Il mondo in cui viviamo è sempre più caratterizzato dal ruolo che Internet riveste per la vita delle persone. Immaginare un mondo senza copertura online, oggi, equivale ad avventurarsi in una fantasia distopica. In particolare da un anno a questa parte, da quando cioè la pandemia ha reso il web il mezzo per lavorare, per fare acquisti, per comunicare e socializzare. In una parola, per vivere.
Anche il settore dell’intrattenimento nel 2020 ha visto lo spostamento dal reale al virtuale. Con la maggior parte degli eventi sportivi e degli spettacoli messi in stand-by o comunque realizzati senza pubblico dal vivo a causa del COVID-19, moltissime persone hanno scoperte nuove forme di divertimento. A beneficiarne più di tutti sono stati gli eSports e i videogiochi in generale, che hanno registrato un vero e proprio boom. Ma anche al poker online non è andata male: solo in Italia, nel 2020 si stima quasi un +50% del volume di gioco rispetto al 2019, che già era stato un anno di crescita rispetto al periodo 2016-2018.
Nel 2020 sia i giochi elettronici che il poker online hanno da un lato reclutato un nuovo pubblico, dall’altro, soprattutto il poker, hanno riattivato una parte “dormiente” di giocatori. Ci sono quindi flussi di engagement simili tra questi due mondi e questa non è l’unica somiglianza tra poker e videogiochi competitivi. Ma ci sono anche forti differenze che non possono essere trascurate.
Partiamo dalle analogie. Prima di tutto, sia poker che eSports hanno in comune una storia “live”. Il poker è nato come gioco dal vivo ed è prosperato in questo modo fino all’inizio degli anni Duemila. A quel punto, l’arrivo dell’online – potenziato dal ben noto “effetto Moneymaker” – ha trasformato il gioco in un fenomeno globale, con decine di milioni di persone che si sono subito appassionate al poker americano. Anche i videogame hanno avuto un’incubazione senza Internet, pur essendo per necessità attività virtuali. I primi tornei di videogiochi si sono svolti dal vivo, con sistemi LAN, ed è solo negli ultimi 10 anni che l’online è diventato il mezzo indispensabile per poter partecipare ai più importanti eventi live. Nel rapporto live-online, poker ed eSports condividono quindi la comune crescita attraverso il gioco in rete, ma differiscono per quanto riguarda gli esiti competitivi.
Per partecipare ad un torneo live di poker è necessario (ma sufficiente) pagare un buy-in che può essere più o meno alto. Certo, ci si può anche qualificare attraverso i satelliti online (Moneymaker insegna) e live, i quali a loro volta richiedono comunque un’iscrizione in denaro. In altre parole, l’elemento economico è indissolubilmente legato al poker. Questo non accade negli eSports, dove per accedere ad un torneo è necessario superare una serie di qualifiche o possedere statistiche di gioco abbastanza buone per essere selezionato. L’unica spesa, abbastanza modesta, è quella per il ticket d’ingresso alla manifestazione, tutto il resto dipende dall’abilità. In questo senso vale quello che Luca Pagano, CEO di QLASH, ha detto in un’intervista su Gioconews: “Il meccanismo (degli eSports) è decisamente meritocratico“.
Va da sé, però, che i montepremi dei tornei di poker restano mediamente più alti di quelli degli eSports. Senza considerare che i soldi a poker si possono vincere in molti altri modi: con il cash game, con i sit&go e una varietà di tipologie di torneo che gli eSports ancora non conoscono.
Ne consegue che il percorso professionale all’interno delle due discipline è diverso. L’appassionato di poker può pensare di trasformare il gioco in un lavoro dedicandosi individualmente, migliorando le proprie skills e soprattutto costruendo e gestendo correttamente il proprio bankroll, ovvero la disponibilità di denaro che deve sempre essere proporzionata ai limiti del gioco scelto, che si tratti di torneo o di cash game. Questo non significa che sia un percorso facile, soprattutto oggi che il livello dei giocatori è cresciuto molto, ma è comunque fattibile. Negli eSports, invece, senza il supporto di un team alle spalle è pressoché impensabile parlare di giocare per profitto. Sono pochissimi i player che hanno vinto premi a 5-6 cifre senza far parte di un team. E’ il team che consente di partecipare a tornei con prizepool importanti ed è il team che garantisce ai pro player uno stipendio regolare, più o meno elevato ma comunque necessario affinché gli esporters possano trasformare la passione in un lavoro. Certo, nel mondo degli eSports esistono molte figure professionali come quelle degli influencer e dei caster, ma questo è un altro discorso.
