoché inesistente.
Infine c’è il fattore aleatorio, la fortuna. In entrambi i giochi gli swings, cioè l’alternarsi di momenti favorevoli e sfavorevoli, possono essere pesanti. Quelli del backgammon sono tuttavia più frequenti perché ogni tiro di dado deve essere accettato, anche quando è del tutto negativo. Non è un caso se gli antichi romani, tra i vari nomi usati, lo chiamavano anche alea (fortuna). Nel poker, invece, il giocatore può decidere di non entrare in gioco foldando la propria mano. E questo fa una grande differenza.
Eppure, nonostante le diversità, tra poker e backgammon esiste un innegabile fil rouge. E’ un pezzo di storia – non quella delle origini che nel caso del backgammon sono millenarie – che i due giochi condividono.
Tra la metà degli anni ’70 e l’inizio dell’ultima decade del secolo scorso, il backgammon conosce il proprio periodo d’oro negli Stati Uniti. Lo si gioca un po’ ovunque con tornei e “partite libere”, ma è in alcune grandi città che nascono i punti di incontro per chi vuole praticare il backgammon in maniera professionale. Uno di questi è il Mayfair club di New York. Lì si riuniscono campioni del calibro di Paul Magriel, Bill Robertie, Mike Svobodny, Jason Lester, Dan Harrington, Erik Seidel e Howard Lederer. C’è perfino Stu Ungar che fa qualche apparizione.
Eppure, nonostante il backgammon viva in quel periodo una stagione di crescita, tra le fila dei suoi protagonisti inizia ad infiltrarsi un concorrente: il poker “alla texana”. Il merito va soprattutto al successo che le World Series Of Poker stanno riscuotendo negli States e il risultato alla fine è inevitabile. Siamo intorno alla metà degli anni ’80 quando tutti quei campioni di backgammon iniziano a spostarsi verso il poker. L’unica eccezione è Robertie che rimane fedele al backgammon come giocatore ma al tempo stesso collabora con Harrington per realizzare la famosa serie di libri sul Texas Hold’em.
La transizione dal backgammon al poker riguarda anche l’Europa. Ci sono tanti inglesi, tedeschi e nordici che scelgono di lasciare i dadi per le carte, soprattutto dopo il boom del poker all’inizio del nuovo secolo. Su tutti svettano due giocatori, entrambi danesi: Gus Hansen e Sander Lylloff. Il primo non ha bisogno di presentazioni (vincitore della prima PCA nel 2004 e di un Aussie Millions, 35 itm e 10+ milioni di dollari incassati). Il secondo, invece, racconta una storia diversa e molto particolare.
Classe 1982, Sander Lylloff è uno dei migliori giocatori di backgammon all’inizio degli anni Duemila. Nel 2005 vince il Super Jackpot del Las Vegas Open Backgammon Tournament battendo in finale un gigante di quel periodo, Matvey “Falafel” Natanzon. Sempre lo stesso anno Lyloff, insieme all’amico Mark Teltscher chiude al secondo posto il torneo di doppio al Pro Am backgammon event di Las Vegas in coppia con l’amico Mark Teltscher (attenzione a questo nome…). Nei due anni successivi si impone nel Main Championship flight del PartoucheGammon Tour’s Riviera Challenge e si aggiudica anche la Nations Cup, torneo per team organizzato sempre nella stessa location.
Nel frattempo, precisamente nel 2001, un amico lo ha tuttavia introdotto al poker. Bastano 5 anni perché l’idea giunga a maturazione. Nel 2006 Lylloff debutta nell’European Poker Tour di Montecarlo e centra subito un 3° posto da 15.200 euro in un side event. Un anno più tardi arriva la consacrazione del Lylloff-poker player.
E’ la Season 4 del tour e il danese si iscrive al Main Event dell’EPT di Barcellona. Il field da 543 giocatori è già mostruoso per quel periodo (non c’era il re-buy) e affollato di big names internazionali: Johnny Chan, Daniel Negreanu, Katja Thater e Greg Raymer per citarne solo alcuni. Tutti i professionisti si fermano però prima del final table. Lylloff no, prosegue e raggiunge addirittura la fase 3-handed.
