Nel film Rounders, Mike McDermott (Matt Demon) è un giovane alla ricerca del proprio futuro, diviso fra due vite parallele.
Da un lato studia giurisprudenza per diventare un avvocato. Dall’altro ama il poker e sogna di guadagnarsi da vivere passando da una pokeroom all’altra degli States. Sogna, cioè, di fare il rounder.
Ma proprio una partita di Texas Hold’em andata male – e soprattutto giocata fuori bankroll – cancella la sua seconda vita. Gli resta la prima, nella quale deve pagarsi la retta universitaria facendo il fattorino.
Eppure il sogno del rounder è solo sopito e basterà il ritorno in scena dell’amico Lester Murphy (Edward Norton) a risvegliarlo. “Verme”, pur con tutti i suoi lati negativi, fa capire a Mike che avere la chance di provarci è un privilegio che non va sprecato.
“Il primo premio alle World Series Of Poker è un milione di dollari. C’è il mio nome sopra? Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo“.
Il senso del film è questo. Ed è anche il voice over che, all’inizio degli anni Duemila, ha accompagnato le speranze di milioni di giocatori in tutto il mondo, incentivati “a provarci” dalla vittoria di Chris Moneymaker nel ME WSOP 2003. Il cosiddetto Moneymaker effect è in fondo la trasposizione nella vita reale del sogno di Rounders.
Il tempo ha però dimostrato che quel sogno può avere risvolti negativi. D’altra parte, per uno che vince ci devono essere altri che perdono. Nei primi anni del boom, troppe persone si sono avvicinate al poker senza la giusta consapevolezza del gioco e delle sue implicazioni sulla vita e spesso le conseguenze sono state pesanti.
Con il passare degli anni, la selezione ha cambiato lo scenario di questo mondo. Il poker oggi è molto diverso da quello “romantico” del primo decennio del XXI secolo: il field si è ridotto, il gioco è più tecnico, l’ambiente è più professionale, ma anche più elitario e freddo.
Tutto questo significa che la figura del rounder appartiene al passato? Probabilmente no. Ma chi oggi vuole diventare un rounder, deve essere ancora più consapevole.
A San Marino, in occasione del Road to PSPC, abbiamo incontrato una persona che corrisponde a questo profilo. Si chiama Jason Oyemhen, ha 30 anni ed è inglese, di Londra.
Durante il torneo ha dimostrato di possedere un predisposizione naturale per il poker. Ha messo in mostra giocate spettacolari. In certi fasi ha chiaramente “bullato” il tavolo al quale era seduto, grazie a un gioco aggressivo ma tecnico, qualche buon bluff e a un pizzico di teatralità che nel live può essere utile. E soprattutto sa rischiare, non prima però di aver ben valutato le conseguenze. Insomma, non è uno che si tuffa.
E ha pure una certa esperienza alle spalle. “Gioco a poker da 12 anni. Ho iniziato per pagarmi una parte degli studi universitari di Investment Banking (Economia Bancaria e Finanziaria) a Londra. Sette anni fa mi sono laureato e oggi lavoro nel settore Finance & Technology“. Esordisce così nell’intervista e poi aggiunge. “MI ha insegnato a giocare un amico, un regular delle pokeroom live di Londra“.
Il gioco per pagarsi la retta universitaria e il pro che gli fa da mentore (il Joey Knish-John Turturro del film) fanno subito pensare a Rounders. A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: che cosa ci fa Jason Oyemhen nella piccola San Marino?
“Un mese fa ero a Las Vegas, per giocare qualche torneo. Ho fatto un itm alle WSOP (nel $500 Housewarming, ndr). Poi ho visto su Thehendonmob.com questo evento e ho deciso di provarlo, visto che in palio c’è il ticket per il PSPC. Dopo San Marino mi sposto a Rozvadov per giocare lo Sharkbay e qualcos’altro“.
Per la cronaca, Jason Oyemhen non ha vinto il ticket per le Bahamas. Ha chiuso al secondo posto il Day1A e poi è stato chipleader nella prima parte del Day2. E’ uscito itm poco dopo la bolla, in un all-in a tre molto spettacolare. “Sapevo che lui (Alessandro Giordano, ndr) aveva AK, e quindi il mio call era tecnicamente giusto. Ripensandoci, però, penso avrei fatto meglio a foldare. Rischiare la chiplead in quel momento è stato un errore“.
Dalle sue parole, appare chiaro che Jason Oyemhen ha un progetto in mente. “Da un anno a questa parte ho deciso di girare il mondo per giocare tornei di poker. Tutti i mesi scelgo una o due location dove andare. USA, Europa, Asia, ovunque. E solo tornei live. L’online non mi piace, perché mi manca la possibilità di leggere le persone. Il cash game, invece, lo voglio giocare solo deep e al momento non ho il bankroll per i limiti che desidero. E poi il torneo è un tipo di poker più manageriale che si adatta bene al mio background“.
La voglia di girare il mondo giocando c’è, ma ecco il punto: gli chiediamo se intende lasciare il lavoro per diventare un vero e proprio rounder. “Per ora non intendo lasciare il lavoro, voglio vedere come va quest’anno con il poker. Ho la fortuna di poter lavorare da remoto, per cui mi sposto con facilità. Così posso fare un periodo di test senza correre il rischio di trovarmi in difficoltà economiche se le cose vanno male“.
E se invece vanno bene? “L’obiettivo minimo è andare itm in tutti gli eventi ai quali parteciperò o di chiudere in profit ogni spedizione. Se alla fine dell’annata queste condizioni saranno rispettate, allora potrei anche pensare di fare il salto e diventare un giocatore full time. E’ un progetto al quale ho sempre pensato ma voglio che ci siano basi solide per farlo“.
La sensazione è che sentiremo ancora parlare di Jason Oyemhen. Un po’ ce lo auguriamo.
Immagine di testa: Jason Oyemhen (credits Euro Rounders/Giochi del Titano)