Vi sono alcune discipline dei Giochi Olimpici che saltano all’occhio più delle altre per via del fascino che esse originano, basti pensare ai 100 metri piani che è considerata la regina dell’Atletica Leggera, che, già di per sé, a sua volta, è considerata la regina delle Olimpiadi.
Un’altra gara affascinante che ha origini, storia, episodi e genesi differenti, è invece la maratona, probabilmente la prova di forza mentale e fisica, unita alla resistenza e alla strategia, più vecchia della storia dei Giochi.
Il fascino della maratona
Gli episodi che fanno capo alla storia della maratona e, in particolare, alla storia della maratona alle Olimpiadi, sono innumerevoli.
Ne abbiamo parlato in più di un’occasione, quando, ad esempio, vi abbiamo dato conto della drammatica prima maratona riservata alle donne ai Giochi di Los Angeles, oppure quando ci siamo occupati delle vittorie azzurre in questa disciplina così faticosa.
In questo articolo vogliamo invece soffermarci su uno degli episodi più curiosi e divertenti della storia delle Olimpiadi.
Torniamo indietro di più di un secolo fa, quando, nel 1904, all’interno di uno stadio considerato allora come un gioiello di architettura al servizio dello sport, il Francis Olympic Field di St. Louis, 32 uomini vistiti di bianco con una fastidiosa ma evidentemente elegante, per quei tempi, cintura di cuoio, si presentarono ai nastri di partenza della maratona più incredibile della storia.
La maratona ai giochi olimpici di St. Louis
A dare il via alla gara, con un colpo secco di pistola, fu la persona alla quale quello stadio fu intitolato, Sir David R. Francis, già governatore del Missouri e uomo di statura straordinaria al quale St. Louis deve l’organizzazione dei Giochi di quell’anno.
La gara parte alle 15:00, un orario che oggi sarebbe improponibile per tutti i passi in avanti in termini di progresso, protezione degli atleti e regolamento internazionale.
Diciamo subito che durante i primi giri della pista olimpionica dello stadio, furono tantissimi i cambi al comando della gara, anche se, dei 32 partenti, riuscirono a completare quella corsa solo 14 effettivi.
Erano i tempi in cui omofobia e razzismo dilagavano e molti episodi di quella Olimpiade fecero da cartina di tornasole ad un modo di pensare già allora becero, ma esse non furono le uniche situazioni da annotare, non prettamente legate al solo e mero sport.
Tra passaggi e pisolini alla maratona di St. Louis
Dei 14 che arrivarono al traguardo, uno si fermò a metà strada a farsi un piccolo riposino, un altro, Thomas Hicks, prese un esplosivo cocktail di uova crude frullate, con brandy e stricnina e un altro ancora si fece accompagnare da un’automobile per coprire parte della distanza che lo separava dal traguardo.
Vi risparmiamo la cronaca della gara, ma vi basti sapere che al traguardo non arrivò nessuno dei vincitori delle maratone di Boston corse negli anni precedenti, per cui nessuno dei favoriti.
All’uscita dallo stadio gli atleti percorsero le vie di St. Louis preceduti da una schiera di cavalieri che avevano il compito di dare un’ultima “allisciata” alle strade di terra che dovevano percorrere i maratoneti ( ricordate che siamo all’inizio del secolo scorso ) e seguiti da un altrettanto numeroso plotoncino di medici, giudici, giornalisti e team di supporto.
La storia del postino Carvajal
Felix Carvajal diventò il protagonista principale di quella maratona, seppur, suo malgrado, senza gli onori della vittoria.
Il cubano, di professione postino, si presentò alla maratona di St. Louis dopo un viaggio lunghissimo che lo vide partire dalla sua nazione, attraversò buona parte degli Stati Uniti con i mezzi più disparati, ma l’ultimo tratto del suo percorso fu il più difficile, perché durante una sosta notturna a New Orleans, sperperò tutto quello che aveva risparmiato in madre patria per fare il suo viaggio e si dovette scordare mezzi di trasporto più comodi.
Decise di proseguire in autostop e arrivò a poche ore dalla partenza, alla quale si presentò con un baffo improponibile e lunghissimo, un cappello di buona fattura, un paio di scarpe pesantissime, una camicia di flanella mista velluto e un paio di pantaloni di lana, pesanti come il ferro.
In piena estate.
Alle 15:00.
Preso da animo gentile, qualcuno del pubblico gli fece la cortesia di tagliargli i pantaloni sopra il ginocchio, ma non è che la situazione migliorò tantissimo, soprattutto a livello di sudorazione…
La loquacità di Carvajal alla maratona di St. louis
Il cubano, nonostante tutti questi handicap, era uno dei favoriti per la vittoria finale, era un uomo prestante, ma aveva, tra gli altri, un piccolo difetto: era un chiacchierone.
Si fermava spesso a parlare con il pubblico, ai bordi delle strade, scherzava, si faceva offrire un bicchiere di acqua, una frutta, un piccolo spuntino.
Carvajal si fermò spesso appena trovava qualcosa da mangiare e così capitò all’interno di un frutteto dove colse delle mele dal terreno e la sua smania di rifocillarsi era talmente elevata, che non si accorse che le mele erano completamente marce.
Poco dopo il cubano si sdraiò preda di crampi e fece una lunga dormita sotto un albero.
La mezza furbata di Lorz
Fred Lorz, altro partecipante alla maratona, intorno a metà gara decise di fermare la macchina dei suoi allenatori, con l’intenzione di ritirarsi, ma lo fece in una tratto del percorso non coperto dai giudici e provò la carta a sorpresa, reimmettendosi nel percorso, risparmiandosi, in questo modo, circa metà maratona.
Entrato allo stadio e acclamato dai tifosi, arrivò al traguardo con le braccia al cielo, ma fu sbugiardato da uno spettatore che lo vide prendere la macchina.
In poco tempo gli fu comminata la squalifica immediata e, nonostante provò a spiegare che la sua voleva essere solo una trovata goliardica, la squalifica diventò pochi giorni dopo, “a vita”.
Mentre Lorz spiegava a tutti il suo misfatto, nello stadio entrava lui, l’uomo della stricnina, Hicks, accompagnato dal boato della folla, questa volta vero e, la cosa più incredibile è che, vista l’incredibile penuria di acqua durante il percorso, dovuta al fatto che tra gli organizzatori vi era un personaggio che voleva dimostrare quanto l’uomo potesse resistere alla disidratazione e lasciò un solo punto ristoro a metà gara, Hicks si fece dare un altro bicchierino di brandy che, con tutta evidenza, lo aiutò a vincere.
E il nostro amico cubano? Ripresosi dal sonnellino ristoratore, chiuse quarto.