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Tra le Olimpiadi che più hanno segnato la storia dello sport del secolo scorso, quelle del 1952 che si disputarono a Helsinki, vengono ricordate per tutta una serie di fatti particolari e bizzarri che proveremo a riassumervi in questo pezzo.

Tra problemi di carattere organizzativo, abitativo e prettamente architettonico, quell’edizione viene ancora oggi ricordata per fatti non perfettamente correlati alle gare sportive.

Vediamo di elencare quelli più curiosi e interessanti.

L’esempio di Anversa

Il coraggio per presentare la candidatura per l’organizzazione dei Giochi Olimpici di Helsinki, arrivò da lontano, addirittura dal 1920, quando in una città del Belgio, Anversa, furono organizzate delle Olimpiadi riuscitissime.

In Finlandia, dunque, cominciarono a pensare che se un Paese come il Belgio riuscì a organizzare una macchina quasi perfetta, perché mai una nazione così evoluta come quella nordica, non avrebbe potuto fare altrettanto?

Un primo tentativo fu fatto nel 1940, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu purtroppo decisivo per l’annullamento dei Giochi di Helsinki, peraltro già assegnati.

I lavori erano però già a buon punto e subito dopo la fine delle ostilità, l’idea di riproporre Helsinki come la città dei Giochi, riprese corpo, tanto che il primo gennaio del 1952, a Helsinki si aprì ufficialmente l’anno olimpico.

Il Villaggio Olimpico permanente

Lahti, Tampere, Turku e Hämeenlinna furono le città scelte per fare compagnia a Helsinki, una dinamica che denotò fin da subito l’impegno di una nazione intera, non solo della sua capitale.

La spesa più grande da affrontare per quei Giochi, fu quella riguardante la costruzione degli alloggi per gli atleti e in questo la Finlandia fu geniale.

Il villaggio olimpico per come si intende nei tempi moderni, segnatamente per le Olimpiadi degli ultimi 40 anni, non fu ideato con lo scopo di essere smantellato al termine delle competizioni, ma fu circoscritta un’area che prese forma successivamente come quartiere residenziale e ogni alloggio trasformato in appartamento.

Così fu anche per gli atleti finlandesi che trovarono posto presso la Scuola Cadetti in una base militare di una città equidistante dai centri dove si svolgevano le gare, Meilahti.

I turisti ospitati in case condivise

Il problema principale era però quello dell’accoglienza dei tifosi/turisti, che avrebbero assistito alle gare.

Si calcolò che a fronte di una ricezione diretta formata dagli alberghi che poteva soddisfare un massimo di 3.000 persone, in Finlandia sarebbero arrivate 70.000 persone circa.

Come far fronte ad una così massiccia invasione di persone da tutto il mondo?

Un popolo ospitale come quello finnico, fu dunque esortato a dare una mano alle teste pensanti della macchina organizzativa che mirò a rendere parte integrante i propri connazionali che decisero di fare delle proprie case, dei centri condivisi atti ad ospitare le persone arrivate per godersi le gare olimpiche.

Gli alberghi furono dunque destinati ad un pubblico più, per così dire “nobile“: delegazioni internazionali, politici, responsabili degli atleti e via dicendo.

Tutto il grosso del cosiddetto turismo olimpico fu delegato, per chi se la sentiva, alla condivisione delle proprie case private, nonché all’istituzione di parchi pubblici, aree di campeggio e, addirittura, alloggi militari.

Non si sa se fosse proprio questo il motivo, ma l’invasione così tanto attesa e per certi temuta, non avvenne, per cui i problemi si ridussero al minimo.

Inoltre la costruzione permanente degli alloggi per gli atleti e tutte le case che videro la luce prima dell’inizio dei giochi, servirono per risolvere il problema dei senzatetto che, all’epoca, era tutt’altro che trascurabile, per una nazione che usciva dalla seconda guerra mondiale ed era tagliata fuori dalla ripresa del centro Europa.

Questo genio di carattere architettonico e abitativo, fece invece da spinta propulsiva per una nazione che nel giro di qualche decennio, divenne una sorta di esempio da seguire per tutto il resto dei paesi europei, non solo quelli scandinavi.