Se un giocatore è al primo posto nella All Time Money List dei tornei live, un pizzico di abilità con le carte deve pur averla. Non può essere solo fortuna.
Stiamo parlando di Bryn Kenney, 34 anni di Long Beach (New York), professionista di poker dal 2008. Se si va a leggere tra le righe dei suoi tanti risultati live (214 in the money ad oggi), si scopre che quelli “pesanti” sono iniziati già nel 2010. Tra questi, ci piace ricordare il secondo posto ottenuto in un side event da €10k di buy-in durante l’EPT di Sanremo 2011 (è uno dei suoi sei itm realizzati in Italia).
Nel suo palmares svetta, per prestigio, il braccialetto WSOP vinto nel 2014 con il torneo $1.500 10-Game Mix. Gli altri numerosi primi posti sono tutti caratterizzati da buy-in molto alti. Kenney, infatti, è uno specialista di eventi high-roller, ai quali partecipano solo professionisti di livello mondiale o i miliardari con la passione per il Texas Hold’em. Possono non piacere perché sono “esclusivi” e con un field molto ridotto, ma l’altissimo livello dei partecipanti e il rischio legato all’investimento li rendono tra i più impegnativi e spettacolari in assoluto. Alla fine, per chi ci arriva, i premi giustificano impegno ed esborso iniziale.
Non sorprende, quindi, che Bryn Kenney detenga il record per la più alta vincita finora realizzata in un evento dal vivo: $20.563.324, incassati con il secondo posto nel £1.050.000 Triton Million for Charity di Londra nel 2019 e in parte devoluti in beneficienza. Una cifra pazzesca per un runner-up, addirittura superiore a quella del primo classificato, il cinese Aaron Shu Nu Zang, grazie a un deal concordato prima dell’heads-up.
La storia personale di Bryn Kenney è simile a quella di tanti altri giocatori. Inizia con un mazzo di carte senza Re, Donne, Jack etc, ma ricco di elementi fantasy: quello di Magic: The Gathering. Ad un certo punto, però, nella sua vita arriva il poker. Ha da poco compiuto i 18 anni quando la love story con le 52 carte ha inizio.
La sua è un’immersione completa nel Texas Hold’em. Gioca tantissimo, e questo finisce per suscitare qualche preoccupazione nei genitori. Sua madre è particolarmente contraria al gambling e lo invita ad abbandonare il gioco. Come ha raccontato lo stesso giocatore in un’intervista rilasciata a Jeff Gross subito dopo il mega risultato delle Triton Series, papà Kenney ha un ruolo decisivo nella mediazione a favore del poker: “Sempre meglio che si dedichi a questo piuttosto che esca fuori a fare qualche altra strxxxxta come bere o assumere droghe“.
Il resto, poi, è merito dei risultati. A 21 anni arriva il primo ($34.446) e da lì in avanti è tutto un crescendo di piazzamenti a premio, di fronte ai quali i genitori comprendono il suo talento per il poker e iniziano a supportarlo. “Quando ho cominciato a portarla (si riferisce a sua madre, ndr) in giro con me a Barcellona, a Montecarlo e via dicendo, ha capito che forse doveva ricredersi.”
Mamma e papà lo sostengono anche nel momento più difficile della sua carriera. Raggiunto un buon traguardo, il giovane Bryn Kenney rovina tutto perdendo il controllo del bankroll ma ancora una volta arriva il supporto emotivo dei genitori, della mamma in primis: “Mia madre ha sempre creduto in me e mi ha dato sempre tanta indipendenza nelle mie scelte, sapendo di potersi fidare del mio mindset.”
Un mindset, cioè un atteggiamento mentale, abbastanza diverso da quello di tanti altri giocatori di poker. Bryn Kenney, infatti, è quasi un autodidatta, dotato però di una grande capacità di apprendere dall’esperienza e rielaborarla senza bisogno di mezzi tecnologici. “Onestamente? Non ho mai riguardato il mio gioco. Ho provato a rivedere qualche replay ma non aveva alcun senso. Quante ore studio al giorno? Anche questa è una domanda che non ha senso. Penso al poker e gioco da quando mi sveglio alla mattina fino a che non vado a dormire, chiedermi quanto studio equivale a chiedermi quanto respiro. Avrò giocato 15 ore al giorno per 7 anni di fila, almeno agli inizi.”
La sua forza sta soprattutto in una enorme determinazione a raggiungere gli obiettivi che si pone. Il primo è stato quello di diventare il numero uno nel poker. “Ho sempre visualizzato quel traguardo cercando di mettere il 100% di me stesso in ogni occasione disponibile. Sapevo che sarei arrivato in cima e ora sarà difficile raggiungermi”. L’ultimo, invece, è una summa del suo vivere il poker e di volerlo consumare fino in fondo. “Voglio lasciare un segno in questa vita.”
Si può non essere d’accordo con questa visione del poker a tratti piuttosto estrema, ma non c’è dubbio che Bryn Kenney abbia lasciato il “suo segno” nella storia del gioco. Per quanto riguarda invece le sue qualità di player, proponiamo una mano che il campione americano ha giocato ai Caraibi, nel corso del PCA Main Event 2015.
L’azione si svolge durante il Day2 del torneo e i bui sono 600/1200 ante 100. Al tavolo ci sono sette giocatori, quando Markus Ross apre il gioco a 2.700 chips da utg con K♠10♥ in mano. Subito alla sinistra del player tedesco c’è proprio Bryn Kenney che “spilla” K♥K♦. Il pro a stelle e strisce decide, stranamente, di fare solo call. La mano prosegue con il call del russo Alexander Klimashin da hijack. In mano ha A♥J♣. Gli altri foldano tutti, perfino Negreanu da BB: avrà avuto 7-2 off?
Le prime tre carte del board sono: 7♣A♦7♦. Ross e Kenney fanno check. Anche Klimashin batte la mano sul tavolo, nonostante abbia top pair: probabilmente vuole intrappolare gli avversari.
Il turn è un 10♠. Adesso l’original raiser esce puntando 5.600 gettoni che Kenney chiama. Stessa scelta per il russo, il cui call manda tre giocatori all’ultima street.
Il river porta il 9♦ che completa un possibile draw di quadri. Ross checka. Bryn Kenney ci pensa una decina di secondi al massimo e poi annuncia l’all-in per 22.700, ottenendo il fold abbastanza rapido di Klimashin che di fatto ha la mano migliore! A quel punto, l’americano mostra la coppia di Kappa e commenta un po’ spocchiosamente: “Questo è bluff di alto livello”.
In un video, disponibile su YouTube, Ross ha poi spiegato il suo thinking process. La parte fondamentale è l’analisi al turn, quanto Kenney capisce che quasi sicuramente i suoi Kappa non hanno showdown value: troppo probabile un Asso nelle carte dei suoi avversari. A quel punto decide di trasformarlo in un bluff, pensando che nessuno stia inseguendo un progetto di colore. Il 9♦ è quindi la carta giusta sulla quale provare il bluff. E il rischio ha pagato!
Nonostante il monster bluff, Bryn Kenney non è andato a premio in quel torneo. Gli altri due, invece, ci sono riusciti: Ross è arrivato 77°, Klimashin 53°. Kenney si era però “consolato in anticipo”, arrivando 3° nel $100k HR dietro a Roger Sippl (2°) e Steve O’Dwyer (1°).
Foto di testa: Bryn Kenney (credits PokerNews)