Tuttavia, nonostante questa differenza, poker ed eSports sono accumunati anche quando si parla di approccio professionale perché in entrambi i casi le abilità (skills) giocano un ruolo primario.
Sia il poker che il videogaming competitivo richiedono ai giocatori qualità strategiche (nel caso del poker, questo si applica soprattutto ai tornei), conoscenza delle tecniche di gioco, un minimo di basi matematiche, rapidità di pensiero e capacità di sopportare i momenti dove la fortuna è contraria. Questo potrebbe suonare strano per gli eSports, ma anche quando si tratta di videogiochi la Dea Bendata ha un ruolo. Non sarà a livello della “varianza” che c’è nel poker, ma in tutti gli eSports ci sono elementi che vengono gestiti dall’algoritmo del gioco stesso. Che siano i PNG o i giocatori che non stiamo gestendo in una partita di FIFA, poco importa: è un elemento che sfugge al nostro controllo e questo va accettato.
Una grande differenza, invece, è rappresentata dal “fattore umano” che nel poker è decisivo. Capire l’avversario, cioè leggere le informazioni che spesso involontariamente questo ci fornisce e anticipare le sue mosse, è forse quasi più importante della tecnica con le carte. Oltre ad essere un gioco di soldi, il poker è anche un gioco di persone. Negli eSports questo elemento è assente o quasi. Le dinamiche dei giochi sono troppo veloci, motivo per cui il successo dipende dalla capacità di reagire in tempi rapidi e dall’abilità di applicare al meglio tecniche e strategie consolidate in precedenza. Al massimo è possibile capire se un giocatore si trova in difficoltà e applicare quindi una strategia più aggressiva.
Arrivati a questo punto, dobbiamo porci una domanda: poker ed eSports sono ambiti comunicanti? C’è interscambio fra questi due mondi?
Al momento esiste ancora una certa distanza, legata principalmente al fattore economico già indicato e che, tutto sommato, descrive gli eSports come un ambito ludico dove prevalgono ancora il divertimento e il “riconoscimento sociale” legato a una vittoria. C’è poi anche un margine di distanza anagrafica, nel senso che l’audience degli eSports è più giovane di quella del poker, ma questo è un gap che nel tempo si è ridotto. L’età media dei giocatori si è abbassata, soprattutto di coloro che si cimentano online, e gli strumenti che oggi il poker utilizza per “fare community” sono gli stessi degli eSports: Twitch, social media, streaming.
Proprio per quest’ultimo motivo la possibilità di un maggiore interscambio è concreta, almeno nell’opinione di chi scrive. Di fatto esistono già casi che lo dimostrano, sia di giocatori (Bertrand Grospellier ne è un esempio perfetto) che di team che si destreggiano a metà tra videogiochi e poker. Con questo non si vuole certo dire che il poker sia un eSports, ma è di sicuro uno skill game. Un buon motivo per il quale sempre più appassionati potrebbero condividere le due discipline.
Servono però degli aggiustamenti. Nel caso del poker, è necessario “sdoganarne” l’immagine per rendere questo gioco appetibile a sponsor extra-settore. E’ quello che succede già nel mondo competitivo dei videogiochi e che dipende da una comunicazione studiata a tavolino. E’ davvero così impensabile un torneo di poker dove il montepremi è determinato principalmente dall’investimento degli sponsor, come ad esempio BMW, Red Bull etc, e al quale si accede attraverso qualifiche con buy-in medio-basso?
Sul versante del settore esportivo, invece, molto dipenderà dagli organizzatori. Il primo che realizzerà una grande piattaforma di gaming in grado di comprendere più skill games, ad esempio gli scacchi, il bridge, il poker e i videogiochi di carte e strategici, potrebbe cambiare il settore del gaming in maniera decisiva.
In fondo una “combinata” di Texas Hold’em ed Hearthstone, o di scacchi e Teamfight Tactics non sembra poi così assurda…
Immagine di testa credits Gazzetta.it