Americani prima e cinesi poi, si può dire abbiano dominato e stiano dominando la scena Olimpica delle varie specialità dei tuffi. Eppure anche i nostri azzurri hanno avuto momenti di gloria, sia in campo maschile che femminile: dal regno d’Oro di Klaus Dibiasi, fino alla dinastia dei Cagnotto (a cui viceversa, è mancato proprio solo l’Oro). Riviviamo insieme tutti i successi azzurri alle Olimpiadi del trampolino.
Il regno di Klaus Dibiasi
Sicuramente il più forte tuffatore di tutti i tempi dalla piattaforma dei 10 metri. Klaus Dibiasi è l’unico al mondo a riuscire nell’impresa di arrivare per ben tre volte consecutive all’alloro Olimpico nella specialità (sfiorando anche la quarta alla sua prima apparizione dove arrivò “solo” secondo).
Un dominio praticamente incontrastato, cominciato in giovanissima età quando nemmeno maggiorenne si presentò alla sua prima Olimpiade a Tokyo ’64, conquistando l’argento (prima medaglia Olimpica della storia dei tuffi per l’Italia) alle spalle del solo Robert Webster, a onor del vero anche un po’ aiutato dai giudici in virtù del suo palmares. Finì con un solo punto davanti al nostro azzurro.
In Messico quattro anni dopo, è tutta un’altra storia. Dibiasi parte da assoluto favorito, malgrado il pubblico sia tutto con l’idolo di casa Alvaro Gaxiola. Nemmeno la voglia dei giudici di accontentare i tifosi però, può nulla contro lo strapotere di Dibiasi che si presenta in forma splendida. Prima vincendo una medaglia d’argento totalmente a sorpresa nel trampolino da 3 metri (che non era certo la sua specialità), poi dominando la gara dalla piattaforma da 10 metri vincendo l’Oro con un vantaggio di quasi 10 punti proprio sul messicano. È la prima medaglia del metallo più prezioso alle Olimpiadi per un atleta italiano dei tuffi. Ma per fortuna, non sarà l’ultima.
Il regno di Dibiasi infatti è solo all’inizio e si conferma anche a Monaco di Baviera nel ’72. Anzi, se possibile in questa edizione i rivali sembrano ancora più distanti dalla sua classe che gli permetteva quei tutti quasi sempre senza schizzo alcuno al momento dell’entrata in acqua. La medaglia d’Oro è una conferma storica per l’azzurro, che trova tra i suoi rivali più pericolosi proprio l’amico e compagno di squadra Giorgio Cagnotto, autore di una prova superba anche dalla piattaforma tanto da completare con il terzo posto un podio fortemente tinto di tricolore.
Ma la vera impresa Dibiasi la compie probabilmente nel 1976 a Montreal. Perchè alle soglie dei trent’anni, l’altoatesino era arrivato allo stremo delle forze per il suo possente fisico, logorato e acciaccato come non mai. La sua classe e il suo talento sono immutati, ma ci sono forti dubbi che proprio la sua muscolatura possa reggere quella che sarà l’ultima sua gara olimpica. E le premesse sono terribili, con una prova dal trampolino dei 3 metri decisamente sotto le aspettative (ottavo alla fine).
Ma c’è di più, mentre Dibiasi è ormai arrivato alla sua parabola discendente, il mondo dei tuffi sta vivendo invece l’ascesa di una nuova stella di prima grandezza: il sedicenne Greg Louganis. L’americano sembra idealmente dover prendere il testimone dall’italiano sul tetto del mondo, ma c’è ancora una gara da disputare, quella della piattaforma da 10 metri Olimpica. E qua viene fuori davvero il meglio del grande campione. Klaus piazza un tuffo perfetto dietro l’altro, senza sbagliare mai nulla e concludendo con il terzo Oro consecutivo e con il punteggio record di 600 punti.
Un chiusura perfetta per entrare nella storia dalla porta principale, quella dei grandi campioni senza tempo che hanno cambiato il paradigma del loro sport.
Giorgio Cagnotto: all’ombra della storia
Diciamolo, non ci fosse stato Klaus Dibiasi, le imprese del suo amico e compagno di squadra Giorgio Cagnotto sarebbero comunque entrate nella storia dei tuffi italiani. Quattro medaglie olimpiche, una mondiale e cinque agli Europei (di cui una d’Oro), sono un palmares di tutto rispetto.
Ma come detto, diventa difficile brillare quando hai una stella gigante come Dibiasi che illumina il firmamento della specialità. Per di più se la storia ti mette di fronte anche a una certa dose di sfortuna, che in almeno un paio di occasioni ha fatto la differenza tra una medaglia importante e una storica. Quella che manca all’Italia dal trampolino da 3 metri, a cui solo Cagnotto è riuscito ad avvicinarsi in almeno un paio di occasioni.
