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La meravigliosa storia delle Olimpiadi, tale non sarebbe se non fosse costellata da tutta una serie di episodi che sono rimasti nella mente degli appassionati sportivi e che sono incastonate tra le mura delle città in cui, di volta in volta, hanno preso vita.

Ne abbiamo parlato in sede di presentazione della prima maratona riservata alle donne a Los Angeles nel 1984, oppure per quella di Stoccolma del 1912 dove Jim Thorpe a cui vennero scippate due medaglie, poi restituite, oppure ancora quella di Bobby Pearce che si fermò per salvare una famiglia di anatre durante la sua prova di canottaggio.

La favola di Eric Moussambani

Cosa ci fa un’anguilla alle Olimpiadi di Sidney? Niente paura, in Australia non sono un cibo prelibato e il Mar dei Sargassi, dive esse si riproducono, è molto lontano dal Continente dei canguri.

Eppure un’anguilla di nome Eric, fece parlare di sé a inizio nuovo millennio.

Ci riferiamo a Eric Moussambani, classe 1978, di professione nuotatore, originario di Malabo, la capitale della Guinea Equatoriale, uno degli stati più affascinanti e selvaggi dell’Africa Centrale.

Quando si vuole fare riferimento allo spirito olimpico, quello originale, esente dalle storie degli atleti professionisti, allora, nel bel mezzo di una cena estiva a casa di amici, potrete fare bella figura e citare l’anguilla.

Eric Moussambani riuscì ad arrivare fino a Sidney pur senza soddisfare i parametri di qualificazione per partecipare alle gare. Ciò fu dovuto a un particolare cavillo del regolamento olimpico che prevede l’utilizzo di una sorta di wild card che permette ad alcuni atleti delle zone più arretrate del mondo di presentare i propri rappresentanti, pur non avendo strutture pienamente in grado di farli allenare e allargare così l’interesse dei Giochi alle zone meno ricche.

Tre ore a settimana

Eric si appassionò al nuoto poco prima di cominciare il suo percorso da adolescente, quando iniziò il liceo e, a pochi passi dalla struttura dove studiava, passava quotidianamente davanti ad un hotel dotato di piscina.

Detto delle splendide coste del suo Paese di origine, da bambino Moussambani passava il suo tempo a nuotare appena aveva del tempo a disposizione, ma la curiosità per quella piscina si faceva giorno dopo giorno sempre più pressante.

Nessuno gli aveva mai detto che il nuoto potesse essere competitivo, potesse essere uno sport attraverso il quale c’era gente che ne poteva fare una professione, ma, una volta ottenuta l’autorizzazione a usufruire della piscina dell’hotel, lunga peraltro solo 13 metri, durante le tre ore settimanali durante le quali vi poteva accedere, non sprecava nemmeno un minuto e si allenava come un ossesso.

Il sogno olimpico

Segnalato dalle deboli organizzazioni del proprio Paese al Comitato Olimpico Internazionale, a Moussambani fu concessa una wild card e, per la prima volta nella sua vita, prese un aereo, uscì dalla propria nazione e viaggiò fino a Sidney, prendendo 4 aerei e toccando tre scali in oltre due giorni di viaggio, per una sorta di odissea che non avrebbe più dimenticato.

Gli occhi dell’atleta africano si illuminarono, quindi, quando, per la prima volta nella sua vita vide una piscina olimpionica da 50 metri, quella del prestigioso Sydney International Aquatic Centre, la quale, a differenza di quella dell’albergo nella quale si era allenato, assomigliava ad un campo da calcio, ad una specie di montagna da scalare a mani nude.

Se non bastasse questo tipo di difficile sogno ad occhi aperti, una volta arrivato a Sidney scoprì che avrebbe dovuto partecipare ad una distanza superiore rispetto a quella per la quale si era allenato.

A casa sua, infatti, a Moussambani era stato comunicato che la sua specialità sarebbe stata i 50 metri, il massimo a cui si può aspirare quando ti puoi allenare in un catino di 13 metri, ma pochi giorni prima di entrare in vasca per la sua qualificazione, gli fu detto che per un disguido di comunicazione, avrebbe dovuto partecipare alla distanza doppia, i 100 metri.

I giorni precedenti

Fu così che, visto il brevissimo tempo a disposizione, Moussambani decise di fare una full immersion, è proprio il caso di dirlo, insieme ai mostri sacri americani che lo accolsero come un fratello, sempre pronti a dargli dei consigli atti a migliorare la sua tecnica basilare e a fare gruppo con un ragazzo completamente spaesato in mezzo ad un mondo nuovo.

Ma era tutto difficile. A Moussambani mancava anche lo slip da nuoto, era sprovvisto di asciugamano e accappatoio, non aveva gli occhialini, nulla.

Un allenatore sudafricano si rese conto di questi piccoli-grossi problemi di carattere logistico e lo aiutò, racimolando tutto l’occorrente e lo prese insieme alla sua nazionale, anche in questo caso per dargli qualche consiglio per affrontare la sua gara.

Il giorno della gara rimase impresso per sempre nella mente del nuotatore equatoguineano: 19 settembre 2000.

Fu opposto a due suoi avversari, anche loro non proprio dei fulmini, un nigeriano e rappresentante del Tagikistan, entrambi addirittura squalificati per falsa partenza.

Il tifo per Moussambani

La gara fu per Moussambani una sorta di inferno solitario che sfociò in paradiso per i quasi 20.000 tifosi dell’Aquatic Centre.

I primi 50 metri Eric l’anguilla tenne un ritmo discreto per i suoi standard, ma alla virata dei primi 50 metri qualcosa cominciò a non andare più come alla partenza.

Le gambe non rispondevano più durante i secondi 50 metri, ma la sua forza di volontà era superiore a tutto e tutto il palazzetto cominciò a fare il tifo per lui in una sorta di rito magico che diventò uno dei momenti più significativi della storia dei giochi olimpici.

Alla fine di una prova massacrante, Eric chiuse con il tempo di 1:52:72, un crono che rimane ancora oggi il tempo più lento di una gara olimpica di 100 metri.

Fu un meraviglioso episodio di dignità, forza d’animo e fratellanza sportiva, che ebbe perfino un seguito, visto che Eric Moussambani continuò ad allenarsi e, inseguito, riuscì a dimezzare il suo tempo scendendo sotto il minuto ad una gara ufficiale.

Pur riprovandoci non riuscì a partecipare alle successive Olimpiadi di Atene, ma il suo nome rimarrà per sempre nel libro dorato dei Giochi.