Gli avversari per il titolo sono l’americano Greg Dyer e, sembra quasi uno scherzo del destino, il suo vecchio amico nonché compagno “di dadi” Mark Teltscher. L’inglese in quel momento è il giocatore di gran lunga più titolato dei tre. Ha già vinto un EPT Main Event due anni prima a Londra. Nel 2006 ha chiuso 11° nel Main Event di Montecarlo e ha poi messo a segno due ITM alle WSOP. Di fatto Teltscher è già un poker pro che potrebbe realizzare un’incredibile doppietta all’European Poker Tour.
Ma il destino vuole creare una nuova stella. Sander Lylloff elimina Greg Dyer con AA vs K♣8♦ e si avvia all’HU contro Teltscher in vantaggio 2:1 in chips. Non passa molto prima che il torneo arrivi all’ultima mano. Lylloff va all-in sulla tribet dell’inglese che chiama. Allo showdown Teltscher è nettamente favorito con K♥K♦ vs J♠10♥ ma il dealer gira un flop che ridà speranza al danese: Q♥J♥7♥. Lylloff non può contare sulla quarta carta di cuori che darebbe al suo avversario il colore più alto, deve quindi sperare in un 10, nella scala runner-runner o nel terzo Jack. Il turn gli regala proprio un J♦. Il river 4♣ suggella la vittoria da €1.170.000 di Sander Lylloff sull’amico Mark Teltscher e proietta il danese tra i big europei del poker.
La via del professionismo è aperta e tutti si aspettano di vederlo in azione nei principali appuntamenti dell’EPT e magari alle WSOP. E invece Sander Lylloff sostanzialmente sparisce dai radar del poker nell’arco di pochi anni. Raggranellerà solo altri 6 in the money per poco più di 75mila euro fino al 2013, anno del suo ultimo risultato ufficiale. Perché?
La spiegazione l’ha data lo stesso Lylloff a PokerNews che nel 2019 lo ha intercettato alla vigilia di un’altra grande competizione. Di backgammon, però.
Il danese ha raccontato come una sfida troppo ai limiti sul “tavoliere” gli sia costata il percorso nel poker professionistico. Il suo avversario? Il connazionale Gus Hansen.
“Poco dopo aver vinto il primo grande torneo di poker a cui ho partecipato, il ME di Barcellona 2007, mi sentivo addosso la tipica esuberanza giovanile e ho deciso di sedermi e giocare la mia prima partita di backgammon high stakes contro Gus” spiega Lylloff. “Lui era però molto migliore e più tosto di quanto mi aspettassi: alla fine mi ha dato una sonora lezione“.
In altre parole, Lylloff subisce la batosta che gli toglie entusiasmo e anche un bel po’ di bankroll.
“E’ stata la sconfitta più grossa di sempre. Ho perso la determinazione per grindare a limiti medi e nel giro di poco tempo ho praticamente rinunciato a giocare a poker. Quella sessione mi ha fatto venir voglia di diventare un giocatore di backgammon migliore e di mettere in moto altre cose nella mia vita. Poco dopo ho avviato un’attività che mi rende felice ancora oggi. Quindi grazie Gus, per il divertimento e la lezione!“
Il gioco dà ma può anche togliere. Questa è la lezione che ci deve ricordare come l’unico modo sano per avvicinarsi al gioco è farlo per divertimento. Solo in seguito è possibile capire che percorso intraprendere. Quello di Lylloff si è trasformato in un lavoro stabile e in una rinata passione per il backgammon, ma con giudizio. Il poker, invece, rimane confinato ai ricordi e alla frequentazione degli amici di quel periodo.
Lo si trova ogni tanto impegnato in partite online di backgammon, anche se Sander Lylloff preferisce il live.
“Penso che entrambi i giochi fossero più romantici ai bei vecchi tempi. I programmi per computer e l’I.A. hanno tolto gran parte del fascino, rendendo molto difficile trovare partite regolari online. Di conseguenza, adesso nella vita mi piace concentrarmi su altre cose“.
In ogni caso, per chi fosse interessato a seguire Sander Lylloff in azione con dadi e pedine, su YouTube si trovano parecchi video. C’è una partita contro Gus Hansen che risale al 2011 e altre in cui si misura con Masayuki “Mochy” Mochizuki, il due volte campione del mondo che negli ultimi anni ha contribuito a rivoluzionare il gioco.
L’evento live al quale ha preso parte nel 2019 era infatti una di queste sfide (Ultimate Backgammon Championship): un confronto tra la vecchia e la nuova scuola ripetuto più volte negli anni successivi, con risultati più favorevoli al gran maestro giapponese.
Immagine credits: 1stpoker.dk