Nel parterre, al palazzetto di San Juan, Carlos Arroyo, vestito con una camicia leggera a maniche corte e pantaloni lunghi neri, è in festa, come del resto tutto il pubblico presente. Festeggia con il playmaker attuale dei caraibici, José Alvarado, sono gli ultimi secondi della partita contro la Lituania del Preolimpico di qualche giorno fa. Lo abbraccia caldamente, con la felicità che sprizza da ogni poro del proprio corpo. Arroyo quasi piange, è emozionato come se avesse giocato e vinto la battaglia contro i lituani. Porto Rico è qualificata alle Olimpiadi di Parigi 2024. Si qualifica davanti ai propri tifosi, battendo, oltre al modesto Bahrein, anche Italia, Messico e Lituania. 20 anni dopo, i caraibici ritornano alle Olimpiadi, l’ultima apparizione ad Atene 2004. Una vera e propria favola. C’è un comune denominatore tra la squadra che calcò i parquet di Atene 2004 e quella che calcherà i parquet di Parigi 2024: un playmaker di assoluto valore, per qualità, voglia, spirito di appartenenza e carattere. Il primo è Carlos Arroyo, mentre il secondo, quello attuale, si chiama José Alvarado.
Carlos Arroyo ad Atene 2004
In Grecia, vent’anni fa, le squadre che parteciparono alle Olimpiadi furono le seguenti dodici: oltre al paese ospitante (Grecia), si qualificarono Serbia e Montenegro (vincitrice mondiale 2002), Australia e Nuova Zelanda (prime due Oceania Championship 2003), Lituania, Spagna e Italia (prime tre ad Eurobasket 2003), Angola (vincitrice dell’Afrobasket 2003), Cina (vincitrice dell’Asia Championship 2003), Stati Uniti, Argentina e Porto Rico (prime tre dell’Americas Championship 2003). Proprio i caraibici vennero inseriti nel gruppo B ad Atene e chiusero il girone al terzo posto (3 vinte e 2 perse il record), dietro a Grecia e Lituania, davanti a Stati Uniti, Australia e Angola. I portoricani furono poi sconfitti proprio dall’Italbasket (che terminò con uno stupendo argento) ai quarti di finale, per poi chiudere al sesto posto, dietro alla Grecia.
Il capolavoro portoricano però avvenne nel girone di qualificazione: avete infatti letto che gli Stati Uniti si posizionarono appena dietro Porto Rico, questo perché nel match d’esordio si verificò un’impresa. Alla Helliniko Olympic Arena, va in scena Porto Rico-Stati Uniti, sulla carta un match che non dovrebbe avere storia. Team USA, che chiuderà la competizione al terzo posto finale, aveva nel 2004 un roster un po’ rimaneggiato, con poca esperienza e molto giovane, seppur talentuoso – in squadra, figuravano i nomi di Lebron James, Carmelo Anthony e Dwayne Wade, all’epoca rispettivamente 19, 20 e 22 anni. Porto Rico invece poteva contare sul posseduto Carlos Arroyo, leader di una squadra composta da Ortiz (capitano), Casiano, Hatton, Apodaca, Dalmau, Ayuso, Ramos, Hourruitiner, Fajardo, Rivera e Santiago, oltre a coach Julio Toro.
Prima della palla a due, in pochi avrebbero pronosticato il primo tempo che si verificò il 15 agosto 2004. Comincia la partita e i caraibici, schieratisi a zona, iniziano a mettere sabbia negli ingranaggi degli avversari. Dopo un primo periodo in equilibrio (21-20), arriva la svolta in favore di Porto Rico. Il primo tempo termina sul 49-27 (28-7 il secondo fulminante parziale) e tutti rimangono a bocca aperta. I portoricani a quel punto dominano fino alla fine e, nonostante un contro break firmato Team Usa nella terza frazione (16-21), raggiungono la vittoria senza difficoltà. Arroyo, all’epoca giocatore degli Utah Jazz, si inventa una magia dopo l’altra: palleggio, arresto e tiro da centro area, triple, finta di passaggio e lay-up alla Jason “White Chocolate” Williams, assist no look e palle rubate alla Alvarado. Un clinic di pallacanestro che gli permetterà di essere l’eroe di giornata e di chiudere la sfida con 24 punti, 7 assist e un clamoroso 9/16 al tiro, ben coadiuvato dal tiratore mancino Eddie Casiano (18 punti e 4/4 da oltre l’arco in uscita dalla panchina) e dalla guardia Larry Ayuso (15 punti). Il match termina 92-73, l’impresa è servita e gli Usa, guidati da Iverson e Duncan (15 punti a testa), subiscono la disfatta, sparacchiando da oltre l’arco (3/24). Arroyo distrugge gli Stati Uniti mettendo tanta salsa sulla propria prestazione e divertendo il pubblico presente a suon di canestri e assist. Ad 1 minuto e 13 secondi dal termine esce tra gli applausi dei suoi compagni e del suo pubblico, mostrando la scritta sulla maglia che recita “Porto Rico”. Il playmaker caraibico rimarrà nella leggenda, così come quella squadra, capace di battere gli Usa alle Olimpiadi. Poco importa del sesto posto finale, la storia era già stata scritta nel girone di qualificazione.
José Alvarado a Parigi 2024
Alvarado è sicuramente il leader emotivo e tecnico di una Porto Rico che proverà ad essere la sorpresa di Parigi 2024. Il playmaker dei Pelicans ha condotto letteralmente per mano i suoi nel Preolimpico di San Juan, guadagnandosi la nomina di Mvp della competizione e viaggiando a 16 punti, 3.8 rimbalzi, 3 assist e, specialità della casa, 2.3 rubate di media nelle quattro partite disputate. Dal 2 al 7 luglio Alvarado è stato immarcabile, ha aizzato le folle a suon di triple e prestazioni sfavillanti: dopo gli 0 punti a referto nell’esordio agevole contro il Bahrein (ma 3 rimbalzi, 6 assist e 3 rubate), il talentuoso playmaker classe 1998 ha fatto registrare ben 29 punti contro l’Italbasket (10/15 al tiro, 7/10 da tre) e 23 punti contro la Lituania in finale (9/14 al tiro, 4/6 da tre), dando l’impressione di non poter sbagliare nulla. In particolare, José è stato decisivo nei secondi tempi delle partite, quelli in cui Porto Rico è riuscita a piazzare i break, soprattutto contro le due sopracitate Italia e Lituania. Come abbiamo già detto nel precedente articolo, i caraibici hanno spinto sull’acceleratore in ogni partita, aumentando il numero di possessi e “mettendo in conto” alcune palle perse. Il faro, in tutto questo, è stato Alvarado, ben coadiuvato da Tremont Waters, stella assoluta dal punto di vista tecnico in fase offensiva, indiavolato e difficile da fermare una volta che decide di puntare l’avversario in palleggio. José e Tremont proveranno dunque a guidare Porto Rico anche alle Olimpiadi, potendo contare anche su un settore lunghi comunque ben fornito (Romero e Conditt): non sarà semplice, dato il livello del girone C, che comprende anche Stati Uniti, Serbia e Sud Sudan, ma Porto Rico vuole stupire nuovamente. E chissà che Alvarado segua le orme di Arroyo, battendo nel raggruppamento quel Team Usa superato nel 2004. Certo è che questi USA sembrano invincibili.