Il 26 settembre 1983 Australia II, l’imbarcazione del Royal Perth Yacht Club, riesce in un’impresa storica: interrompere il dominio americano nella America’s Cup durato 132 anni.
Quando, al termine della settima e ultima regata, entra nella baia di Newport, Australia II è accompagnata dall’incitazione dei propri tifosi: Aussie, Aussie, Aussie! Oy! Oy! Oy!
22 anni dopo, gli australiani festeggiano un altro risultato importante ottenuto in una competizione storicamente favorevole ai rappresentanti a “stelle e strisce”. La location questa volta è Las Vegas e il contesto è certamente meno prestigioso dell’America’s Cup, ma per i supporters australiani vale ugualmente quel coro.
Nel 2005 si svolge la 36ma edizione delle World Series Of Poker. Sono passati due anni dalla vittoria di Chris Moneymaker, quella che ha fatto conoscere il Texas Hold’em in tutto il mondo, e i numeri delle WSOP sono cresciuti esponenzialmente. L’anno della vittoria dello sconosciuto contabile le entry erano state 839. Nel 2004 Greg Raymer vince su un field da 2.576 entry. Ancora un anno e le iscrizioni raggiungono un nuovo primato: 5.619.
Tra queste c’è anche quella dell’australiano Joe Hachem. A voler essere precisi, Hachem è nato in Libano nel 1966, ma a sei anni si trasferisce in Australia insieme alla famiglia. E lì resta, prende la cittadinanza e si sposta. Lavora come chiropratico fino all’inizio del Duemila quando una malattia alle mani gli impedisce di continuare la professione. Ma non di gestire carte e chips, cosa che gli riesce piuttosto bene e che lo convince a dedicarsi al poker in maniera professionale.
Si fa notare nei tornei australiani, ma quando nel luglio del 2005 esordisce alle World Series Of Poker è un giocatore quasi sconosciuto. Alle spalle ha solo 11 itm, tutti realizzati nel proprio Paese per poco più di 13mila dollari (americani). Ciononostante alle WSOP 2005 debutta bene. Il 4 luglio chiude 10° nel $1.000 NLH per 25.850 dollari di payout. Tre giorni dopo si iscrive al Main Event.
Hachem sopravvive alla lunga selezione, durata 7 giorni, che conduce al final table. In mezzo c’è un colpo fondamentale ai danni di un altro giocatore non-USA: Andy Black. L’irlandese, autore poco prima di una gran giocata ai danni di Phil Ivey, apre a 550 con coppia di Donne e Hachem si difende con A♣6♣. Il flop è clamoroso: Q♣7♣9♣. L’australiano, che ha colore nuts, fa check per intrappolare l’avversario. Black abbocca, ma ha poca responsabilità visto che ha settato le Donne: all-in e snap-call di Hachem che si alza e gira sul tavolo le sue carte, dicendo “Pass the sugar“. Lo zucchero arriva sotto forma di chips quando un 10♦ e un K♦ completano il board.
Hachem si salva. Ma anche Black resiste e infatti i due si ritrovano al final table.
Tra i final 9 di quell’anno c’è un solo giocatore che vanta un braccialetto WSOP: Mike Matusow. “The Mouth” dura però poco, eliminato al 9° posto da Steven Dannenmann che da quel momento centra una run impressionante.
Al 5° posto si ferma invece quella di Andy Black e al 4° esce il chipleader di inizio giornata, lo statunitense Aaron Kanter. A quel punto, il braccialetto più importante delle WSOP diventa un affare tra due americani, Dannenmann (chipleader) e John Barch, e l’australiano Joe Hachem.
Hachem inizia la fase 3-handed con il secondo stack fino a quando arriva una mano che coinvolge tutti. Dannenmann rilancia a 750k e trova il call di Hachem. Barch non ci sta e rilancia all-in il suo short stack. Call degli altri due che hanno rispettivamente coppia di 7 e coppia di J. Il board scorre 10♣3♦2♦Q♥9♣ senza che ci siano altre puntate, fino allo showdown. Barch mostra A-6 ed è eliminato al 3° posto, Hachem con i “ganci” incassa entrambi i pot e passa in testa per 2,5:1.
L’australiano è in controllo e nel giro di poche mani aumenta il proprio vantaggio. L’action decisiva è nell’aria.
Si materializza quando Dannenmann rilancia a 750k con A♦3♣. Hachem sente che è il suo momento e chiama con una starting hand debolissima: 7♣3♠. Ha ragione perché il flop è tutto per lui: 6♥5♦4♦. Dannenmann c-betta 700k, Hachem gli va sopra fino a 1,7 milioni con la scala floppata. Call dell’americano che fa scendere un A♠ al turn: è una carta pessima per lui perché lo illude di essere avanti con top pair. Dannenmann fa check e poi rilancia all-in sulla bet di Hachem. L’australiano snap-calla e mostra il quasi-nuts che lascia a Dannenmann solo un 7 per splittare il piatto.
Il river è invece un 4♣. A quel punto, dagli “spalti” si solleva il coro: “Aussie, Aussie, Aussie! Oy! Oy! Oy!“
Joe Hachem vince così il ME WSOP oltre a 7.500.000 dollari di premio, e diventa il quarto non-statunitense capace di realizzare l’impresa, dopo le vittorie di Mansour Matloubi (1990), Noel Furlong (1999) e Carlos Mortensen (2001).
Quello rimarrà l’unico braccialetto WSOP finora vinto da Joe Hachem. Ci andrà vicino con altri 4 final table in eventi WSOP (compresi un 2° e un 3° posto) e uno targato WSOPE. Ad oggi le vincite del pro australiano ammontano a 12,7 milioni di dollari, a fronte di 104 in the money.
Immagine di testa: Joe Hachem (credits PokerNews)