Nel 1972 a Monaco fu purtroppo la cronaca (nera) a farla da padrona, ma sportivamente parlando per Cagnotto fu un’Olimpiade dalle grandi soddisfazioni. Il bronzo dalla piattaforma (vinta da Dibiasi) e l’argento dal trampolino 3 mt. Un secondo posto però che lascia un po’ di amaro in bocca, perchè arrivato con soli tre punti di margine e perchè dietro a un russo, Vladimir Vasin, finito per essere pura meteora di passaggio sul destino di Giorgio.
Poco male, ci si riprova quattro anni dopo a Montreal. Questa volta però, il rivale si dimostra ancora più tosto da battere. L’americano Phil Boggs è decisamente più forte in quel momento, tanto da prendere il largo con oltre 40 punti di distacco in finale. È ancora una medaglia d’argento.
Nella sua ultima apparizione olimpica nel 1980, Cagnotto non è certo tra i favoriti e dopo i preliminari anche la medaglia sembra decisamente difficile (chiude sesto). E invece in finale compie un mezzo miracolo conquistando un terzo posto incredibile, alle spalle di Portnov e Gutierrez che sembrano francamente di un altro livello.
Una carriera fantastica quella di Giorgio, con due soli nei: l’aver vissuto nel periodo del più grande tuffatore di tutti i tempi, e non essere mai riuscito a centrare l’Oro Olimpico.
Di padre in figlia
Una “maledizione” quella per l’Oro Olimpico, che i Cagnotto si portano dietro a livello familiare. Dopo l’epopea di Giorgio infatti, arriva quella della figlia Tania.
Anche qua i dubbi sono pochi: Tania Cagnotto è certamente la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi. Una vera e propria apri pista in campo femminile per la specialità, che prima di lei non aveva mai vissuto momenti così importanti a livello mondiale e non era mai riuscita a conquistare alcuna medaglia Olimpica.
Una medaglia però, che anche Tania ci ha fatto sudare parecchio. Colpa del destino, della sfortuna, ma anche e soprattutto di uno strapotere cinese che proprio negli anni di massimo splendore dell’atleta azzurra, portava ad avere al massimo un gradino del podio libero.
Tania comincia molto giovane, centrando praticamente tutti i successi possibili in campo giovanile (mondiali ed Europei). Il suo impatto con l’Olimpiade però non è dei migliori. Nel 2000 arriva 18ª fermandosi in semifinale, quattro anni dopo ad Atene è invece 8ª (prime due cinesi manco a dirlo), mentre a Pechino continua la sua crescita di posizioni centrando un 5° posto e il suo personale di punti in un singolo tuffo.
Si arriva così a Londra 2012, con la Cagnotto pronta a giocarsi il tutto per tutto. Le rivali cinesi sembrano fuori portata, ma il terzo posto è lì pronto per lei. E infatti dopo i preliminari Tania è proprio alle spalle delle due cinesi, inarrivabili. O almeno così sembra, perché in semifinale arriva addirittura il sorpasso: la He Zi sbaglia qualche passaggio e Tania ne approfitta presentandosi in finale con il secondo punteggio assoluto.
Poi accade l’impensabile. Wu Minxia non ha rivali e si aggiudica presto l’Oro, seguita proprio dalla Zi che si riprende l’argento. Il dramma sportivo per Tania arriva però dalla messicana Laura Sanchez Soto, che la supera di soli venti centesimi di punto scippandogli ancora una volta la medaglia di bronzo tanto attesa. È una vera e propria maledizione per Tania, che si conferma pure nel sincronizzato, con un altro quarto posto. Un colpo durissimo che la vede piangere a dirotto dopo la gara, meditando forse anche su un addio definitivo ai tuffi.
Eppure si sa, non è finita finchè non è finita. E la Cagnotto ci ripensa, si rimette sotto e si presenta ai giochi di Rio del 2016 consapevole di essere all’ultima spiaggia. In semifinale dal trampolino sembra lontana dal podio, chiudendo appena settima e con tante ottime atlete davanti a lei. In finale però, cinesi a parte come sempre, Tania si ritrova e lotta con le altre, in primis Jennifer Abel (avversaria di mille battaglie).
Il vantaggio della canadese all’ultimo tuffo è notevole, e tocca prima all’azzurra. La Cagnotto è praticamente perfetta: 81 punti per lei. Ora tutto il peso è sulla Abel, che invece commette qualche errore finendo con un 69 appena. Un attimo per fare i conti, prima dell’esplosione di gioia. È arrivata, finalmente. Quella medaglia di bronzo tanto attesa, proprio all’ultimo assalto.
Per la cronaca, il ghiaccio era già stato rotto qualche giorno prima, quando una rivincita era arrivata anche dai tuffi sincronizzati con il duo Cagnotto/Dallapè che si era preso addirittura l’argento Olimpico (alle spalle indovinate di chi? Sì ovvio, delle cinesi).
Insomma un finale di carriera perfetto, esaltante, storico. Senza Oro, ma con tanta gioia. Perché dopo che si è fatto il massimo, non c’è altro di cui rimproverarsi.